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Pao

Lo street artist noto per avere trasformato i panettoni di Milano in pinguini presenta un cortometraggio a Piazza dei Mercanti

Scritto da Rossella Farinotti il 18 novembre 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Raccontare Milano attraverso dei personaggi chiave che ne hanno fatto la storia. E farlo attraverso una narrazione divertente, fluida e che interessi agli adulti e ai bambini. La Camera di Commercio di Milano, attraverso il suo ramo del Centro per la Cultura d’Impresa, Fondazione Cariplo e la privata Showreel, hanno chiamato Pao per questo racconto. L’artista che tutti conosciamo da almeno dieci anni per i “panettoni” sulle strade ridipinte come pinguini, per la piazza Cesariano che, grazie all’artista e agli abitanti della zona, è stata restaurata dopo un intervento di cancellazione da parte del Comune; per il mitico “Spank” in via Sarpi o Snoopy che pisola sopra la cassetta dell’Enel, a pochi metri del mitico dragone cinese di via Canonica; per i muri in Bovisa o quello alla Fabbrica del Vapore, o, ancora per i fiorelloni colorati all’Isola, la sua “guerrilla gardening”. Paolo Bordino – è questo il suo vero nome – è uno “storico”, seppur giovane, street artist milanese, che, oltre a dipingere per le strade delle città, in particolare la sua Milano, è anche un super papà e un artista che da tempo si destreggia tra i muri e le istituzioni italiane.

La Majala desnuda, Goya
La Majala desnuda, Goya

ZERO: Paolo, se non ti avessi incontrato davanti alla scuola elementare dei tuoi figli mentre prendevo Nina, la mia nipotina, non avrei saputo in anticipo di questo ultimo progetto che stai realizzando e che presenterai tra poco, venerdì 18 ottobre. È un progetto nuovo per te perché si tratta di un film d’animazione, giusto? È un nuovo mezzo per te? Come hai deciso di sviluppare le tue figure in questo caso? Perché credi abbiano contattato proprio te?
PAO: Si tratta di un cortometraggio di 10 minuti, diviso in 7 storie ognuna legata ad un palazzo di Piazza Mercanti, in cui mescolo scenografie fotografiche all’animazione. Narro la storia di Milano attraverso i personaggi ridisegnati da me e con la presenza di una simpatica Scrofa semilanuta che è il mito fondativo di Milano. È un esperienza completamente nuova, mi era già capitato di realizzare dei brevi video mixando la pittura su muro con l’animazione passo uno, ma mai avevo affrontato un progetto così ampio e complesso. È stata una sfida difficile in cui ho imparato tantissimo, ho scoperto come il video sia sostanzialmente un lavoro di squadra, da solo non ce l’avrei mai fatta e devo ringraziare tutti i collaboratori per l’impegno che ci hanno messo. Ho imparato tanto della storia di Milano ed è entusiasmante conoscere la propria storia, si scopre come spesso essa si ripete. Il progetto è partito un anno fa con le prime idee, ho dovuto trovare un modo nuovo di disegnare perché i miei personaggi si adattassero al contesto.
L’idea del Centro per la Cultura di Impresa era quella di valorizzare la piazza più antica di Milano con un linguaggio contemporaneo che potesse essere interessante anche per i giovani. Volendo “far parlare” i muri della piazza, ecco l’idea di usare la street art come linguaggio e mi hanno coinvolto. Data l’impossibilità di intervenire sui muri, abbiamo avuto, insieme a Marco Negroni curatore del progetto, l’idea di utilizzare il linguaggio video, imbarcandoci in una nuova esperienza.

Panchina Limone

Sono felice di intervistarti su Zero perché, come sai, questo magazine è molto legato alla città di cui parla, in questo caso Milano. E quale personaggio migliore di te per raccontarci la città, partendo proprio dal tessuto urbano, dalle stradine, dalle zone che – ai tempi in cui tu e gli altri come Bros, Ivan, Sonda, Nais etc. – erano considerate “border” come la Bovisa, i navigli della circonvallazione, il Parco Lambro. Raccontaci del tuo rapporto con la città: come è iniziata la scelta delle zone? Perché hai deciso, ai tempi, di appropriarti di elementi di arredo urbano – come i panettoni? In quali zone andavi a dipingere? E la scelta dei tuoi temi, molto legati al mondo dell’infanzia?
Il mio è sempre stato un rapporto di odio-amore per Milano. 16 anni fa la trovavo opprimente e disumanizzante, proprio per questo intervenivo cercando di migliorarla a modo mio, colorando quegli angoli più grigi e tristi. Pian piano però l’amore sta prevalendo, io ho dato qualcosa alla città e lei mi ha ridato tantissimo, in termini di affetto delle persone e vita. La periferia è luogo interessante perché è dove si scontrano tendenze e realtà differenti e questo crea fermento e dinamismo. E’ come un laboratorio aperto, anche gli interventi non autorizzati vengono visti più di buon grado, se propositivi.
Mi è sempre piaciuto trasformare gli oggetti che si trovano in giro, più che fare murales o graffiti, dandogli un nuovo significato; l’apparizione di oggetti “alieni” nel contesto ordinario, provoca una sorta di corto circuito, la realtà può nascondere ancora aspetti per così dire “magici”. Ho sempre pensato alle mie “incursioni notturne” come degli atti di psico-magia, come direbbe Jodorowsky, degli atti privi di apparente logica, ma densi di significato in grado di modificare la realtà e provocare reazioni positive. La scelta di temi positivi e legati spesso al mondo dell’infanzia, sono venuti spontaneamente, il mondo è già di suo abbastanza corrotto per cui le scelte possibili per agire oggi sono due, denunci e combatti gli orrori del mondo, oppure provi a creare qualcosa di bello, che ci ricordi quanto di buono l’essere umano può fare.

