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Camilla Ferrari

Camilla è tra i talenti scelti da Apple per raccontare la città. Abituata a viaggiare, con i suoi scatti fotografici immortala scorci storici e moderni, riflessi, luci, ombre ed emozioni.

Scritto da Virginia W. Ricci il 6 agosto 2018
Aggiornato il 27 agosto 2018

Luogo di residenza

Milano

Attività

Fotografo

Camilla Ferrari, classe 1992, è una fotografa che negli ultimi anni ha iniziato a farsi strada grazie ai suoi reportage e nel 2017 è stata selezionata da Photo Boite tra le 30 fotografe under 30 più influenti. I suoi viaggi le hanno insegnato a percepire la realtà in maniera più profonda e l’hanno avvicinata all’aspetto umano del racconto fotografico. In occasione dell’apertura del nuovo Apple Store di Piazza Liberty, Camilla ha utilizzato il suo occhio raffinato per fotografare o come dice lei per “spiare” la metropoli che cambia e ci ha regalato alcuni scatti realizzati con iPhone X della sua città, Milano, che come lei non sa stare ferma. Le abbiamo fatto qualche domanda per capire come si è avvicinata al suo lavoro e cosa si può imparare da un’osservazione costante e approfondita della realtà che ci circonda.

ZERO: Quando hai capito che saresti diventata una fotografa?
Camilla: Penso che, più che diventare fotografa, a un certo punto io abbia realizzato che la fotografia e la mia crescita personale siano due aspetti in costante rapporto e influenza l’uno sull’altro. E questo è successo circa quattro anni fa, dopo un viaggio in Marocco nel quale mi è stato detto che alcune immagini che avevo scattato descrivessero la mia vita molto più di quanto io fossi riuscita a spiegare a parole. Per me è stata una sorta di illuminazione meravigliosa e forse, da quel giorno, sono diventata fotografa.

Cosa deve avere un luogo, un volto o una situazione per colpirti? C’è qualche luogo del mondo in particolare che ti ha travolta?
Nell’agosto 2017 sono stata a Pechino da sola, e per me è stato un turning point fondamentale non solo come fotografa, ma come persona. È una città che mi ha colta di sorpresa e dalla quale mi sono sentita respinta e allo stesso tempo assorbita. Questo sentimento mi ha travolta — nel vero senso della parola — e affascinata al punto da iniziare il progetto Aquarium che continuerò il prossimo autunno, quando tornerò in Cina, con l’intenzione di indagare più profondamente il perché di questa mia sensazione attraverso l’osservazione della città. In generale, credo che ciò che mi colpisce sia un certo grado di ambiguità e senso di irrisolto: per me è molto importante l’incanto della visione e la rappresentazione delicata della realtà, come se fossi in una dimensione sospesa. 

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Qual è la differenza principale tra avere in mano uno strumento immediato come un iPhone e uno più complesso come una macchina fotografica? 
Per me la differenza sta praticamente soltanto nel modo in cui tengo in mano la fotocamera. Dal punto di vista creativo, sia il telefono che la macchina fotografica sono strumenti incredibilmente ricchi di possibilità, è solo una questione di decidere ciò che si vuole fotografare e di indagare la realtà approfondendo e scoprendo il proprio sguardo sulle cose. 

Esiste un modo di allenare l’occhio alla fotografia, secondo te? Che consigli daresti a una persona che volesse avvicinarsi al mondo della fotografia, magari iniziando dalle foto con iPhone? 
Consiglierei di interessarsi non solo alla fotografia ma all’arte più nella sua totalità — pittura, scultura, installazioni, video, cinema — oltre a leggere qualunque cosa ispiri la propria curiosità. Più si nutre il proprio bagaglio di conoscenze e più i nostri occhi vedranno cose nuove, sono tante lingue che i nostri sensi imparano a parlare.  E fotografare, fotografare, fotografare! Il vantaggio di avere lo smartphone è che possiamo fotografare in ogni momento qualunque cosa colga la nostra attenzione. Trovo sia utile lasciar sedimentare le fotografie per un po’, riprenderle in mano dopo qualche settimana e chiedersi che cosa ci piace di quell’immagine e cosa invece avremmo fatto di diverso, così da uscire di nuovo a scattare con più consapevolezza.
 
