La sacralità delle architetture di Alvaro Siza prescinde dalla funzione dello spazio costruito. È in fieri già nello schizzo progettuale, sul foglio bianco e il nero disegno di linee sottili e semplici. È manifesta come la sua capacità di rimanere coerente all’idea architettonica, come il rispetto e la conoscenza di un luogo. È nell’uso dei materiali locali, il cemento e la pietra grezza dell’oceano, nel bianco dei muri delle sue creature, nelle forme pure e in quelle tese, nei passaggi di luci. E non importa quindi se parliamo della Cappella a Santo Ovidio o della Piscinas de Mares, del Padiglione per Expo98 o della Chiesa Madre di Salemi. La sensazione di riverenza e di pacifica emozione sarà uguale, anche nel caso di un’istallazione di pareti inclinate e sinuose, usate per la sua mostra al Maxxi.
Scritto da Emiliano Zandri