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Daniele Marcotulli

In vista dell'edizione 2016 di Open House Roma abbiamo intervistato Daniele Marcotulli, architetto cofondatore di CORTE, nonché da diverse edizioni collaboratore attivo al progetto Open House.

Scritto da Nicola Gerundino il 28 aprile 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Anche per il 2016 abbiamo deciso non solo di presentarvi il progetto Open House Roma e le sue tappe più affascinanti, ma anche di far raccontare il progetto Open House e la città di Roma da un suo protagonista, da una persona che vive entrambe le realtà dall’interno e in maniera attiva. Siamo andati quindi ad intervistare Daniele Marcotulli, cofondatore dello studio CORTE – ve lo ricorderete per il progetto Great Landd al Maxxi, vincitore del concorso YAP nel 2015 – che anche quest’anno sarà una delle tantissime tappe (visitabili) di Open House Roma.

ZERO:Iniziamo dalle presentazioni.
Daniele Marcotulli: Daniele Marcotulli, nato il 17 settembre del 1975, a Roma.

Quando nasce la tua passione per l’architettura?
Sempre avuta credo, magari in modo non consapevole, ma ho la sensazione che sia sempre stata lì. In famiglia c’è sempre stata l’attitudine a sporcarsi le mani, mio nonno paterno era un muratore provetto, quello materno costruiva fontane in giro per Roma, mio papà ha lavorato per anni in un’impresa di costruzioni. Il colpo di fulmine è arrivato con un regalo, una monografia su Gaudì, lo conservavo come fosse la “numero uno” di Zio Paperone. Sono sempre stato attratto dal mio opposto.

Il genio di Gaudí in uno dei dettagli più famosi del Parc Güell di Barcellona da lui progettato.
Il genio di Gaudí in uno dei dettagli più famosi del Parc Güell di Barcellona da lui progettato.

Quale è stato il tuo percorso formativo?
Al contrario, se un ordine esiste. Dopo il diploma ho girovagato un po’ in attesa dell’illuminazione e invece è arrivato l’abbaglio! Prima un anno di ingegneria meccanica (volevo costruire impianti di risalita in montagna…), poi il passaggio a disegno industriale, poi il concorso vinto da tecnico in una grande azienda di servizi. Il giorno dell’assunzione mi sono iscritto alla facoltà di Architettura a Roma Tre. Avevo 25 anni quando ho iniziato, 30 quando sono uscito con la laurea in mano. In mezzo, cinque anni incredibili di passione pura e fatica indelebile: mattina a lezione, pomeriggio a lavoro, sera/notte studio. Ho rinunciato a parecchie birre con gli amici, ma ho anche cercato di non lasciarmi scappare le esperienze che erano compatibili con il lavoro. Ad esempio il seminario di progettazione itinerante Villard mi ha aperto un mondo, è stato il mio piccolo Erasmus tra le facoltà di architettura d’Italia, per un anno. Poi una esperienza di scambio con l’università di Granada e altri workshop qua e là.

E quello professionale?
Ha camminato a braccetto con quello formativo. Dopo la laurea, mi sono preso un anno di aspettativa dal lavoro e ho iniziato a fare l’architetto sul serio. O almeno credevo. Vari passaggi in diversi studi di architettura, tra cui Archea a Roma, e una sosta al Dipartimento di Progettazione e Studi dell’Architettura di Roma Tre. Poi l’inizio della bella collaborazione al Laboratorio di Progettazione Architettonica e le prime soddisfazioni con i due compagni di avventura dell’Università, Arianna Nobile e Gabriel Narino, nelle stanzette del neo gruppo km0. Qualche anno con i piedi in tante staffe, poi ho salutato il lavoro sicuro e i dubbi esistenziali per dedicarmi a tempo molto più che pieno a fare l’architetto. Dopo pochi anni, una fissazione quasi patologica per la qualità e la propensione alla continua ricerca di relazioni tra i diversi ambiti della creatività mi hanno portato a essere cofondatore di CORTE.

corte-roma

 

Come sei venuto a conoscenza di Open House Roma, quando e perché hai deciso di collaborare al progetto?
Me ne parlò Giorgio Marchese, amico, collega e socio a CORTE. Fu poco prima della seconda edizione e mi piace ricordare la prima partecipazione un po’ come un debutto in società.

