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Pietro Platania

Intervista con Pietro Platania, giovane chef di Banco, nuovo fast food bio ed eco friendly a Roma.

Scritto da Nicola Gerundino il 17 giugno 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Foto di Agnese Cornelio

Avete presente le piastre dove si cuociono normalmente gli hamburger e delle ore spese a pulire il grasso sulla piastra con una spatola per evitare che si bruci, guastando sapore e macchinario? Ecco, probabilmente tutto questo nel futuro non succederà più – o succederà molto meno. Ve ne accorgerete entrando da Banco, dove il concetto di fast food è stato incrociato a quello di “bio”, “km 0”, “riciclo”, “sostenibilità”, sia dei materiali che delle materie prime. Via il manzo, dentro verdure, carni bianche s succhi di frutta. A poche settimane dall’apertura di Banco, siamo andati a chiacchierare con il suo chef, che ci ha parlato della sua cucina, del suo lavoro e di Roma.

Zero: Iniziamo dalle presentazioni, come ti chiami e quando sei nato?

Pietro Platania: Pietro Platania e sono nato a Roma il 27 aprile del 1989.

Quando hai iniziato ad appassionarti alla cucina? È un’eredità di famiglia?

Sono l’ultimo di tre fratelli tutti nati e cresciuti a Roma, a Trastevere, in una casa attaccata al mercato rionale dove, oltre a noi cinque, venivano spesso a mangiare parenti, amici nostri o dei nostri genitori. Quindi la cucina e la tavola sono sempre stati il fulcro dell’attività domestica. A Natale, poi, col pesce era un pandemonio! Fantastico!

Ti ricordi il primo piatto che hai cucinato? Com’era?

Con mia madre da bambino abbiamo fatto dei biscotti di pasta frolla con la ricetta di un suo amico ristoratore che ce li offriva sempre a fine cena, appena sfornati da lui. Ovviamente mai all’altezza degli originali (ho scoperto anni dopo che mia madre riduceva di parecchio la quantità di burro), però squisiti e veramente divertenti da fare!

Quando hai capito che questa sarebbe stata la tua professione?

Durante il primo anno di architettura ho capito che col computer non andavo molto d’accordo e che la musica non mi avrebbe mai sfamato. Mi sono buttato in cucina per imparare e vedere di cosa si trattava veramente.

Hai seguito corsi o scuole?

Essendo bilingue (italiano e francese), dopo l’apprendistato a Roma ho avuto la grande fortuna di poter frequentare Le Cordon Bleu di Parigi e sarò sempre grato alla mia famiglia di avermi dato questa opportunità.
Le Cordon Bleu-Parigi
Che rapporto hai con la tradizione culinaria romana?

La nostra famiglia ha origini abbastanza variegate, ma la cucina di casa e sempre stata caratterizzata da tecniche e sapori freschi tipici del Sud Italia, con occasionali incursioni nella tradizione romana. Nostro padre si autoproclama uno specialista del pesce, ed effettivamente ci prende! Personalmente apprezzo molto tutta la cucina asiatica.

Ci puoi raccontare delle tue esperienze lavorative, fino all’ultima di Banco?

In base alla graduatoria degli esami del Cordon Bleu ho avuto il privilegio di poter fare uno stage nel ristorante tristellato dell’hotel Le Bristol a Parigi. Non potevo credere ai miei occhi! Vedere quel numero di persone con quella concentrazione e professionalità e stato illuminante! Poi, per amore, ho seguito la mia attuale compagna a Milano dove ho potuto accedere all’autentica cucina italiana del Il Luogo di Aimo e Nadia (2 stelle) dove, malgrado i pochi mesi di stage, Alessandro Negrini e Fabio Pisani, raccogliendo egregiamente l’eredità di Aimo Moroni, sono stati forse coloro che mi hanno insegnato maggiormente l’amore per la cucina e tra varie peripezie ci siamo fatti davvero tante risate. Subito dopo sono entrato al Joia (1 stella) da Pietro Leemann per un anno veramente stimolante che mi ha arricchito, ispirato moltissimo e insegnato ad applicare la trasversalità nozionistica in cucina e non solo. Ultimi dodici mesi di grandi soddisfazioni a Milano da Andrea Aprea (1 stella arrivata dopo 4 mesi) all’hotel Park Hyatt, seguiti poi dal trasferimento a Roma, inframmezzato da un exchange da Chez Panisse, lo storico ristorante di Alice Waters a san Francisco (Berkeley)

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Banco, invece, come e quando nasce? Che idea di cucina e di ristorazione avete voluto dare a questo locale?

Siamo aperti da un mese circa ma l’idea di banco nasce l’anno scorso dalla volontà di creare qualcosa di nuovo e realmente contemporaneo. Rivoluzionare il fast food mantenendone la grammatica pop e fruibile, creare una piattaforma di sensibilizzazione ai temi della nutrizione e della sostenibilità ambientale in una chiave allegra e senza proselitismi. Insieme a mio fratello maggiore Paolo e Richard Ercolani (fondatori di Superegg), abbiamo cercato di mutuare questa offerta pop e concettualmente familiare a tutti con dei contenuti alimentari totalmente sani e bilanciati, di ricerca e qualità della filiera a 360°, la cui fruizione sia però facilmente inseribile nell’attuale quotidianità del vivere nelle capitali europee. Da qui quindi la volontà di puntare molto sul take away (con packaging 100% compostabile) e il progetto di partire quanto prima con un servizio di delivery in bicicletta e un menu specificatamente dedicato ai bambini. L’anima della cucina di Banco è totalmente artigianale e non solo: realizziamo tutto (o quasi) in casa, ma non escludiamo in futuro qualche prodotto a marchio e di partire con progetti di didattica e informazione. E altre idee che sono già in cantiere!
banco-roma
Cosa consiglieresti di provare a chi viene per la prima volta?

