L’alfa e l’omega della techno insieme. Il papà di tutti noi, che saluta gli anni che passano mostrando una forma da invidiare e a cui aspirare. Sarà l’aria della Germania, sarà il nuovo look da guru, a metà tra Walter White e un Michael Stipe degli anni d’oro, sarà l’aver scoperto che un figlio (che va a chiamare Tiga non Giuseppino) ti rende giovani, sembra che Sven Väth abbia fatto un patto con il diavolo. O forse è lui il diavolo. Lontano dagli anni di Electrica Salsa (di cui è uscito da poco un remix di Roman Flugel), dalle comparsate al Festival Bar, dal look psy trance embrionale, Sven is always the new Sven e raduna folle in estasi (nessun gioco di parole) da almeno venti anni. Dagli after in spiaggia a Ibiza alle consolle de più disparati festival in giro per il mondo continua a mixare come nessuno sa fare: techno e house lanciando bombe che vanno a confluire nei suoi leggendari “The Sound of” arrivati ora alla sedicesima stagione. Quando lo vidi per la prima volta eravamo alla sua quarta comparsata in quel del Tenax: epico per una ragazzina. L’ultima è stata a settembre scorso in back to back con Solomun e, nonostante i miei 30 anni, qualche dance floor all’attivo e i suoi 50 compleanni, la reazione è sempre la stessa: cazzo Sven ti prego, non smettere mai.