«In realtà, la mia è una forma di musica accademica, nel senso che proviene da fatti storici che hanno portato alla volontà di distruggere alcune tendenze della musica occidentale. Distruggere alcuni stereotipi e sviluppi che occupavano effettivamente troppo spazio, dal punto di vista musicale ed economico, dando la precedenza a un ambito che appartiene effettivamente soprattutto all’alta borghesia». Classe 1938, americano di Rhode Island con base a Roma da parecchi lustri, Alvin Curran non necessita di troppe presentazioni per chi frequenta la musica contemporanea – intesa soprattutto come musica del “presente” (fuori dai circuiti pop). Se tra anni Sessanta e Settanta è stato uno degli anelli di congiunzione tra il minimalismo d’oltreoceano con il “rock” di Franco Battiato e Claudio Rocchi, se un giorno le sue imprese tra improvvisazione libera ed elettronica con il collettivo MEV – Musica Elettronica Viva verranno lette anche sui libri di storia della musica e se l’assimilazione e la coesistenza dei contrasti (colto e popolare, improvvisazione e composizione, strumentazione classica e field recording) saranno sempre la cifra sempiterna dei sui lavori, l’aspetto cruciale – oggi – nella musica di Alvin Curran è la sua naturale evoluzione verso l’istallazione sonora. Fin dall’inizio, Curran è stato uno dei più importanti compositori contemporanei passati attraverso i dettami dell’Accademia ma capaci di portare l’avanguardia fuori delle sale da concerto: nei parchi, nei laghi o nei siti archeologici. Quello di stamattina, “Riti Marittimi”, è un «environmental concert per cori e conchiglie», ideato e proposto proprio nel laghetto del parco di Villa Borghese per la prima volta nel 1979, ma in continuo divenire attraverso le rivisitazioni in diverse forme fatte da allora a oggi – con imbarcazioni ed ensemble vari su laghi e fiumi di mezza America, sul Tamigi davanti alla Tate o dentro ai porti con l’ausilio delle sirene delle navi. Un concerto fortemente ispirato dal mondo del teatro – con i musicisti posizionati su barche a remi – qui coadiuvato dall’apporto libero e pop(olare) della Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio con alcuni studenti del Conservatorio di Santa Cecilia, sotto la direzione del compositore americano insieme a Silverio Cortesi. E dove, ancora una volta, si rivelerà strategica l’interazione tra vista, paesaggio naturale e udito. Alvin Curran: «democratico, irriverente e tradizionalmente sperimentale».
Scritto da Chiara Colli