Sono passati circa dieci anni da quando rimasi folgorato dai The Horrors. Loro erano cinque capelloni dell’Essex vestiti come dei Jesus and Mary Chain usciti da una ventiquattrore al Torture Garden, io un sempliciotto piuttosto suggestionabile. In un periodo in cui NME cavalcava il disgustoso neologismo “new rave” con band come Klaxons, CSS e Van She a dominarne la vetrina, mi innamorai del vortice catatonico di Count in Fives e del loro immaginario citazionista, imbottito da psicofarmaci e rimandi al punk classico: dai Sex Pistols ai Suicide, passando per Ramones, Cramps e Birthday Party. Oggi il furore degli esordi è un lontano ricordo, ma quel che resta non è completamente da cestinare. Accantonati i suoni psicotici e destabilizzanti dei primi album, il nuovo V è, come direbbero quelli bravi, un lavoro più maturo, quasi barocco. Non sarà più un film dell’orrore, ma la band di Faris Badwan “Rotter” è rimasta un bel thriller. Adatto a tutta la famiglia.