«Ricordati che devi morire!» ripeteva minaccioso il frate a Massimo Troisi in Non ci resta che piangere. «Si, si, mo’ me lo segno, non vi preoccupate» rispondeva lui dal balcone, cercando di placarlo per potere ritornare all’abituale, moderna consuetudine della rimozione della morte. I due artisti Michele Gabriele e Alessandro di Pietro, amici e sodali in molti progetti di questi ultimi mesi, ed entrambi presenti alla collettiva del Futurdome di Milano che apre a fine mese, hanno scelto invece di concentrarsi sul memento mori, scambiandosi la promessa di curare, continuare e restaurare l’uno il lavoro dell’altro in caso di prematura scomparsa. La mostra, curata da Matteo Mottin di Treti Galaxie – l’organizzazione no profit nata a marzo a Torino – è intitolata a Tiziano e Giorgione proprio in virtù del fatto che alla morte dell’amico nel 1510 il più longevo Tiziano Vecellio completò una serie di opere di Giorgione rimaste incompiute.
Stipulato il patto di sangue, i due si sono messi a lavorare separatemente, elaborando in modo opposto il pensiero funesto – uno accelerando compulsivamente il ritmo e l’altro dandosi alla contemplazione profonda. Il risultato di questo lutto-a-venire sarà visibile in un luogo, Barriera, che per la sua stessa condizione di limbo tra passato e futuro, tra deposito e galleria, offre un contesto appropriato e quasi ridondante al tema.
Prima ancora di affrontare questo processo produttivo per la mostra, tuttavia, Michele Gabriele aveva già esposto a Konstanet (Tallin) un monumento funebre in forma di cane bronzeo dedicato ad Alessandro Di Pietro, intitolandolo Alexander of Bronze, mentre quest’ultimo porta avanti da tempo una ricerca sulla transitorietà realizzando pavimenti di gasbeton incisi, destinati a sbriciolarsi con il passaggio insieme alle immagini che vi sono impresse.
Scritto da Lucia Tozzi