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Valeria Bassetti

Il Martini Cocktail rende le persone migliori. E se lo dice lei c'è da fidarsi. Intervista a Valeria Bassetti.

Scritto da Nicola Gerundino il 7 luglio 2017
Aggiornato il 3 agosto 2017

Data di nascita

10 giugno 1975 (48 anni)

Luogo di nascita

Roma

Luogo di residenza

Roma

Ecco un altro shaker che ci ha fatto fare il giro di mezza Roma, andando negli anni a ritrovare le sue miscelazioni in tutti i banconi che l’hanno ospitata. Per anni è stato quello del Brancaleone – sì, c’erano dei cocktail seri da quelle parti – poi quello del Ratafià dietro Piazza Navona, poi, in ordine sparso, il Pastificio a San Lorenzo, l’Elefunk, Baccano a Fontana di Trevi e via discorrendo. Ora, di tanto in tanto, la casa dei cocktail di Valeria Bassetti è la Latteria Garbatella. Visto che le tappe sono state tante, è meglio farsele raccontare da lei in persona. Si consiglia di sorseggiare un Martini Cocktail durante la lettura di questa intervista per apprezzare a pieno tutti i passaggi.

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ZERO: Iniziamo dai primi passi. Ti ricordi quando e come hai iniziato ad appassionarti al mondo della miscelazione?
Valeria Bassetti: Ho iniziato 22 anni fa in un pub di Trastevere. C’erano solo pub in quel periodo a Roma e io lavoravo come semplice cameriera ai tavoli per pagarmi le continue trasferte a Londra e gli studi universitari. Una sera il barman del locale in cui mi trovavo si è infortunato e mi sono dovuta improvvisare al suo posto. Rum & Cola. Se ragioniamo in termini di storia della miscelazione nella Capitale è come se parlassimo di Età del Bronzo. Il barman in questione era un ragazzo egiziano bellissimo, che aveva lavorato sulle navi da crociera e parlava perfettamente quattro lingue. Ancora ho il dubbio che quella sera abbia finto di farsi male per mettermi alla prova..

C’è stato un qualcosa ha fatto scattare questa passione?
Il locale che ha acceso in me il sacro fuoco – come amo chiamare questa insana passione – è stato sicuramente il Brancaleone, storico club e centro sociale della Capitale. Il cocktail al quale sono da sempre affezionata è il Sex on the Beach: provo ancora tenerezza se lo vedo scritto nei menù! La ricetta che più mi ha dato soddisfazioni in quegli anni è stata quella del Mai Tai, il rum era sicuramente lo spirito più in voga a quei tempi.

Chi sono stati i tuoi maestri, da chi hai “rubato” i trucchi passione del mestiere?
I miei maestri o guide ispiratrici sono tutt’ora persone e colleghi con le quali un confronto è d’obbligo.Massimo D’Addezio, Leonardo Leuci, Domenico Maura e negli ultimi anni Emanuele Broccatelli. Ho sempre preferito chiedere e approfondire piuttosto che rubare, come si dice, con gli occhi: per apprendere e rielaborare devo prima di tutto scendere in profondità e comprendere pienamente la necessità di un gesto, si una tecnica, di una scelta. Quello che davvero non manca a nessuno dei miei maestri è la dialettica e la capacità di interpretare questo nostro mondo in maniera poetica.

Valeria Bassetti.
Valeria Bassetti.

Qual è la cosa più insegnamento più importante che hai avuto?
Noi serviamo senza essere servili. Citazione di Massimo D’Addezio.

Il primo bar in cui hai lavorato e il primo cocktail che hai fatto, te li ricordi?
Ricordo il primo bar del quale sono stata responsabile: La Terrazza di Angelina a Testaccio, durante gli aperitivi del giovedì. Una location splendida alle spalle del Monte dei Cocci. E mi ricordo i 375 Mojito serviti il giorno dell’inaugurazione: mi stanca solo pensarci adesso! Prendo lo spunto per una riflessione:in quegli anni si beveva molto e non benissimo, poco responsabilmente, ma ci si divertiva con l’alcool invece di mistificarlo o demonizzarlo. C’erano anche altre leggi che regolavano l’ebbrezza e la guida. Ora c’e’ molta più’ consapevolezza – e questo è un bene – ma meno spensieratezza e questo mi spiace .

