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gio 07.01 2016

Artline, gli otto vincitori

Dove

Artline (Citylife)
Piazzale Giulio Cesare, Milano

Quando

giovedì 07 gennaio 2016

Quanto

free

Nel turbine di rinnovamento che ha coinvolto la città di Milano rimane in primo piano l’arte e nello specifico, l’arte contemporanea. Con le luci del nuovo anno sono stati proclamati gli otto attualissimi artisti under40, vincitori del concorso indetto per accompagnare le residenze e i grattacieli CityLife e il parco di quartiere, progettato dallo studio Gustafson Porter.
30 artisti, invitati, italiani e stranieri, hanno esposto i loro progetti a Palazzo Reale (fino al 10 gennaio) e sono stati valutati da una giuria di eccellenze che ha estratto i lavori che entreranno a far parte del panorama di quartiere in modo permanente.

Tra lo stupore generale per un progetto artistico e non solo, che apparentemente rispecchia le necessità del pubblico e di Milano, fanno capolino i nomi di artisti italiani e internazionali che da qualche anno si stanno distinguendo per la crescita e la passione che esplode nei loro lavori.
A pensarci bene i nomi che girano sono davvero sempre gli stessi. Coincidenze?
Come Rossella Biscotti (Molfetta, 1978) che con il suo progetto Come Fare? propone moduli geometrici che nascono in simbiosi con l’ambiente che li accoglierà. In questo caso si ispirano al paesaggio urbano e lo ripropongono in una dimensione più umana, una “città nella città” che si adatta alle necessità di un giardino e della gente.
Riccardo Benassi (Cremona, 1982) si è aggiudicato un posto nel parco grazie alla delicatezza del suo lavoro, Daily Desiderio, unita ad un aspetto più tecnologico e cronologico. Propone una specie di cartellone digitale aggiornato con messaggi in eterno, e racchiuso in forme geometriche minimali.

Riccardo Benassi, "Daily Desiderio", 2015 Immagine progettuale per ArtLine, Elaborazione 3D: Matteo Gerevini, Motion Graphics: Marica Martella, Dario Frettoli, Yaser Ahmady - courtesy l’artista 2015
Riccardo Benassi, “Daily Desiderio”, 2015
Immagine progettuale per ArtLine, Elaborazione 3D: Matteo Gerevini, Motion Graphics: Marica Martella, Dario Frettoli, Yaser Ahmady – courtesy l’artista 2015
Di una delicatezza ancora più ricercata è il lavoro di Linda Fregni Nagler (Stoccolma, 1976), che mette al centro la natura e la omaggia con una serra dedicata alla ricerca botanica e alla memoria di piante estinte, ricordando che l’arte sa essere elegante e pungente.

Linda Fregni Nagler, "Orphys", 2015. Foto Alberto Fanelli
Linda Fregni Nagler, “Orphys”, 2015. Foto Alberto Fanelli

Shilpa Gutpa (Bombay, 1976) rimane fedele alla sua cultura indiana e alla corposità dei suoi lavori, e propone una versione delle ormai famose “scimmiette di Gandhi”. Non vedo, non sento, non parlo: commento attuale nella nostra società indifferente a tutto, che la giuria ha scelto anche per la sua vena ludica e spiritosa.

A questo punto siamo solo alla metà dei lavori selezionati e lo spazio sembra già mancare. Ognuno di essi è stato pensato come progetto unico per il parco, non per una convivenza forzata con altri sette. Si rischia di inciampare nel solito caos sconfortante che sembra contagiare tutti i grandi progetti di arte contemporanea degli ultimi anni. Nella speranza di trovare una cura al più presto, snoccioliamo le altre perle del rosario dei vincitori.

In un parco le persone svolgono attività insieme: si ritrovano, giocano, si conoscono e si rigenerano. Gli stessi propositi sono raccolti nell’opera Palco dell’Estinzione di Adelita Husni-Bey (Milano, 1985), una struttura stratificata e decorata con i lavori prodotti da una serie di workshop pubblici sul tema dell’estinzione. Anche qui il tempo e la natura sfilano tra gli strati dell’opera: tipico della ricerca dell’artista che si muove tra i concetti di terra e società, per mezzo di esperimenti e utopie.
In un luogo così ambito non poteva mancare una vena di romanticismo, come quella che scorre nelle opere di Wilfredo Prieto (Cuba, 1978) e Matteo Rubbi (Seriate, 1980).

Matteo Rubbi, "Cieli di Belloveso", 2015. Foto ALberto Fanelli
Matteo Rubbi, “Cieli di Belloveso”, 2015. Foto ALberto Fanelli

Dal sangue cubano di Wilfredo arriva un bacio, Beso, un elegante sfiorarsi di due goffi sassi. Nella rotondità delle loro forme racchiude la timidezza dell’amore e la secolare relazione tra scultura e natura: concetti semplici immortalati nell’inaspettato.
Matteo Rubbi realizza la profezia del cielo che cade sulla terra e con Cieli di Belloveso porta nel parco la storia delle stelle, ormai sopraffatte dalle luminarie della città. L’idea è quella di incastonare nel terreno i principali riferimenti astrologici dei secoli passati, per ridare agli occhi una visione che ormai è loro negata, come colare l’immaginazione in forme concrete.
Infine l’intervento più silenzioso ma forse più affine alla dimensione di un parco: Serena Vestrucci (Milano, 1986) sorprende ancora una volta per la precisione e l’allegria del suo progetto che si affida alla natura storica delle teste di drago che caratterizzano le fontanelle della città. Vedovelle e Draghi Verdi propone delle nuove fisionomie per oggetti di uso quotidiano che andranno a sussurrare al singolo spettatore che, forse ignaro, si avvicinerà per bere.

Le promesse e le proposte sono tante e valide, non resta che aspettare il nuovo Parco d’Arte Contemporanea di Milano, la cui realizzazione partirà ad Aprile 2016.
Si dice che chi ben comincia è già a metà dell’opera, e forse questa volta si riuscirà ad arrivare in fondo.

Scritto da Annika Pettini