La ciambella di un water, un appendiabiti, un tappetino, uno stura-lavandini: semplici oggetti quotidiani che nelle mani di Bridget Moser diventano tutt’altro. Riconfigurandone la funzione con grande immaginazione l’artista e performer canadese riesce sempre a strappare un sorriso muovendosi tra virtuosismo e inettitudine. Moser arriva a Raum per il suo primo spettacolo italiano dal titolo Things a Person is Supposed to Wonder, una collezione di sue brevi performance. Ciò che dovrebbe sollevarci qualche domanda riguarda fenomeni come l’ansia, l’impazienza, l’ira, la furia, il cambiamento, la perdita e altro ancora. Tutto il suo lavoro è praticamente un’ode al fallimento (caro amico dei fenomeni di poc’anzi), in un’epoca in cui i vincenti sono spesso personaggi orribili. Traendo ispirazione dalla prop comedy e dalla letteratura dell’assurdo, costruisce le sue messe-in-scena come opere apparentemente improvvisate e trascina lo spettatore in un morphing incessante. E, imparando da Beckett, prova, fallisce, riprova, fallisce ancora, fallisce meglio.