Considerando che i menu sono stati sviluppati con la consulenza di un nutrizionista esperto e che cambiano ogni stagione, direi di affidarvi al vostro gusto del momento, sebbene sia particolarmente contento del lavoro svolto sulle farine dei chapati di farro per i nostri rolls (una sorta di wrap generosamente farcito in mille modi) e della nostra versione del sundae (mousse di ricotta biologica) con salse e topping home made a scelta! Con il caldo in arrivo, insalatone ricche e piene di erbe aromatiche insieme a varie zuppe fredde saranno una buona alternativa ai classici burger, sandwiche, nuggets o patate. Assolutamente da provare gli estratti del giorno: non credo berrete più una centrifuga tradizionale dopo!

Allargando la discussione un po’ alla città: com’è lavorare nella ristorazione a Roma?

Non posso dire di avere grande esperienza su Roma, ma grazie alla posizione (Piramide) e soprattutto alla taglia ristretta di Banco abbiamo uno scambio quotidiano diretto con una moltitudine di clienti totalmente eterogenea ed è molto interessante osservare e imparare dalle varie interazioni. Geograficamente come città siamo estremamente privilegiati a livello di natura e abbiamo accesso a prodotti eccellenti da tutto il Lazio, con una grande varietà e qualità diffusa. Avendo lavorato di base a Parigi e a Milano, di Roma adoro il calore e la confidenza con cui ci si rapporta all’interno del settore, sia con i clienti sempre molto entusiasti e desiderosi di dire la loro, sia con i fornitori o i produttori.

Al momento quello della ristorazione qui a Roma è un settore fiorente: come ti spieghi questo trend molto positivo? Pensi che l’offerta stia andando verso una saturazione o ci sono ancora margini?

E una città incredibile per una serie di aspetti, chiunque venga da fuori ne rimane folgorato e inevitabilmente la ristorazione asseconda questa direzione. Spero che in futuro vedremo più realtà che punteranno a un consumo consapevole.

Un cosa che consiglieresti alla città, sempre in termini di ristorazione, per continuare a crescere in maniera positiva?

Mon mi sento nella posizione di dare consigli, forse l’unica cosa che mi verrebbe da dire e che investendo in direzione green difficilmente sbagli.

Una cosa che invece non vorresti più vedere?

I posti truffa-turisti in Centro. Una sconfitta deprimente per tutti.

I ristoranti di Roma che, ugualmente, sono per te una vera e propria istituzione?

Non mi sono mai trovato a mangiare in nessun ristorante famoso per la sua cucina su Roma, quindi sinceramente non posso avere un parere valido su questo. Tendiamo piuttosto a fare delle piccole cene a casa oppure, se usciamo, preferiamo andare a trovare qualche amico cuoco a lavoro. Però se qualcuno volesse offrirmi una cena al Pagliaccio di Anthony Genovese non mi offenderei!
Roma-Anthony Genovese-Il Pagliaccio
Dove ti piace andare a Roma quando non sei al lavoro?

Senza alcun dubbio il mio posto preferito in assoluto della città di giorno è l’Orto Botanico di Roma, che rimane la mia sfera di pace assoluta, sia da solo sia in compagnia. È un vero peccato che difficilmente ci si incontrino giovani romani al contrario dei nostri coetanei stranieri (con tesserino universitario ingresso gratuito) e tento sempre di farlo scoprire a chi non c’è mai stato. Per contrappunto cito assolutamente Ultrasuoni Records, ottimo negozio di dischi (soprattutto musica elettronica, annesso allo Städlin, bar con piccolo club fondato da ottimi amici che stanno facendo un bel lavoro per promuovere la cultura del vinile e portare a Roma alcuni live o dj set veramente interessanti.
Stadlin-Roma

Il tuo scorcio preferito della città?

Forse la vista all’alba dalla terrazza di San Pietro in Montorio.
San Pietro in Montorio-Roma

Il piatto che preferisci cucinare?

Mi diverte molto fare i risotti perché li devi curare costantemente e con delicatezza, ma anche mantecare bene un piatto di pastasciutta al dente in una padella ampia dà le sue soddisfazioni.

Quello che preferisci mangiare?

Sicuramente un bel piatto di buoni spaghetti spessi aglio olio e peperoncino, con pochissimi pomodoretti appena scottati e sporcato con un velo impercettibile di prezzemolo. Ovviamente la qualità degli ingredienti qui è vitale. Sono partiti innumerevoli contest goliardici tra colleghi ed è incredibile notare come ognuno tiri fuori un risultato diverso, ma sempre buono per le sue peculiarità. Il migliore della mia vita è stato e rimane quello di un caro amico che lavora come skipper con le barche, neanche un cuoco!

Tra supplì e filetto di baccalà che preferisci?

Diciamo che dai vari viaggi in Sicilia ho imparato ad amare le arancine e quindi ho avuto più facilità a trovare buoni supplì, però il filetto di baccalà, se fatto bene, è veramente speciale. In verità, però, amo tra tutti i fiori di zucca fritti!

E nello street food in generale, qual’è il vincitore? La pietanza più buona che hai mai assaggiato?

Non potrei mai sceglierne una sola perché ognuna è legata ad un particolare ricordo o emozione di quel momento, però sicuramente la festa di assaggi dei vari mercati di Palermo rimane indelebile (ci vado ogni anno) anche se purtroppo non ho avuto ancora la possibilità di girare l’Asia, che è il mio sogno!

Cosa non deve mancare mai nella tua cucina?

La buona musica, il sorriso e l’assoluta concentrazione e dedizione ma soprattutto tante erbe aromatiche, verdure colorate e diverse scelte di ottimo olio extravergine di oliva!