Ad could not be loaded.

Cristian Jezdic

Continua Orizzonti, la mappatura delle persone e dei progetti intenzionati a cambiare Milano di Zero e Meet the Media Guru

Scritto da Lorenza Delucchi il 15 aprile 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Oto and the Music

Non se la prende quando gli do del paleolitico, si autodefinisce un tenerone ma non porta camicie hawaiane (nonostante il suo mito abbia cercato di fargli cambiare idea). È Cristian Jezdic, regista e produttore di film e cartoons, specialista di computer grafica 3D ed effetti speciali, vice presidente di Cartoon Italia, l’associazione nazionale dei produttori d’animazione. Gli ho chiesto un po’ di cose su dove va il cinema d’animazione made in Milan, ma soprattutto gli ho fatto una domanda scomoda a proposito di Lady Oscar.

Zero – Così, a bruciapelo: tu fai cartoni animati, giusto? Mi spieghi perché negli anni Ottanta erano sempre così tristi? Io non mi sono mai ripresa da Lady Oscar.
Cristian Jezdic – I cartoni animati degli anni 80? Sfido chiunque della nostra generazione a non emozionarsi nel sentire le sigle di quei capolavori. Più che tristi, li definirei realisti. Spesso mostravano aspetti della vita reale. La vita di tutti i giorni, quella vera, quella che include anche i problemi, non solo cose felici o edulcorate, e soprattutto non soltanto situazioni di fantasia. Comunque anche io non mi sono mai ripreso da Lady Oscar.

Neanche noi...
Neanche noi…

Quando guardo un cartone oggi mi sembra di vedere un altro mondo.
Nel mondo dei cartoni animati ci sono state importantissime evoluzioni. Per esempio i canali tematici per i bambini, in Italia, sono 22. Oggi c’è un’attenzione quasi maniacale sul controllo dei contenuti che vengono veicolati attraverso i cartoni animati. Non tutti i produttori sono uguali e non tutti i canali hanno le stesse policy. In generale c’è un protezionismo nei confronti dei bambini. Una decina d’anni fa negli Stati Uniti è nato un branded block di cartoni animati soltanto per adulti: adult swim. Il successo della programmazione è così forte che ha sorpreso persino chi lo ha ideato. 
 
Ho sentito dire che hai una specie di ossessione per John Lasseter, il papà di Toy Story e fondatore di Pixar. E’ vero?
Ho incontrato Lasseter per la prima volta quando era ancora studente alla fine degli anni 80. Ricordo che Maria Grazia Mattei, la nostra docente di storia della computer grafica, ci mostrò i suoi primi cortometraggi. Furono una rivelazione, non si era mai visto nulla di simile. Per la prima volta potevamo vedere utilizzata la tecnologia non fine a se stessa per la realizzazione di filmati semplicemente spettacolari, ma che raccontava emozioni. Poi negli anni ho avuto la fortuna di incontrarlo e di poterci parlare in diverse occasioni nel suo headquarter in California e persino qui a Milano in occasione della mostra della Pixar al PAC. Nonostante tutto non è riuscito a convincermi ad indossare le sue adorate camicie hawaiane.

John Lasseter nel suo studio con una delle sue famose camicie
John Lasseter nel suo studio con una delle sue famose camicie
 
“La tecnologia non crea i film. Le persone lo fanno”. Sai chi l’ha detto? Sei d’accordo? (ndr la citazione è di John Lasseter)
Onestamente, non ho la più pallida idea di chi lo abbia detto, e non voglio googlare per scoprirlo. In ogni caso, sono completamente d’accordo. Nella mia carriera, quello che ho potuto scoprire è che proprio la grande passione delle persone del settore permette di realizzare il risultato finale. La tecnologia è uno straordinario strumento, ci permette di andare oltre i nostri limiti e di dimostrare sempre di più quanto la creatività e il genio umano possano portare l’immaginazione a dei livelli superiori. Io direi: “Non ci può essere vera evoluzione, se assieme alla tecnologia non cresciamo anche noi”.

