La nuova stagione Timeshift parte con il turbo già innestato. Nella venue che meglio può servire questi suoni (come qualsiasi altro suono in realtà) si alternano nomi inediti e certezze destinate a diventare sempre più granitiche, dai quattro angoli di Europa per ridisegnare i confini della techno.

Dalla Germania l’avvocato producer–producer avvocato Michael Wollenhaupt aka Ancient Methods: residenza al Tresor, uscite su etichette di pregio (come la Diagonal di Oscar Powell), un suono alla vecchia maniera come il nome che porta: cadenze marziali, beat industriali che risvegliano istinti primordiali.
Dalla perfida Albione Samuel Kerridge, ancora protagonista la materia bruta, un suono che parte dalle macerie per innalzarsi nella tenebra, l’esatto contrario del titolo di un suo pezzo: Surrender to the void? Col cazzo. Lamiere e bordoni, folate di synth e beat pulsanti, roba arcigna e aggressiva per sradicare, per spettinare.

Dall’Irlanda Sunil Sharpe: mano lesta collegata a un cervello iperattivo, dal 2000 sul pezzo; solo vinile nei suoi set, se non vi basta la stima di Dave Clarke e Robert Hood potete pure andare a fare serata da qualche altra parte.

Dall’Italia Black Tears, nuova creatura della premiata ditta Gigli/Baudazzi (Violet Poison, ZOOLOFT, etc.); roba per chi frequenta indistintamente techno, prog anni ’70, Goblin, Fabio Frizzi, Mario Bava, etc. In questa veste con in più voci, macchine, clangore industriale. Mai abbastanza  forte, mai abbastanza nero.