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Una particolarità del tuo approccio nei confronti della street art, sin dai tempi in cui ci siamo conosciuti in cui lavoravo in Comune – mi pare sia stato proprio lì, quando lavoravo con l’assessore alla cultura e stavamo sviluppando il progetto con gli street artist milanesi – è che hai spesso interagito con le istituzioni. Sei sempre stato il più amato da queste infatti. Forse perché la tua pratica era più “educata” rispetto a quella più invasiva di altri, o, semplicemente, perché rispettavi certe regole e i tuoi disegni sono sempre stati capiti anche da un pubblico di bambini. Ci racconti di alcune collaborazioni che hai fatto? E come sono andate?
Sicuramente ho sempre lasciato aperta una porta al dialogo con le istituzioni. Fin dai tempi di De Corato, con il quale posso dire di avere le idee agli antipodi, ho pensato che il dialogo sia uno strumento più forte della contrapposizione a tutti i costi. In 16 anni la città si è trasformata ed è migliorata, anche il piccolo ambito della street art ha visto dei cambiamenti e da pratica avversa e osteggiata dalle istituzioni, viene oggi considerata una risorsa possibile per la città. Lavorare con il Comune non è quasi mai facile, sorgono problemi burocratici e difficoltà logoranti, i fondi sono risicati se non inesistenti, ma questo ha portato ad esempio a realizzare diversi murales imponenti, come la Fabbrica del Vapore, piazza Cardinal Ferrari, i ponti sul Naviglio Pavese. I finanziamenti privati ad oggi sono fondamentali per la cultura, ad esempio la fondazione Cariplo sponsorizza molti progetti culturali, senza i cui finanziamenti non verrebbero realizzati. E’ però importante ragionare sulle conseguenze che la privatizzazione della cultura provoca. Personalmente mi tengo la strada come possibilità di massima libertà, ma collaboro con le istituzioni quando i progetti sono seri e ben fatti.

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Un paio di anni fa il Comune, o l’Ansa, hanno ricoperto un pezzo noto: quello all’interno di piazza Cesariano. Tu hai mosso gli abitanti della zona, e i genitori soprattutto, e avete comprato materiali per ridipingerlo. Giusto?
Il muro era stato realizzato inizialmente nel 2001 con il contributo e l’aiuto degli abitanti della piazza. L’anno scorso l’associazione Retake ne aveva cancellato un pezzo, scatenando le reazioni indignate di alcuni genitori e poi sul web era successo il finimondo. Nonostante il muro inizialmente fosse stato realizzato senza autorizzazioni formali, il Comune stesso mi ha contattato per rifare la parte cancellata e restaurare il restante dipinto. Questo è quello che intendo quando parlavo di dialogo con le istituzioni, a volte le cose cambiano e migliorano.

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Abbiamo collaborato insieme solo una volta, per il Dragone di via Canonica, durante il mega progetto di Arte in Sarpi. Mi aveva colpito perché in quel caso erano stati proprio i cittadini e i negozianti della via – in particolare il signor Novetti della mitica erboristeria e lo Scaccabarozzi dell’Ottica, grandi sostenitori del progetto insieme al Gianni Berni – a chiedermi di contattare te. Ti capita di essere chiamato dai cittadini a realizzare un’opera?
Sì, mi capita spesso, anche in Sicilia quest’estate, dove ho vinto un bando per la realizzazione di un muro ero stato richiesto a gran voce dalla proprietaria dei muri. E’ molto bello, penso che la street art sia un’ arte pubblica e quindi è giusto che la cittadinanza capisca e apprezzi quanto venga realizzato. Se ancora mi cercano, vuol dire che ho seminato bene.

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Quali sono, secondo te, le opere più fighe che hai realizzato a Milano? Quelle che, quando ci passi davanti, ci fa dire “questo è un super Pao”?
Certe delle opere più belle non ci sono più, l’essere effimero fa parte della bellezza della street art. Tra quelle scomparse c’è la rotonda di 22 panettoni tutti dipinti in via Argelati ed il muro del bulk realizzato in combo con decine di artisti. Tra quegli recenti mi piace moltissimo il ponte sul naviglio Pavese, lato via Lagrange, che è un esplosione di colore e si vede da in fondo alla via.

Quali sono i luoghi che frequenti a Milano? Non per dipingere, questa volta, ma per andare a bere, a mangiare, a vedere i film – li vedi i film? Raccontaci la tua Milano, e gli amici che frequenti. E, poi non ti rompo più con le domande private ☺ ci sono dei posti che consigli tipo nel week end con la tua famiglia?
Sono molto legato a ChinaTown, è dove sono cresciuto e mantiene ancora quel meltin pot di culture che rendono una zona interessante, lì vicino a via Sarpi c’è piazza Cesariano, che si è riempita di localini interessanti ma alla mano. Dove entri caschi bene e più volte mi sono trovato a finire serata lì. Un altro posto lì in zona è il circolo Ex combattenti, dentro uno dei Bastioni di Porta Volta. Uno strano mix di Milano popolare e alternativa che a me piace molto. Altrimenti Isola, od infine il Leoncavallo, che rimane una certezza pur nella sua precarietà. Adesso avendo due figli, esco meno la sera e vedo un sacco di film di animazione in più, ma sono bravi e ci smezziamo la scelta delle mostre che andiamo a vedere: una volta Mucha a Palazzo Reale, l’altra la mostra sul Lego alla fabbrica del vapore.