Le luci illuminano nella notte le città come scie incandescenti che attraversano e connettono il tessuto urbano. Come le arterie nel corpo umano. Si distinguono nell’intricata rete viaria alcune concentrazioni maggiori di luce, che risultano spesso essere le aree metropolitane più famose e di maggior interesse. È singolare come questa ambivalenza sia vera sin dall’antichità. In latino l’aggettivo “clarus”, infatti, veniva usato in riferimento a qualcosa di fisicamente luminoso, ma anche con l’accezione di “illustre”. Si pone attenzione, quindi, a ciò che è rischiarato, piazze e monumenti che nell’immaginario collettivo costituiscono la città. Ma che cosa sappiamo delle zone in ombra? Dei siti inaccessibili? Open House li illumina ogni anno per un fine settimana alla scoperta dei luoghi speciali e sconosciuti di Roma. Un’occasione unica per visitare residenze, palazzi, istituzioni, zone archeologiche o studi creativi abitualmente chiusi al pubblico, ma che rappresentano realtà culturali e artistiche da mettere in luce e scoprire per capire come è in continua evoluzione la città e la comunità. L’architettura, infatti, non fa altro che disegnare i luoghi di vita collettiva e di interazione fra le persone, e proprio per questo motivo, in questa settima edizione di Open House, si è voluto evidenziare il valore del fattore umano come elemento centrale che sottende alla progettazione, alla realizzazione e alla cura delle architetture selezionate.
GIULIA BERARDI
Scritto da Alberto Asquini