Ad could not be loaded.

Luisa Mandelli

Luisa Mandelli, soprano e icona della musica lirica, ci racconta quasi un secolo di vita. Dall'arrivo a Milano alla prima audizione alla Scala, che le permise una carriera accanto ai più grandi della musica

Scritto da Corrado Beldì il 14 dicembre 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Ritornare sulle scene a sessant’anni di distanza. Non si era mai visto nulla di simile. Luisa Mandelli, Annina per la famosa Traviata di Visconti del ’56, accanto alla divina Callas. Richiamata da Daniel Barenboim per cantare lo stesso ruolo il 19 dicembre all’Opera di Berlino (Staatsoper Unter den Linden), a 93 anni compiuti. Siamo andati a trovarla nella sua camera a Casa Verdi.

Zero – Come sta signora?
Luisa Mandelli – Molto bene, mi esercito tutti i giorni, lo sa? Cantare è come fare sport. Ho smesso per cinquant’anni. Insomma, ci vuole che la voce ricominci a uscire. Certo quel Barenboim l’è propri matt: mi ha presa a scatola chiusa. Però non vedo l’ora arrivi quel giorno. Sono emozionata.

Mi racconta qualcosa della sua infanzia?
Sono nata a Saronno il 16 ottobre 1922. Sono passati tanti anni, lo sa? Già da bambina mi piaceva la musica. Mio papà suonava il clarinetto nella banda e durante il concerto stringevo le sue gambe senza mollarlo un attimo.

Quando ha cominciato a cantare?
Ero a Intra, sul Lago Maggiore. Lei lo sa dov’è Intra? Mio papà faceva il capo della tessitura di cotone. Quando c’era musica io cantavo e mandavo baci a tutti. Sono sempre stata così. Vede, qui c’è una foto di quei tempi, col mio povero fratello. Avevamo tre anni ed eravamo uguali.

Luisa Mandelli ed il fratello
Luisa Mandelli ed il fratello

Con chi ha studiato?
Sono sempre stata allegra, entusiasta, mi piaceva cantare. Allora mi mandarono da una maestra di canto che stava a Villa Selva Prato a Stresa; in bicicletta erano 30 chilometri e ci andavo tutti i giorni.

Si andava ballare a quei tempi?
A me piacevano tanto il tango e anche il valzer. Mi piacevano i balli sudamericani, però alla balera non ci sono mai andata. Glielo giuro!

Quando è venuta per la prima volta a Milano?
È stato nel 1940, c’era la guerra. La mia maestra, Elisabetta Oddone, era sfollata e allora andavo a fare lezione da lei a Milano in treno. Faceva un freddo! Mica come adesso che le carrozze della Nord sono un lusso. Comunque studiavo e poi andavo un po’ in giro per Milano; mi piaceva guardare il Duomo, San Babila e poi anche Sant’Ambrogio. La maestra morì, ma poco prima mi disse: «Ricordati, non abbandonare mai il canto e la musica, perché nella vita troverai solo quel conforto». Non ha sbagliato di una virgola.

Milano_Duomo_Grano

Quando ha capito che sarebbe diventata una cantante professionista?
Mah, le dirò… è stata tutta una gran sorpresa. Certo continuavo a cantare, studiare mi piaceva, per riuscire avevo preso servizio da una famiglia di farmacisti, il dottor Curi, alla Bovisa. C’è ancora la Farmacia Curi, lo sa? Al colloquio gli dissi: «A me interessa lavorare per avere il tempo di cantare!».

Poi che cosa è successo?
Un giorno hanno detto che c’era un’audizione alla Scala e allora sono andata. Era il 1953. Arrivai e mi misi a cantare cosette tipo Le nozze di Figaro, il Siébel del Faust, ma poi anche roba strana tipo la Asrael di Franchetti, che nessuno conosceva già allora e I promessi sposi di Ponchielli. Comunque le posso dire una cosa?

Dica…
Ho capito che andava bene subito, già quando ho scaldato la voce e quando sono partita. La partenza del suono è importante, è come quando una persona si presenta. Era un si bemolle centrale. Erano una decina della commissione. Si sono guardati in faccia e ho capito sarebbe andata bene.

Quindi?
Mi hanno mandata giù in teatro, volevano vedere se la voce era solo bella, o correva anche bene nel teatro. Correva, correva. «La chiameremo a settembre».

Chissà che emozione
Oh, non sa che bello! Sono andata a casa e abbiamo fatto una grande festa. Poi anche alla Bovisa abbiamo festeggiato ed erano tutti contenti. Non ci credevano mica che andavo alla Scala.

Così è cominciata la sua grande carriera
Sì, guardi, ho cantato tantissimo, soprattutto in Italia, ma anche in Israele per esempio, Le Nozze di Figaro ed Elisir nel 1955. Tel Aviv mi era piaciuta un sacco. La Terrasanta è una patria bellissima, vedesse che accoglienza. Ho ancora le recensioni. Sono stata anche a Vienna e in tanti altri posti che non mi ricordo nemmeno più!