Cosa vuol dire innovare nel tuo mondo? Si tratta “solo” di tecnologie o servono anche nuove storie?
La storia è il cuore dell’innovazione, ce lo ha insegnato il solito Lasseter. Qualunque innovazione tecnologica, svuotata del suo contenuto, è destinata a fallire miseramente. Dopo le prime scintille che le nuove tecnologie ci fanno giustamente vivere, il nostro interesse, se privato di quei contenuti che ci fanno vivere emozioni importanti, si spegne prestissimo. Pensa alla stereoscopia.

Cos’è la stereoscopia?
E’ una tecnica di realizzazione e visione di fotografie e filmati che dà un’illusione di tridimensionalità. Tenta di sfondare dagli anni 50, ma non ci riesce. Perché? Perché realizzare contenuti stereoscopici è estremamente complicato e anche costoso.

Immagine in stereoscopia
Immagine in stereoscopia

Facciamo un viaggio indietro nel tempo: so che hai studiato computer grafica allo IED nel 1993. Praticamente, il paleolitico. Raccontami com’era.
Nonostante la tua domanda, cercherò di non sentirmi vecchio. Comunque sì, era il paleolitico. In quel momento lo IED era l’unica accademia in Italia ad avere un corso di computer grafica! Eravamo dei pionieri, una ventina di studenti appassionati e determinati. Le strumentazioni a nostra disposizione erano veramente spartane, alcune stavano letteralmente in piedi con lo scotch. I software erano ancora molto complicati e le strumentazioni costosissime, di conseguenza noi studenti non potevamo permetterci il lusso di possedere un computer per realizzare la computer grafica a casa propria. Dagli inizi degli anni 90 le cose sono iniziate a cambiare e sono arrivati i primi computer abbordabili. Voglio approfittare di questa occasione per ringraziare i miei docenti. Posso?

Prego.
Penso, ad esempio, alla coordinatrice del dipartimento CGI, Laura Fiori, in quel momento storico aveva già compreso perfettamente che la vera chiave non era la tecnologia, ma i contenuti. Ricordo quel periodo con grande senso di nostalgia e tenerezza. Sì, noi produttori di cartoon siamo dei teneroni.

E01_HD_PSnew_05

Buono a sapersi. Se dovessi fare un’istantanea dell’animazione in salsa milanese come sarebbe?
La Lombardia, compresa Milano, è sempre stata dagli inizi la culla dell’animazione italiana. Ancora oggi la Lombardia continua a mantenere una sorta di primato sebbene il settore sia cresciuto moltissimo negli ultimi 15 anni. Ad ogni modo, a Milano, l’animazione fa l’occhiolino al mondo intero. Produrre cartoni animati oggi significa lavorare con tutto il mondo sia per la distribuzione dei prodotti finiti che per la loro realizzazione che quasi sempre si avvale di coproduttori internazionali.

A cosa stai lavorando ora?
Sto lavorando, in gran segreto, alla seconda parte di una produzione che si chiama Oto and the Music, diretta dalla grandissima autrice italiana Fusako Yusaki, e da me co-diretta. Un bellissimo progetto in tecnica mista, che unisce la tradizione dell’arte della stop motion di Fusako, con l’innovazione della CGI più avanzata. Una sfida che, per la realizzazione della prima parte della serie, è stata accolta dal co-produttore Rai Fiction. Ci sono altri quattro progetti in cantiere. Non posso dire di più, ma se ne vedranno delle belle.

Otoand Music - Compositori

Uno che fa animazione dove va a bere a Milano?
I Navigli sono un luogo d’elezione ed un ritrovo per gli animatori e per tutti quelli che amano questo mondo, vi si trovano anche diverse fumetterie, mondo vicino a quello dei cartoon. Un buon calice di vino aiuta sicuramente a vedere il mondo in modo più… colorato. 

Ma è vero che sei appena tornato dall’India? Che idea hanno gli indiani di Milano?
Sì, è vero, sono appena rientrato dal misterioso continente, una terra che amo tantissimo. Forse non ci crederai, ma ha collegamenti molto profondi con l’Italia.
Che idea hanno gli indiani di Milano? Ovviamente la adorano, ma non sono gli unici. Prova a fare un salto in California.