Ad could not be loaded.

Piero Maranghi e Paolo Gavazzeni

Venerdì 7 ottobre al Teatro Coccia di Novara debutta l'Aida diretta da due milanesi doc, Piero Maranghi e Paolo Gavazzeni. Li abbiamo intervistati.

Scritto da Corrado Beldì il 6 ottobre 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Foto di Mario Finotti

Due milanesi doc alla conquista di Aida. Inaugura venerdì 7 ottobre al Teatro Coccia di Novara la prima regia di Piero Maranghi e Paolo Gavazzeni, strana coppia dell’opera che esordisce nel capolavoro di Verdi, in un teatro a due passi da Milano che in questi ultimi anni si è inventato molte produzioni (Dario Argento, Morgan, Simona Marchini) che hanno fatto parlare di sé. Zero li ha intervistati in tandem.

ZERO: Che Aida sarà?
PAOLO GAVAZZENI: Sarà un’Aida d’impostazione tradizionale vista con gli occhi del duemilasedici, con costumi certo ispirati all’antico Egitto ma scenografie più asciutte, dovrei dire minimaliste, anche se questo è un termine che non mi piace. Ci saranno poi i colori del deserto d’Egitto.
PIERO MARANGHI:Ci sarà una certa semplicità, direi una sobrietà dettata dal bisogno di interiorizzare i personaggi, di cercare un’aderenza più profonda ai sentimenti individuali.

Come vi siete conosciuti?
P.M.: Lavorando…
P.G.: Ventuno anni fa a Pesaro. C’era la Matilde di Shabran. Durante le prove il primo tenore stava male e fu sostituito al volo da un certo Juan Diego Flórez.

Perché avete scelto Novara per il vostro esordio insieme?
P.G.: Perché sono gli unici che ce l’hanno chiesto! Ahahaha.
P.M.: A Novara si possono fare cose importanti e in un clima positivo grazie all’approccio molto fattivo della sovrintendente Renata Rapetti, che sembra non avere alcuna inibizione. È la situazione ideale per lavorare in modo serio anche perché, ci tengo a dirlo, noi non amiamo le trovate.
P.G.: Qui possiamo cercare di raccontare la storia per davvero, per farla arrivare al pubblico in maniera sincera ovvero aderente al libretto.

A Novara si possono fare cose importanti e in un clima positivo grazie all’approccio molto fattivo della sovrintendente Renata Rapetti

Quando hai visto la tua prima Aida?
P.M.: Tardi! Nel 2006 alla Scala, quella di Franco Zeffirelli con le vasche d’oro! Ahahaha! Qui non voglio dire nulla di male su Zeffirelli, intendiamoci. Lui resta un grande maestro
P.G.: La prima Aida la vidi da bambino ma non mi ricordo più niente. Ricordo invece quella di Zeffirelli e Lila de Nobili, la versione del 1963, diversa da quella che ha visto Piero. La vidi per la prima volta a Tel Aviv!

Perché v’interessa la regia d’opera?
P.M.: M’interessa perché l’opera è l’arte più complessa che esista: musica, cantanti, coro, ballo, luci, costumi, scenografie. Raggiungere la perfezione è quasi impossibile ma quando si raggiunge l’equilibrio, allora l’opera diventa un’arte sublime.
P.G.: Fare l’opera è interessante quando si riesce a mantenere e nutrire la forza che ha, per com’è stata scritta. Non amo le attualizzazioni! Non credo vadano stravolti contenuti e significati. L’opera deve essere fruibile nella sua originalità.

Quando si raggiunge l’equilibrio, allora l’opera diventa un’arte sublime

Chi è il vostro regista di riferimento?
P.G.: Giorgio Strehler!
P.M.: Strehler, senza dubbio. Se penso però ai registi del nostro tempo, direi Dimitri Tcherniakov. Poi devo dire che m’interessa molto il percorso evolutivo di Emma Dante.

Chi è il vostro compositore preferito?
P.G.: Giacomo Puccini!
P.M.: Una domanda difficile. Devo dirti che non smetto mai di pensare a Beethoven come il vero grande riferimento della musica.

Il vostro compositore contemporaneo preferito?
P.G.: Luca Francesconi!
P.M.: Fabio Nieder.

Chi è il direttore che amate di più?
P.M.: Senza dubbio Daniel Barenboim anche per il carattere, per l’umanità, per come suona il pianoforte e per le sue grandi doti personali.
P.G.: Io amo moltissimo Daniel Harding ma pensando all’Italia ovviamente rispondo Riccardo Chailly. Se però devo dirti chi è stato il mio preferito di sempre, allora rispondo mio nonno, Gian Andrea Gavazzeni.