Che locali hai frequentato a Roma per bere un buon cocktail, soprattutto negli anni in cui era ancora difficile trovare drink decenti?
In passato bere un buon Martini era quasi un’impresa. Gli indirizzi certi erano pochi: Stravinskij Bar, Fluid, Les Affiches, Salotto 42. A seconda del mood della serata si sceglieva dove andare a bere, anche se più del coctkail era l’atmosfera che si ricercava.

Quando hai capito – e quindi hai deciso – che questa sarebbe stata la tua professione?
Il momento di svolta è stato senz’altro quando ho chiuso il mio primo cocktail bar a Piazza Navona, il Ratafià, nei primi anni 2000: i miei soci a quel punto hanno intrapreso strade completamente diverse, mentre io ho scoperto che quella sarebbe stata la mia scelta di vita. Potevo considerarla una sconfitta e invece l’ho trasformata in un opportunità. A distanza di tanti anni e consapevole del valore delle rinunce e dei sacrifici, lo rifarei. Mille volte ancora.

Valeria Bassetti.
Valeria Bassetti.

Visto che abbiamo parlato del Ratafià, ti chiedo il ricordo sia di quell’esperienza sia di un’altra, probabilmente nota a più persone: il Brancaleone.
Il Ratafià è stato uno dei primi cocktail bar del centro a puntare tutto sulla miscelazione e a non offrire un buffet all’aperitivo. Venivamo giudicati folli e forse lo eravamo. Abbiamo anticipato troppo i tempi. Creavamo percorsi di degustazioni per i nostri ospiti, davamo da bere ad alcuni grandi Chef della capitale. Tutte cose scontate oggi, ma che all’epoca non lo erano e per questo ci hanno fatto crescere molto sia personalmente che professionalmente. Rapporti e legami nati in quegli anni si sono poi consolidati nel tempo con stima e lavoro condiviso. Proprio ai tavolini del Ratafià ho incontrato Alessandro Cecere che sarebbe diventato lo chef di Baccano, dove poi sono andata a lavorare qualche anno più là. Per quel che riguarda il Brancaleone, tutte le notti lì avevano il sapore dell’irripetibile e dell’eccezionale: eravamo consci di offrire un servizio di livello superiore alle altre realtà club in quegli anni. Avevamo già una discreta selezione di liquori, rum, single malt e vodke russe e polacche. Anche in serate da mille persone – e capitava spesso – riuscivamo a mantenere la promessa di freschezza e qualità. Sembrerà oggi banale, ma lavoravamo con tutti succhi appena fatti e nessun premix. Parliamo di sei casse di lime e limoni premuti e filtrati ogni sera… Abbiamo anticipato una tendenza molto attuale, vedi ciò che stanno proponendo Goa e altre realtà attive nel panorama clubbing romano. Io ritengo sia possibile coniugare qualità e quantità,basta avere buon senso e proporre buoni ingredienti in semplicità. Continuo a reputare chi ordina un Martini Cocktail in discoteca una persona con problemi personali e cognitivi.

Dopo queste due esperienze dove hai lavorato? A memoria ti cito Baccano e 47/Barrato, ma sicuramente c’è dell’altro.
Non posso non ricordare il periodo dell’Elefunk, sempre alle spalle di Piazza Navona. Immagina il contrario di uno speakeasy: ecco, l’Elefunk era questo. Usavamo di linea bottiglie di altissima qualità, a fiumi. Dalle due alle quattro era il ritrovo di tutti i colleghi del centro, la musica era altissima e la vera festa era dietro il bancone: solo bicchieri di vetro e puro, semplice, divertimento. Alcune delle ragazze che mi hanno affiancato quegli anni sono poi diventate ottime professioniste. Esperienza completamente diversa, invece, quella del Pastificio Cecere a San Lorenzo. Che emozione i primi food pairing con lo chef Stefano Preli e le ore passate in cantina a studiare vino con il sommelier toscano Emanuele Fioretti! Chiudo dicendo che ci sono due momenti indimenticabili che porto con me e sono collegati a persone e sensazioni: tutti gli anni trascorsi a Baccano insieme al mio staff, ogni giorno, sera, notte, dando ed esigendo sempre il massimo; la prima volta che mi sono trovata a lavorare con il mio socio Emanuele Broccatelli nel bar storico dell’Hotel Majestic, La Ninfa. Lì in una sola serata ho vissuto il passato, il presente e il futuro. Potere dei banconi con una storia importante.

