Un intimo surrealismo, una privata rivelazione, l’erotico, o un esteriorizzato tabù: il gioco di ossimori di Silvia Argiolas (Cagliari, 1977 – Milano) impregna tela e carta di colori vitali e violenti carboncini.
I (s)oggetti, vasi: contenenti quale contenuto? Dentro-fuori visto, o immaginato? E se queste urne, seppur rivestite di un fascino esteriore, fossero poi vuote, dentro? Una domanda che la nostra società sembra essersi posta più di una volta, cui possibile risposta è incarnata nei soggetti stessi dell’artista: sono le lacrime a tagliare i volti delle sue mute “ragazze porno”.
Il dolore è forse la soluzione per colmare l’assenza, per sentirsi ancora vivi, o tremendamente umani? Arrivati al punto di rottura, crack! Il presente sembra spezzarsi come un vaso in mille cocci. Ma l’essere umano non è vaso né coccio, e la vita seppur segnata da fratture interne risponde ai comandi di carne ed ossa.

Nella sua prima personale alla Burning Giraffe Art Gallery di Torino, Silvia Argiolas ripristina il legame perso con il corpo attraverso la fragilità di oggetti semplici quali i vasi, caricati dell’erotismo e passione ereditata da Carol Rama (in mostra alla GAM di Torino). Fil rouge o solido nastro, a tenere insieme i frammenti è il serpente, origine della vita, profilo basso e immortale come, secondo il curatore della mostra Domenico Russo, la pittura stessa.

Esposta dal 2006 a Milano, Vienna, Londra e Toronto la personale della pittrice Silvia Argiolas sarà in mostra a Torino dal 1 dicembre.