Molte delle tue foto si servono di giochi di luce. Qual è la luce che preferisci?
Amo moltissimo la luce del mezzogiorno, dura e difficile, ma anche la luce di fine giornata, in grado di creare riflessi e illusioni ovunque ci si giri. Mi piace moltissimo anche fotografare di notte cercando luci artificiali, come quelle coloratissime dei neon o le lampadine mezze rotte sulle banchine della metropolitana.

Il fotogiornalismo è principalmente ricerca di storie. C’è una storia in particolare che vorresti raccontare? Una che hai voluto fortissimo raccontare in passato?
Ci sono un po’ di idee in cantiere, sto iniziando una ricerca sulla longevità che, se andrà in porto come spero, mi porterà a scoprire vari paesi in giro per il mondo e mi darà la possibilità di raccontarli e testimoniarne l’eredità culturale. Tre anni fa ho invece scoperto un borgo in centro Italia di sei persone, Civita di Bagnoregio, che si erode ogni anno di circa 7 cm, poiché sorge su una roccia di tufo, e da quel momento mi è rimasto profondamente impresso e grazie al supporto di Gli Occhi della Guerra (news website di reportage) sono andata a raccontarne la storia concentrandomi sull’importanza dei suoi abitanti e del nucleo culturale che portano con sé.
 
Quali sono le foto / i fotografi che ti hanno lasciato a bocca aperta?
Un fotografo su tutti che ha avuto un enorme fascino e influenza su come io fotografo oggi è stato Gueorgui Pinkhassov e la sua capacità di trovare l’incanto nella banalità del quotidiano, e nel fatto di rappresentare la realtà come se fosse un sogno surreale ad occhi aperti.
 
Qual è la sessione di Today At Apple che consiglieresti a un aspirante fotografo, a parte chiaramente la tua?
Sicuramente la sessione di Piotr Niepsuj sulle “perfette imperfezioni” (come le chiama lui) che incontriamo ogni giorno. Secondo me, poi, chi volesse avvicinarsi al mondo della fotografia usando l’iPhone dovrebbe assolutamente partecipare ai Tour fotografici: Luci e ombre, per mettersi alla prova in condizioni di luce non necessariamente ottimali, ma anche ai Tour fotografici: Azione e Video per sperimentare l’immagine in movimento o all’Atelier: Fotografia durante il quale i Creative aiutano le persone non solo dal punto di vista dell’utilizzo della fotocamera, ma danno anche consigli su come organizzare le fotografie — aspetto assolutamente da non sottovalutare, soprattutto quando si inizia a scattare tante fotografie e ci si trova a navigare negli archivi… Però consiglierei anche di partecipare a sessioni che non c’entrano necessariamente con la fotografia: interessarsi di video, animazione o illustrazione, perché le diverse pratiche artistiche stimolano lati diversi
della creatività di ognuno — chissà che assistendo ad una sessione di illustrazione con Olimpia Zagnoli non venga in mente un nuovo progetto fotografico!

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Quali sono i luoghi di Milano che più ti appartengono e perché?
Se devo essere sincera, ho iniziato a vivere davvero Milano negli ultimi due anni — ho visto cambiare enormemente la mia città in pochissimo tempo e sto imparando adesso ad apprezzarne la bellezza. Più che luoghi specifici, penso che di Milano mi appartenga il suono del tram che frena sui binari e quello degli annunci sulle banchine della metropolitana. Il chiacchierio del sabato sera nel quartiere Isola e sui Navigli o le silhouette dei ragazzi che giocano a basket nei campi immersi nelle vie della periferia Nord Ovest.

Se vuoi esplorare nuove possibilità per fare musica, video, foto o grafiche, dai un’occhiata al programma di Today at Apple. Ci sono un sacco di attività e corsi gratuiti ad ogni ora del giorno.