Piero Maranghi e Daniel Barenboim
Piero Maranghi e Daniel Barenboim

Ascoltate anche altri generi musicali?
P.M.: Non ho dei generi preferiti. L’unica distinzione che faccio è tra la buona e la cattiva musica. Quella buona la ascolto tutta. Da Ornella Vanoni ai Clash, da Lucio Dalla ai Pink Floyd, dai Who ai Doors e Paolo Conte…
P.G.: In verità mi piace molto la musica dei musical, per esempio amo molto Andrew Lloyd Webber. Per il resto, sono un nostalgico. Mi piace la musica italiana degli anni ’60: Gino Paoli, Mina…

Come si portano i giovani all’opera?
P.M.: Con la chiarezza, senza escamotage, senza abili trovate.
P.G.: I giovani devono scoprire l’opera per com’è stata concepita. Se raccontiamo un’opera scritta nel Settecento da Mozart, dobbiamo per forza essere aderenti al testo: se i protagonisti sono in jeans, molto probabilmente l’intreccio sarà poco comprensibile. Sarebbe come rileggere Orgoglio e Pregiudizio in abiti contemporanei: ridicolo…

Qual è il vostro sogno impossibile?
P.G.: Tornare a suonare il pianoforte come quando avevo diciassette anni.
P.M.: Senza dubbio, dirigere un’orchestra.

Che cosa farete da grandi?
P.M.: Finalmente andrò a letto presto.
P.G.: Niente, non so. Io sono già vecchio!

Dove andate la sera a divertirti?
P.G.: A casa degli amici e quando possibile nelle sale da concerto.
P.M.: Ovviamente Paolo intendeva a casa mia! Tra i posti del divertimento a Milano non posso dimenticare il Plastic del grande anfitrione Lucio Nisi, un posto dove i Pink Floyd andavano non per suonare ma per starci…

 In tandem
In tandem

Chi sono i vostri amici?
P.M.: Ovviamente Paolo Gavazzeni! Poi tantissimi altri amici miei coetanei ma ho sempre lasciato un posto privilegiato agli amici grandi, quelli che hanno tanto da insegnare, penso a Massimo Vitta Zelman, Pino Gavazzeni, Fabrizio Palenzona. Mi manca poi moltissimo Carlo d’Urso che ormai non è più tra noi.
P.G.: oltre a Piero, vanno citati Emanuele, Chiara, Michele e via…

Dove vi piace andare la sera a cena?
P.M.: Domanda tranello, sono in conflitto d’interessi (lo diciamo noi: Piero è socio de La Brisa, di Shion e de La cucina del Toro, NdR). Mi piace molto andare al Capriccio per il pesce è sempre cucinato in modo divertente e con grande fantasia. Poi vado spesso al Ratanà, mi metto al banco e Cesare Battisti mi prepara cose incredibili, il cuore di mucca, il polmone di fagiano e altre cose fantastiche.
P.G.: Vado spesso alla Nuova Arena perché, anche se arrivo ‪a mezzanotte‬ meno dieci, mi fanno degli ottimi spaghetti con il pomodoro.

Mi parlate di qualcuno che a Milano è troppo trascurato?
P.M.: Ci pensavo proprio l’altro giorno ascoltando Fulvio Irace, uno dei maggiori intellettuali del nostro tempo, purtroppo non abbastanza conosciuto.
P.G.: Penso spesso ai volontari che durante la notte, per le strade, danno da mangiare ai senzatetto.

Sparate il nome di qualche sopravvalutato a Milano, allora.
P.G. C’è sempre qualcuno che ha più successo di quello che merita, ma non dobbiamo mai dimenticare che alla base c’è sempre talento, ore di studio e tanti sacrifici.
P.M.: Un nome ce l’avrei anche, ma dopo quello che ha detto Paolo preferisco evitare…

Paolo Gavazzeni con Irina Lungu e Saimir Pirgu
Paolo Gavazzeni con Irina Lungu e Saimir Pirgu

Che cosa vi piace di Milano?
P.G.: Mi piace la Milano più nascosta, quella non ostentata, quella dei cortili nascosti dietro i portoni delle case.
P.M.: Mi piace Milano, sempre di più, perché è un luogo di grandi opportunità, una città che sa amplificare le azioni dei singoli e poi anche perché Milano, in questa fase, sta dimostrando grandi capacità di accoglienza.

Eppure ci sarà qualcosa da migliorare in città…
P.M.: Certamente! Vorrei meno auto e soprattutto, un PAC all’altezza del nome che porta.
P.G.: Vorrei una città con affitti meno costosi, come a Berlino, per attirare più giovani, non parlo solo di artisti ma anche di ricercatori in senso allargato: vorrei che Milano diventasse un polo di attrazione per chi vuole fare ricerca di ogni tipo.

Milano mi piace sempre di più, perché è un luogo di grandi opportunità, una città che sa amplificare le azioni dei singoli e sta dimostrando grandi capacità di accoglienza

Avete qualche hobby, oltre all’opera?
P.M.: La pesca. In mare, fiume, lago. Ovunque.
P.G.: Questo non si può dire…

Piero Maranghi e la palamita
Piero Maranghi e la palamita

Quale sarà la vostra prossima opera?
P.G.: L’Elisir d’amore!
P.M.: È lui il capo, quindi per me è ok!

Che cosa fate stasera?
P.G.: Facciamo le prove del coro
P.M.: Idem!

Avete qualcos’altro da dichiarare?
P.G.: C’è un senso di fiducia nel presente che mancava da moltissimo tempo.
P.M.: Sì! Vorrei dire che a Milano c’è proprio una bella aria. Milano è tornata grande. Anche Novara, dai!

Si ringrazia Alessandro Barbaglia per il tandem.