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Andrea Caputo e Luca Martinazzoli

Per la design week inaugurano in via Ventura 6 e - finalmente - festeggiano l'arrivo dei celebri Picòs un po' più in là, al 15

Scritto da Lucia Tozzi il 30 gennaio 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Il 13 febbraio a Lambrate si è consumata un’incredibile festa di carnevale. SONIDO CLASSICS, Festival de Maquinas Musicales, è stato un evento costruito intorno alla ricerca pazzesca di Simone Bertuzzi di Invernomuto, aka Palm Wine, che inseguendo il filone dei sound systems è arrivato in una città colombiana, Barranquilla, centro di produzione e consumo di impressionanti casse dipinte con colori psichedelici, i Picòs. Se quello che avrebbe potuto essere un puro film-opera d’arte è diventato anche un festival carnacialesco con 15 enormi Picos prodotti e importati dalla Colombia, musica a palla e sballo, il merito è di un architetto ex-writer, Andrea Caputo, e di un manager coltissimo studioso di underground ed economia della cultura urbana, Luca Martinazzoli. Questi due personaggi, sempre in viaggio e perennemente in difetto di sonno, hanno rilevato insieme, meno di un anno fa, la galleria Plusdesign fondata a Lambrate da Lorenzo Rossi e Lilia Laghi. Da allora grazie a un programma di residenze hanno esposto e prodotto oggetti di cemento, schiume e legno progettate da designer-artisti di eccezionale talento, italiani e stranieri, tutti giovani. Non potevamo esimerci dall’incontrarli.

Un Picò colombiano
Un Picò colombiano

Zero: Plusdesign ha organizzato un gigantesco carnevale a Lambrate. Un’idea spaventosa e geniale, ci raccontate da dove è partita e come si è sviluppata?

Andrea Caputo e Luca Martinazzoli: È partita da Simone Bertuzzi di Invernomuto. Tirò fuori una immagine di Pico colombiani, grazie a lui siamo entrati in contatto con la scena locale a Nord della Colombia producendo un alto numero di sound sytems: macchine sonore costruite da artigiani esperti, simili a quelle Giamaicane ma identificate da una componente pittorica che le rende uniche e incredibili. A Barranquilla e Cartagena perseverano generazioni di pittori, DJ, MC, maestri del legno, a partire dagli anni ’70. Quasi ogni famiglia ha un Pico e tutti ballano in strada. Bertuzzi dice che ballano la ‘Champeta’ una danza ritmica a base di coltelli: si sfidano in una specie di battle urbana mimando un accoltellamento.
Per Plusdesign alcuni di questi artigiani hanno prodotto Picos di varie misure.

Picò in progress per Plusdesign
Picò in progress per Plusdesign

Com’è nata l’idea di riprendere e rifondare Plusdesign?
Volevamo formare una nuova crew su milano e rilevare Plusdesign ci è sembrata una buona opportunità. Per noi è rilevante individuare e supportare gruppi di persone accomunate dallo stesso spirito oppure con visioni opposte ma di forte attitudine.
Crew di scene locali o internazionali costituiscono la nostra tribù. La tribù è aperta e può gemellarsi ad altre tribù urbane e rurali. Picoteros colombiani, maestri dell’intarsio a Nagoya, scultori di marmo nel Pavese. L’insieme di tribù genera un collettivo nel quale vogliamo giocare un ruolo attivo e determinante: Plusdesign deve costituirsi quale punto di riferimento. Il collettivo è già di per sé una idea forte, una immagine con potenziale. Se il collettivo è unito e in costante contatto, può cambiare lo status quo. Cambiare lo status quo è quindi il nostro obbiettivo.