Cosa sta cercando tra quelle carte?
Una lettera del maestro Barenboim. Lui è davvero matto. Sto facendo gli esercizi di fiato. Non è mica facile cantare dopo cinquant’anni, lo sa? Per fortuna c’è il maestro Roberto Curbelo, è argentino. Bravo, proprio bravo. Lavora alla Scala. Viene qui tutti i giorni e si è preso l’impegno di farmi venire fuori di nuovo la voce.

Mi racconti di Maria Callas.
Sono 38 anni che faccio dire una messa per Maria Callas. Senta, io sono cattolica credente, fervente, praticante. Credo ci siano milioni di persone che aspettano di andare in paradiso, sono là sopra le nuvole e allora serve pregare. Ecco, secondo me lei è lì che aspetta le nostre preghiere. Quest’anno per Expo abbiamo detto la messa in Santa Maria della Passione, fuori dal Conservatorio. Ho scritto anche al sindaco Pisapia, che mi ha risposto. Comunque la Maria non la dimenticherò mai.

Luisa Mandella con la grande Maria Callas: una foto autografata
Luisa Mandella con la grande Maria Callas: una foto autografata

Mi parla della famosa Traviata?
Abbiamo fatto 22 recite insieme e sono convinta che tutto questo, la mia carriera e tutto il resto del successo, siano grazie a lei. Anche questa chiamata a Berlino: è lei che pensa a me e ha voluto regalarmi questa Annina a 93 anni.

Mi racconta chi sono i suoi amici?
Io ho un grande amico che si chiama Marco Peracchio, ha 33 anni. Lui è un wagneriano. Ho avuto la sciatica e lui mi portava alla Scala tutte le volte. In loggione, lo sa? Poi mi riportava a casa. Abbiamo visto sette recite del Tristano e Isotta. Sono stata anche a Bayreuth. Eravamo in tre, ma avevamo un biglietto solo. Allora abbiamo visto un atto per ciascuno. Lì si usa così.

Dopo la Scala dove ha lavorato?
A Casa Ricordi. Sono così arrabbiata che non ci sia più. Duecento anni fa hanno fatto una cosa bellissima: Rossini, Verdi, Wagner, Puccini, Donizetti, Bellini. Ora nulla, è tutto scomparso. Ma che roba…

Ha sempre vissuto a Milano?
A un certo punto ero tornata anche a Saronno, però mi mancava la città allora ho preso una piccola casa vicino alla stazione. Poi però me l’hanno buttata giù per costruire dei palazzi. Avevo quasi ottant’anni e quindi mi sono detta: «Che cosa faccio?». Ho fatto domanda per venire qui a Casa Verdi. Sono qui da 15 anni e sto benissimo.

Dove andava la sera a bere?
Mi piaceva andare al Camparino in galleria Vittorio Emanuele, dove incontravo i colleghi di teatro e gli amici, e potevo trascorrere il tempo a parlare di musica e delle nostre passioni.

L'ingresso del Camparino in Galleria negli anni 50
L’ingresso del Camparino in Galleria negli anni 5o

Un ristorante?
Amavo moltissimo il Salotto, sempre in Galleria, per gli ottimi risotti di Mario.

Cosa mi racconta di Luchino Visconti?
È stato un grande regista, ma soprattutto era molto fine e paziente. Una persona fantastica. Luchino Visconti sapeva quello che voleva, era serio. L’ha voluta lui la Callas, lo sa? Quindi anche lui ha cambiato la mia vita. Quante Annine ci sono state nella storia? Sono proprio una persona fortunata. Se sono conosciuta nella storia del teatro è per la Callas.

Luchino Visconti, che nel '56 affida a Lucia Mandelli il ruolo di Annina nella sua Traviata
Luchino Visconti, che nel ’56 affida a Lucia Mandelli il ruolo di Annina nella sua Traviata

Ricorda altre opere della Callas?
Ma certo, ricordo la sua Violetta e poi l’Anna Bolena, la Vestale, la Medea, fantastica e poi la Norma. Era un’attrice, non solo una grande cantante. Fantastica. Lei entrava nella parte.

Quella Traviata del 1956 fu famosa anche per l’avvicendamento tra Victor De Sabata e Carlo Maria Giulini
De Sabata era un uomo austero, sapeva quello che voleva, ma metteva in soggezione. Carlo Maria Giulini era una persona meravigliosa, direi spirituale e quasi angelica, di quel tipo di persone per cui forse il teatro non è nemmeno adatto. Era troppo buono in mezzo a tutte quelle vipere.