Cosa avete proposto come CORTE nelle edizioni precedenti e per l’edizione 2016 cosa avete in serbo?
Debuttammo con l’apertura di tre case, tre bei lavori distribuiti tra Garbatella, Monti e Colosseo. E fu un successone. Gli anni successivi abbiamo concentrato le energie a CORTE, prima con un allestimento che sottolineava la vocazione dello spazio allo scambio sfacciato di idee, poi, l’anno scorso, invadendo la sala principale con un soffice manto erboso sul quale mettersi comodi e assistere all’evento Niente da vedere: una mostra fotografica, un evento video e una rassegna cinematografica con tavola rotonda per indagare la trasformazione degli spazi urbani romani, distribuito tra Interno 14_lo spazio dell’AIAC, CORTE e Il Kino.
Quest’anno il programma del weekend sarà molto ricco, con l’installazione artistica di Fabio Pennacchia e qualche anticipazione sul progetto artistico, architettonico e di ricerca nato dalle ceneri di Great Land, l’allestimento vincitore di YAP 2015. Due giorni intensi e semiseri di performance artistiche, talk e confronto attorno ai temi della città. Accompagnati da un buon bicchiere di vino, ovvio.

Rotoli di prato all interno di CORTE per l edizione 2015 di Open House Roma.
Rotoli di prato all interno di CORTE per l edizione 2015 di Open House Roma.

Tra i tanti siti selezionati da Open House Roma 2016, quali consiglieresti di visitare e perchè?
Io non mi perderei la Basilica sotterranea di Porta Maggiore, un posto incredibile a due passi da casa mia che non sono ancora riuscito a visitare. Poi farei un salto alla Biblioteca Condominiale “Al Cortile”, bella storia di gente che si rimbocca le maniche e migliora le cose dal basso. Chiuderei il giro con la Chiocciola di Villa Medici: sempre chiusa al pubblico, sembra l’ascensore di Willy Wonka al contrario clicca qui per visitare la Chiocciola di Villa Medici con Zero).

La Chiocciola di Villa Medici.
La Chiocciola di Villa Medici.

Allargando lo sguardo alla città, qual’è lo stato di salute dell’architettura a Roma, intesa sia come forza lavoro in città che come progetti futuri? 
Qual è il mio di stato di salute, visto che sogno continuamente di trasferirmi in un rifugio sulle Dolomiti?! Sogni (concreti) a parte, CORTE mi mette in contatto ogni giorno con una dose molto corposa di qualità potenziale tenuta a bada come un’infezione pericolosa da tanto pressappochismo, dalla considerazione nulla del bene pubblico e da una visione complessiva inesistente. A cui qualcuno, per fortuna, continua ad opporsi con visioni alternative. E tanto coraggio.

“Altre città come Milano inaugurano quartieri nuovi, mentre qui ancora siamo impegnati a sistemare quelli vecchi” ti ritrovi in questa frase? Quale potrebbe essere la ricetta per “riappacificare” Roma con la progettazione architettonica e urbana?
Credo che il problema non sia il vecchio o il nuovo, gran parte del piacere che provo passeggiando per Milano è dovuto alla riqualificazione di un tessuto ormai storicizzato, all’attenzione chirurgica per lo spazio pubblico, ad una qualità diffusa che ti contagia fino a indurti a restituirla. E’ un meccanismo virtuoso che non guarda in faccia all’età di nessuno, tantomeno a quella degli edifici.

La nuova darsena di Milano. Foto di Ylbert Durishti.
La nuova darsena di Milano. Foto di Ylbert Durishti.

Pensi che un evento come le Olimpiadi riuscirà a fare da catalizzatore come è stato lExpo per Milano?
Le Olimpiadi non cambiano la testa delle persone, che è quello di cui avremmo bisogno, ma possono essere un’occasione di rianimazione e visibilità. Credo che rinunciarvi per il rischio di non essere in grado di gestirle con intelligenza o con la motivazione che le priorità sono altre non risolva i problemi. Non fare le cose per il timore che vengano male è stupido.