Un pezzo prodotto da Canedicoda per Plusdesign
Un pezzo prodotto da Canedicoda per Plusdesign

In questi mesi Plusdesign ha portato avanti un programma di residenze con Canedicoda, Duccio Maria Gambi, Lucas Muñoz. Come li avete scelti, e come pensate di proseguire?
Non abbiamo una idea di come andare avanti, teniamo come riferimento alcuni documenti quali la dichiarazione di intenti redatta da Lawrence Weiner nel ’68:

1. The artist may construct the piece
2. The piece may be fabricated
3. The piece need not to be build

Each being equal and consistent with the intent of the artist the decision as to condition rests with the receiver upon the occasion of receivership

La mostra di Lucas Munoz a Plusdesign, dicembre 2015
La mostra di Lucas Muñoz a Plusdesign, dicembre 2015

(Ad Andrea) Hai casa, studio e galleria a Lambrate, e prima per un paio di anni hai vissuto a via Cletto Arrighi, a pochi metri da dove abiti adesso. Mi descrivi la tua ossessione per questa zona che nel tuo libro All city writers battezzi l’”East End” di Milano?
Non è una vera e propria ossessione, a dire il vero sono capitato lì per caso. Senza conoscersi, io, Invernomuto, Lorenzo Senni e altri ci siamo trovati a condividere lo stesso tetto. L’area di Lambrate – intendo Rubattino, oltre la ferrovia – ha un enorme potenziale per via di una gentrificazione mancata, la crisi ha bloccato progetti ambiziosi su via Ventura e dintorni, e lo vedo come un fatto positivo: la ripartenza, già in atto, è più organica e meno vincolata al potenziale valore dei terreni. Il fuori salone è un punto a favore, ma anche un ostacolo perché chi ha immobili preferisce affittarli una settimana ed evita programmi sul lungo periodo, ostacolando l’arrivo di atelier o spazi commerciali a basso costo. Ma non escludo che una occupazione più o meno spontanea, in linea con Arrighi di qualche anno fa, possa innescare nuovi scenari per il quartiere. È poi urgente un nuovo epicentro che promuova l’autocostruzione di arte, design, architettura, moda con un ristorante aperto di notte e uno spazio per iniziative legate alla musica e alla danza.

Una serata Hundebiss negli scantinati dell'edificio di Via Cletto Arrighi, al Lambretto, occupato da Andrea Caputo, Invernomuto, Lorenzo Senni e altri qualche anno fa
Una serata Hundebiss negli scantinati dell’edificio di Via Cletto Arrighi, al Lambretto, occupato da Andrea Caputo, Invernomuto, Lorenzo Senni e altri qualche anno fa

(a Luca) Hai sempre unito la passione per la notte e la cultura underground ai tuoi studi di economia culturale e urbana. Quali sono stati i momenti più intensi? e i progetti più belli?
Qualche anno fa mi sono messo a fare una rivista. Si chiamava New Gentlemen’s Club. Eravamo io, Luca Legnani, il maestro Pipoli e il fotografo del cazzotto Fabio Paleari.
Provavamo a raccontare le perversioni erotiche, nostre e delle persone che ci stavano intorno. E ci siamo trovati a esplorare spazi domestici, e a volte urbani, eccitanti e disorientanti.
Ricordo un viaggio in Messico in cui ti sei unita anche tu. Ci eravamo invaghiti di una ragazza che era apparsa su un annuncio pubblicitario di American Apparel.
Ci siamo trovati schiacciati da Città del Messico.

Un numero di "New Gentlemen's Club"
Un numero di “New Gentlemen’s Club”

Dove andate a bere? E a mangiare? E a ballare? E chi incontrate?
Le nostre giornate finiscono abbastanza presto, per sfinimento. La notte ha perso completamente senso per noi.
Spendiamo molto tempo insieme all’alba, ma è molto difficile trovare compagnia o posti dove mangiare del cibo salato.

Mexico City - Foto Fabio Paleari
Mexico City – Foto Fabio Paleari

Cosa leggete?
Molto pulp. Ieri sera ho letto Miami Purity, una storiaccia di una tipa che lavora in una lavanderia di Miami e ammazza tutte le persone che finiscono a letto con lei.