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Ennio Ruffolo

Il festival bolognese di arti performative cambia casa e forma, guardando alla città metropolitana.

Scritto da Salvatore Papa il 29 giugno 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

PerAspera, il Festival di Arti Performative, saluta la sontuosa residenza di Villa Mazzacorati che lo aveva visto nascere e crescere per muoversi tra luoghi “urbani” come il TPO in città e l’ex Hotel Pedretti a Casalecchio, e luoghi storici come Villa Smeraldi (San Marino di Bentivoglio) e la Rocca dei Bentivoglio (Valsamoggia, Bazzano). Artisti come Rotozaza dal Regno Unito, Macellerie Pasolini, Cadavre Exquis, Jacopo Jenna e Fabrizio Favale dall’Italia sono solo alcuni di quelli che andranno ad innestare le loro creazioni in questi luoghi.
Anche le date cambiano, spalmandosi a coprire buona parte di quella che si prospetta come una lunga estate calda. Ogni sera si può scegliere tra 4 tipi di performance diversi. Sembra troppo? Tranquilli ci sarà sempre un punto di ristoro dove sedersi a leggere il programma, confrontarsi con gli altri avventori e magari bersi pure una cosetta.

Ne abbiamo parlato con il direttore artistico Ennio Ruffolo.

Bye bye Villa Mazzacorati: che ricordi hai della vostra vecchia casa? 

Villa Mazzacorati è il luogo dove perAspera è nato, quindi tutti noi vi siamo molto legati. Un luogo che ha grandi potenzialità per le arti performative, che speriamo possano essere messe a frutto negli anni a venire, e noi avremmo già diverse idee in proposito. Dei diversi luoghi di Villa Mazzacorati che abbiamo abitato, dell’atmosfera decadente e forse proprio per questo contemporanea, ma anche delle persone che ne sono parte integrante (i custodi, ad esempio), portiamo con noi un meraviglioso ricordo.

villa-mazzacorati

Ci racconti qualcosa dei nuovi luoghi del festival?

Quando abbiamo pensato a nuovi luoghi da abitare, la nostra scelta è caduta su luoghi che volessero essere abitati. Le arti contemporanee agite sono da sempre difficili da vestire e hanno bisogno di protezione. Abbiamo scelto, anche per questa edizione, luoghi non soliti alle arti performative e che tuttavia sono ricchi di suggestioni per gli artisti che li abitano e per il pubblico. La scelta è caduta su due tipologie di luoghi: urbani (il TPO e Bologna e l’ex Hotel Pedretti a Casalecchio di Reno) e due luoghi storici (Villa Smeraldi a Bentivoglio e la rocca dei Bentivoglio a Bazzano).

Il festival si apre quest’anno alla “città metropolitana”. Ma, a prescindere dalle definizioni “geopolitiche”, qual è la tua idea di città metropolitana?

Città metropolitana è estensione del centro e, occupandoci di arti, l’estensione geografica si traduce immediatamente in estensione culturale. Non c’è nessuna differenza tra il centro di Bologna e gli altri luoghi che abbiamo individuato. Ci piace l’idea di un “unicum” territoriale costruito attraverso la cultura, in particolare contemporanea. Ci piace anche l’idea di uno spostamento fluido del pubblico attraverso i diversi punti della città metropolitana. Città metropolitana per noi è movimento, fluidità.

C’è un luogo che ti piacerebbe, ma non sei ancora riuscito a inserire nel festival?

Ci sono sempre luoghi che mi affascinano e credo che  le arti contemporanee possono abitare qualsiasi luogo. Da sempre perAspera lavora proprio nell’abitare i luoghi senza strutture aggiunte o palchi, il site specific costituisce circa il 70 per cento delle opere ospitate dal festival. Il restante 30% è composto di spettacoli che si adattano ai luoghi, esaltandoli. Il luogo – potenzialmente, qualsiasi luogo – diventa parte integrante del lavoro e possibile palcoscenico.

In locandina quest’anno avete un uomo-scimmia: perché?

La scimmia abita i luoghi di potere e spesso si incravatta. La scimmia guarda il nostro simbolo (un traliccio elettrico) riflettendo, a mani giunte. E si chiede se siamo possibili, noi artisti, in questo momento storico, con le nostre drammaturgie.

peraspera_bologna

perAspera è noto per averci fatto conoscere nuovi artisti: su chi dovremmo aprire gli occhi quest’anno?

La peculiarità di perAspera è individuare il fermento artistico, gruppi e soggetti non ancora conosciuti, da affiancare ad artisti che invece lo sono molto. Tutti quelli che per semplicità chiamiamo “nuovi” artisti sono stati selezionati per la facoltà che hanno di far aprire gli occhi. La gran parte dei nuovi artisti sempre con le dovute virgolette, è stata individuata tramite la open call. Da tre edizioni perAspera si è aperto al fermento, chiedendo l’invio di proposte. Abbiamo ricevuto per questa edizione 261 proposte da tutta Italia e anche dall’estero, in particolare dalla Spagna e dai paesi di lingua latina, per la danza.

Com’è messa secondo te la “scena” bolognese delle performing arts?

Bologna è una città che si lamenta, ma credo che possa farlo solo perché è l’eccellenza dell’arte performativa italiana. L’Emilia e la Romagna sono fucina di grandi stimoli e gli artisti nutrono in maniera eccellente le nuove idee.

Cosa fai a Bologna durante il resto dell’anno? Ci sono dei posti che frequenti e che consiglieresti per “prepararsi” a perAspera?

Il festival è un lavoro che dura un anno. Già da settembre cominciamo a mettere le basi dell’anno a venire. perAspera è una realtà che continua a svilupparsi. Ad esempio, durante l’anno, da ottobre a maggio, dà vita all’Accademia Invernale, laboratori di arte performativa (teatro, musica, danza). Da regista e drammaturgo, curo il laboratorio di teatro dell’Accademia Invernale di perAspera, e i lavori della compagnia Macellerie Pasolini.

Come la città ha influenzato perAspera?

perAspera è nato nel 2008 dall’esigenza dei gruppi artistici bolognesi di trovare una piattaforma di qualità in cui proporre i loro lavori, dal momento che i circuiti ufficiali erano e sono ancora saturi. In questo senso, Bologna ha influenzato la nascita di perAspera. Successivamente, si è creato un circolo virtuoso per cui l’esistenza di una piattaforma aperta di espressione ha incoraggiato molte realtà a continuare a produrre.

Hai mai pensato di trasferirti altrove?

Ci penso ogni giorno , e non è detto che non lo faccia. Amo i paesi che credono negli artisti e francamente l’Italia è all’ultimo posto in Europa, però poi devo dire che guardando in Europa molti festival mi rendo conto che in Italia siamo tra i più ricercatori di nuovi linguaggi e nuove modalità di espressione e mi dico: proprio vero che attraverso le asperità si arriva alle stelle.