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Valerio Carocci

Nei tre anni di attività del Cinema America Occupato abbiamo trovato sempre lui in prima fila, che si trattasse di organizzare una proiezione o leggere un documento in pubblico. In questi giorni che Roma torna ad essere capitale del cinema, abbiamo deciso di intervistare Valerio Carocci.

Scritto da Nicola Gerundino il 14 ottobre 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Foto di Cinema America Occupato

Nella sala dell’America Occupato c’era un bella e lunga infografica – la trovate ancora sul sito – in cui veniva ripercorsa la sua storia incrociando più piani narrativi: quello dell’edificio, che nasce a metà degli anni 20 come Teatro Lamarmora, poi come Cinema America nel 1956; quello dell’architetto Angelo di Castro che ne progetta la ricostruzione e riconversione; quello delle altre sale storiche di Roma; quelli di Leonicllo e Anna Maria Sforza Cesarini che realizzarono alcuni elementi decorativi dell’America. Una storia secolare terminata, come per molti

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Un vecchio schizzo di progettazione al momento della ristrutturazione negli anni 50.
altri edifici culturali, con un periodo di decadenza e di abbandono. Quando, nel 2012, stanno per iniziare dei lavori che ne cambierebbero per sempre la destinazione d’uso (in appartamenti), lo spazio dell’America incrocia una mobilitazione di giovani del I Muncipio che coinvolge anche l’intero quartiere. Si arriva così all’occupazione, che durerà circa due anni. Di pochi giorni fa è invece la notizia della bocciatura da parte del Tar del ricorso firmato Progetto 1 Srl – la società che voleva ricavare dal Cinema America degli appartamenti – in cui si fa valere il doppio vincolo di tutela posto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Quello che è successo nel mezzo, è una storia fatta di innumerevoli proiezioni, incontri, dibattiti, sale e piazze piene, rivelando un’insospettata fame di cinema della città. Visto che in questi giorni Roma si appresta ad ospitare la Festa del Cinema – anch’essa progressivamente abbandonata e decaduta – e vista la concomitante sentenza di cui sopra, abbiamo deciso di fare due chiacchiere con Valerio Carocci, occupante “factotum” che sin dalla primissima ora ha aggiornato la redazione di Zero su tutte le attività dell’America Occupato.

Zero: Iniziamo dalle presentazioni
Valerio Carocci: Valerio Giuseppe Carocci, nato a Roma il 05/11/1991.

Quale è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Non ricordo il primo momento in cui sono andato al cinema, ma ricordo che mio nonno mi portava al Cinema dei Piccoli di Villa Borghese.

Ti ricordi quando il cinema è diventato una tua passione?
A dirla tutta, non abbiamo occupato il Cinema America perché fossimo cinefili o studenti di cinema, bensì per salvare uno spazio sociale e culturale dalla demolizione. Sono diventato ora un amante della cinematografia e dei cinematografi, ma grazie solo ed esclusivamente al percorso di attivazione antagonista avuto con l’esperienza della gestione dell’America.

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Dibattito in piazza con Virzì, Scola, Verdone e Bruni tra i partecipanti

In che quartiere di Roma sei nato? Quali sono – o quali erano – i cinema del tuo quartiere?
Sono nato a Colli Aniene, c’era un cinema fino a pochi anni fa, il Tristar. Uno ci stava e uno ha chiuso. Andavo spesso al Jolly, ora tento di frequentarli tutti per verificare il pubblico, le tecniche, la qualità di proiezione, insomma per conoscere chi va al cinema e come si gestisce in altre zone di Roma l’esercizio cinematografico.

Ci puoi raccontare in breve la storia del Cinema America Occupato? Quando avete deciso di occuparlo e perché?
Abbiamo deciso di occupare il Cinema per salvarlo dalla demolizione il 13 novembre 2012, il processo collettivo che ha portato all’atto dell’occupazione è stato partecipato tra studenti medi e universitari. Abbiamo scelto Trastevere perché era un punto d’unione, frequentato da ogni tipo di nostro coetaneo.

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Un’istantanea dal primo giorno di occupazione.

Da quanti anni era in disuso prima dell’occupazione?
14.

Com’era la vita quotidiana dell’America Occupato?
Vivevamo e autogestivamo il cinema: era casa e lavoro, voglia di cambiare in meglio un Rione e un Città. Turni, pranzi collettivi, assemblee giornaliere e gruppi di lavoro. Un laboratorio h24.

Qual’è stata, invece, la dinamica dello sgombero? Secondo te ci sono state altre motivazioni oltre quelle ufficiali?
No, la proprietà ha richiesto uno sgombero nelle sue disponibilità di proprietà privata e il Comune non ha mediato in nessun modo. Avrebbe potuto, ma hanno preferito astenersi dalla “discussione”.