Ha mai visto Guido Cantelli?
Si certo, alla Scala, però solo in un concerto. Poi ho visto Toscanini. Era la prova generale della Vestale. Mah, secondo me, quel Toscanini lì era un po’ un tipo strano…

Cosa pensa del teatro oggi?
Le cose sono cambiate: ci vuole più rispetto, bisogna amare davvero la musica. Una volta non s’improvvisava niente, si cresceva nell’ambiente. Adesso vedo cose che non mi piacciono. La Traviata di due anni fa, quella di quel russo, l’ho contestata. La mia Annina era vestita da prostituta. Ma come si fa? Anche il Ballo in maschera di Michieletto. Oh ma non è possibile, vergognoso per la regia. Sono io che ho buttato giù i bigliettini dal loggione. Non me ne vergogno. Lo scriva!

La Traviata di Dimitri Tcherniakov, con Annina vestita da prostituta
La Traviata di Dimitri Tcherniakov, con Annina vestita da prostituta

Certo che lo scrivo…
Posso raccontarle una cosa? Insomma qui cambiano troppe cose quando è meglio lasciare tutto com’era. Ho paura di queste novità. L’altro giorno stavo andando alla Scala per prendere alcune foto e allora sono entrata in un portone laterale e ho visto che era tutto cambiato. Mi sono arrabbiata tantissimo. Ho chiesto cosa fosse successo: «Ma insomma!». Per fortuna avevo sbagliato portone. Non era la Scala: meno male…

Che cosa pensa di Daniel Barenboim?
Senta, qui non capiscono niente. Tutti a dire che non era bravo e che invece era meglio Muti. Invece è un magnifico direttore. Non lo dico perché mi ha chiamato. A certi maestri di oggi basterebbe somigliare all’unghia di Daniel Barenboim per essere meglio di quello che sono. Guarda qui che bella lettera che mi ha scritto. Sarà bello a Berlino; quando ci vado lo abbraccio. Stavolta lo abbraccio per davvero.

Daniel Barenboim durante un concerto nel 2007 a Salisburgo
Daniel Barenboim durante un concerto nel 2007 a Salisburgo

Che vestito le daranno?
Purtroppo moderno. Non posso farci proprio niente…

Le capita di andare al ristorante?
Alla mia età non esco più. Però, certo, mi piace mangiare, ma solo le cose buone. Sono difficile, lo sono sempre stata. Nel letto e nel piatto. Il mio piatto preferito resta sempre il risotto, però oggi ci mettono troppe cose. Per me il risotto va fatto con i piselli, oppure coi funghi, oppure con niente. Basta. Poi mi piacciono tanto le alborelle fritte. Peccato non si trovino più. Un giorno voglio andare di nuovo all’Isola dei Pescatori a mangiare il pesce fritto come lo fanno lì.

Come si mangia qui?
Senta, alla mia età non ho più tanto appetito. Vede quella foto con Franco Zeffirelli? Vede come ero grassa? Adesso mangio poco. A volte solo tre michette, perché quelle mi piacciono tanto. A volte vorrei cucinare i finocchi fatti col soffritto, ben rosati con quella bella bruciatura e la loro acqua. Comunque se devo scegliere mi piace mangiare la minestra, la polenta e il merluzzo. Poi anche le patate in insalata col prezzemolo. Però bisogna lasciarle lì almeno un giorno, invece qui hanno troppa fretta.

Non abbiamo parlato di Verdi
Le dico una cosa: da bambina ero entusiasta di Giuseppe Verdi, mi metteva una gioia addosso che non so dirle. Una grande passione. Il Macbeth lo adoro e poi il Simon Boccanegra, il Don Carlos, Aida, la Messa da Requiem. Sono andata anche a Roncole a vedere casa sua.

https://www.youtube.com/watch?v=DY3YANFxpOM

È vero che l’ha visto?
Sì, posso dire di averlo incontrato. Era il 1951 quando hanno aperto la cripta e allora ho visto bene, perché c’è un vetro proprio sopra la faccia ed era proprio come addormentato. Tutto uguale, lo sa? Sono proprio felice di stare qua e vivere accanto a lui, che insieme a Richard Wagner è il mio compositore preferito.

Come vuole essere ricordata?
Ma guardi, io proprio niente. Bisogna invece ricordare la Callas. Avrò ottenuto ottomila firme nel 1994 e siamo riusciti a fare il Largo Maria Callas. Un successo. Guardi qua la foto. Bella, neh? Pensi che la Callas ha fatto 595 rappresentazioni, insomma possiamo dire 600 in pratica. Eh sì…

Che cosa le piace della città?
Milano mi è sempre piaciuta, mi piace andare in giro. In galleria, dappertutto. A piedi. Poi mi piace anche andare altrove. Prendo il treno. Arrivo, mi mangio un panino, vedo come sono le cose e torno indietro.

Possiamo fare una foto proprio qui, davanti all’immagine con la dedica della Callas?
Certo. Non vedo l’ora che arrivi Berlino. Ecco Maria. Vede? La penso sempre. Andrà bene. Sarà lei a proteggermi dal cielo. Andrà bene…

Cosa fa stasera?
Adesso esco, vado al supermercato. Devo comprare le calze.