Allacciandomi alle domande precedenti e dal momento che hai partecipato anche all’esperienza di km0architetti, mi viene da chiederti se Roma è pronta per un’architettura a km 0 e a basso impatto ambientale oppure no.
Il nome km0 è nato quando le tematiche ambientali non erano ancora così alla ribalta. Il nostro approccio ha sempre guardato a questo tema in un’accezione molto più ampia, interpretando l’architettura come occasione per diffondere qualità, come dispositivo di contagio positivo e, quindi, sostenibile. Anche dopo che ho scelto una strada professionale diversa da quella del gruppo, continuo a credere che l’attenzione a certe questioni passi più per la consapevolezza dell’importanza del lavoro che facciamo che per uno sbandierato integralismo ambientale fatto di materiali piacevoli e forme pittoresche. A Roma il cambiamento avviene dal basso ormai da tempo, è certamente possibile che sarà così anche in questo caso. Non c’è niente di male, ma andrà gestito.

Oltre che di km0 sei anche cofondatore di CORTE, che l’anno scorso si è aggiudicato il premio YAP al Maxxi? Ci puoi raccontare brevemente quell’esperienza e quel progetto? A cosa state lavorando ora?
Esperienza emozionante, faticosa e gratificante. Il tema dell’allestimento temporaneo è qualcosa verso il quale ho sempre sentito un’attrazione istintiva, ti obbliga ad essere sintetico, chiaro, comunicativo. Astratto e concreto allo stesso tempo, ti devi sporcare le mani continuando ad essere un idealista. Una modalità apparentemente contraddittoria con cui mi sento molto a mio agio. Great Land, il progetto vincitore nel 2015, è il risultato di una sintesi ulteriore, quella tra le diverse sensibilità dei professionisti che a CORTE lavorano ogni giorno e che la animano ormai da quasi tre anni. La nostra proposta, maturata con il contributo di tutti, ha quindi lavorato in modo trasversale tra architettura, comunicazione e programmazione degli eventi abbinati all’allestimento. Un progetto completo in cui l’integrazione delle diverse competenze ha guidato il processo creativo fin dall’inizio, faticosamente, con livelli di qualità di cui andiamo fieri. Oggi stiamo lavorando agli sviluppi di quell’esperienza, ci piace capire come restituire al pubblico qualcosa che dal pubblico arriva, come attivare un meccanismo a vantaggio della città e come farlo in modo fedele alla modalità cooperativa di CORTE.

Come vedi lo skyline di Roma tra 5 anni? E tra 20?
Mi piacciono le cose che cambiano, ma non sempre mi piacciono quando sono cambiate. E questo potrebbe essere un problema, credo.

Qual è il tuo edificio preferito di Roma?
Il Monumento ai Martiri delle Fosse Ardeatine è uno di quelli che mi emoziona sempre.

L'ingresso delle Fosse Ardeatine. Foto di Simone Ramella.
L’ingresso delle Fosse Ardeatine. Foto di Simone Ramella.

Quello che butteresti giù volentieri?
L’abominevole edificio di Piazza dei Navigatori. L’ennesima occasione sprecata.

L'edificio di Piazza dei Navigatori, uno dei tanti esempi di rinascita del quartiere trasformatosi in edificio abbandonato a se stesso e fonte di degrado.
L’edificio di Piazza dei Navigatori, uno dei tanti esempi di rinascita del quartiere trasformatosi in edificio abbandonato a se stesso e im fonte di degrado.

Quello che ti piacerebbe realizzare per la città? 
Un’unità minima di divertimento. Un dispositivo mobile da collocare nelle parti più disparate della città in grado di ospitare micro perfomance artistiche, proiettare film, fare musica. Considerando l’attenzione per lo spazio pubblico a Roma, si tratterebbe praticamente di architettura per l’emergenza.

In che quartiere vivi? Il dettaglio architettonico che ti piace del tuo quartiere e quello che detesti?
Abito al Pigneto. Amo guardare le partite dei bambini al campo da calcetto incastrato tra le case e detesto il nuovo mega supermercato sorto dal nulla in modo abusivo. Che, incredibilmente, è una calamita per molte persone.

Un bar e un ristorante che ti piace frequentare quando non sei al lavoro?
Necci, la colazione in giardino di domenica è sempre un piacere.