Com’è stata la risposta del quartiere all’occupazione?
La più positiva e travolgente esperienza della mia vita.

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Una partecipata assemblea di piazza a seguito dell sgombero del settembre 2014.

Tra i tanti eventi svolti nell’America Occupato ce n’è uno a cui sei particolarmente legato?
La proiezione di “Caro Diario” con Nanni Moretti: la sala era esplosa di persone. E naturalmente le proiezioni delle partite della Roma.

Oltre Moretti, l’America Occupato ricevuto la solidarietà di tantissimi altri registi e attori, con i quali avete organizzato anche diverse proiezioni: immaginavate tutto questo sostegno? C’è qualcuno che non avreste pensato di ritrovare tra i sostenitori?

Inizialmente no, ma dopo l’ingresso in sala già di Paolo Sorrentino, Moretti e Verdone abbiamo appreso le potenzialità e la viralità di quello che stava per accadere.

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Paolo Sorrentino introduce la proiezione de “La dolce vita” di Fellini.

A un certo punto è arrivato anche l’interesse di Franceschini e del Ministero: cosa aveva prospettato? Ci sono stati passi in avanti?
Il Cinema ora è tutelato come bene d’interesse culturale, purtroppo più di questo il Ministro non può fare. Franceschini si è attivato in seguito alla richiesta formale di tutela pervenutagli dalla Regione Lazio e da tutti i comitati rionali di Trastevere.

Che cosa sta succedendo alla Roma del cinema secondo te? Perché chiudono tutte queste sale e quelle storiche, come l’America l’Avorio o l’Impero o lo stesso Cinema Palazzo, non ricevono attenzione e sostegno?
Gli esercenti e proprietari delle sale spesso preferiscono convertirle per avere una maggiore rendita e, nello stesso tempo, i multiplex hanno stravolto l’assetto culturale della città. In generale, poi, è cambiato soprattutto l’approccio alla cultura del romano e italiano medio.

C’è un modo per salvare questi stabili?
Non bisogna partire dalla volontà di salvare gli stabili, ma da quella di creare un nuovo pubblico, dimostrando la richiesta si potrà avanzare la proposta di riaprire le sale.

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Piazza San Cosimato gremita durante una delle proiezioni estive curate dal Cinema America Occupato.

Sei ottimista o pessimista sul futuro di Roma come città del cinema?
Pessimista, quest’amministrazione non sta facendo nulla per la cultura a Roma.

Nei prossimi giorni a Roma ci sarà la Festa del cinema: che ne pensi di questo evento? Farete qualcosa come Cinema America durante il Festival?
Credo nel lavoro della Presidente Detassis, l’ho conosciuta personalmente e la stimo. Collaboreremo nei prossimi mesi con un progetto di cui non posso anticipare nulla, ma sarà un progetto in linea con gli Schermi Pirata.

Questa estate avete riempito quasi tutte le sere piazza San Cosimato e a settembre anche il drive in di Casal Palocco: ci potete raccontare in breve queste due esperienze?
Posso semplicemente dire che è stato bellissimo vedere le piazze piene: se vogliamo pensare di salvare Roma e la sua attività culturale possiamo farlo solo riempiendo le piazze. Ci siamo emozionati nel leggere i libri di Nicolini e sapere che qualcuno prima di noi aveva avuto la nostra stessa intuizione. Bisogna ripartire dalle sue parole, renderle ancor più attuali e invadere la città. L’affetto maggiore va alle signore anziane e ai bambini seduti per terra o sulle proprie sedie che ogni sera hanno invaso San Cosimato.

Il tuo film peferito?
Brutti, Sporchi e Cattivi di Ettore Scola.

Il tuo regista preferito?
Ettore Scola.

Chi vorresti invitare a una proiezione dell’America Occupato?
Avrei voluto invitare Claudio Caligari, ma purtroppo non c’è stata occasione.

Claudio Caligari e Valerio Mastandrea durante le riprese di "Non essere cattivo", poco prima della scomparsa del regista.
Claudio Caligari e Valerio Mastandrea durante le riprese di “Non essere cattivo”, poco prima della scomparsa del regista.

Che film vorresti proiettare prima o poi?
“La città incantata” di Miyazaki.

C’è un bar o ristorante di Roma che ti piace frequentare quando non sei impegnato con le attività dell’America?
Si, il Big Star in Via Mameli, accanto alla nostra nuova sede.

C’è un cinema di Roma dove ri piacerebbe realizzare una proiezione speciale?
L’unico cinema in cui desidero proiettare è l’America, lì non ho mai proiettato “Nuovo cinema paradiso”, ma verrà il giorno, è una promessa.

C’è un film che per te rappresenta Roma, in tutto e per tutto, nel bene e nel male?
Brutti, sporchi e cattivi!