Una vecchia foto del bar del Majestic.
Una vecchia foto del bar del Majestic.

Attualmente dietro quale bancone ti trovi?
Da un anno circa non lavoro più’ come bar manager ma, nonostante sia molto felice della mia scelta di collaborare con una grande azienda e di dedicarmi a quelle che chiamo “consulenze emotive” e al progetto dei drink imbottigliati con Broccatelli, stare lontana da shaker e soprattutto dagli ospiti proprio non mi riesce! Quando sono a Roma è la Latteria Garbatella a ospitarmi un paio di sere a settimana. Dietro quel bancone mi sento a casa, i ragazzi sono fantastici, con la proprietà c’è un’amicizia di lunga data e mi fa piacere continuare a ricevere clienti che ormai considero amici. Forse ha ragione chi sostiene che il bancone da dipendenza, ma se escludiamo l’eccesso di ego non vedo altre gravi controindicazioni.

Latteria Garbatella e il suo bancone.
Latteria Garbatella e il suo bancone.

Qual è il tu giudizio sulla miscelazione a Roma? Com’è cambiata per te questa piazza?
Il livello di qualità sulla piazza romana non credo sia mai stato così alto, parlando di miscelazione. Il Jerry Thomas ha inaugurato una stagione florida e finalmente possiamo parlare di scena romana dei cocktail bar. La clientela si sta abituando a bere bene quasi ovunque, sa di poter scegliere, di poter esigere, ha imparato a chiedere. Forse abbiamo creato dei “nerd” del sabato sera, ma quanto meno sono consapevoli e sicuramente sono lo stimolo migliore per non tornare nell’epoca buia dell’approssimazione. Specialmente il pubblico femminile si è rivelato attento, curioso e assetato. Grandi professionisti sono tornati da Londra – sto pensando a Daniele Gentili – e alcune tra le realtà più interessanti in Italia si trovano proprio a Roma, come La Punta, prima agaveria a fornire un’esperienza totale, dalla cucina ai drink, a due dei distillati più affascinanti del momento: tequila e mezcal.

Il cocktail che preferisci preparare e quello che preferisci bere?
Adoro fare Martini Cocktail quasi quanto adoro bere Martini cocktail. Bevo Martini a cena, mi preparo un Martini mentre sto rispondendo a queste domande. Un buon Martini mi fa sentire una persona migliore.

Il barman che ti lascia ogni volta a bocca aperta?
Mi prendo il rischio di essere scontata, ma non posso mentire a proposito. La magia delle creazioni e il senso degli accostamenti geniale di Emanuele Broccatelli non mi deludono mai e riescono sempre a sorprendermi. Tutti i suoi menù sono frutto di ricerca e ispirazione. E il suo Martini è semplicemente perfetto.

Una ricetta che hai creato in questi anni e a cui sei particolarmente legata?
La ricetta alla quale sono maggiormente legata è quella che ho creato per VKA, la prima vodka organica toscana: il Martini alla cacciatora – VKA vodka, La Canellese Vermut Extra Dry, La Canellese Vermut Bianco, foglia di alloro, servito con delle chips al rosmarino.

Ci dici i tuoi bar preferiti?
Questa è davvero una domanda difficile e piena di insidie. Ti risponderò’ sinceramente ma con un criterio particolare, dove vado a bere quando voglio cosa. Vado al Jerry quando sono sola, quando ho voglia di pensare molto o di non pensare affatto. Vado all’Argot e ordino il solito: è casa, famiglia, amici, lavoro, uno di quei posti dei quali non potrei fare a meno. Vado a La Punta e aspetto la magia che, puntualmente, accade. Vado al Derrière quando sono curiosa e ho tante domande. Vado da Ercoli quando non voglio prendermi molto sul serio e cerco nuove sensazioni. Mi accomodo al bancone di Madeleine e lascio che il tempo scorra: ogni cosa là è bellissima. Molti stati d’animo, molti bar preferiti. E ce ne sarebbero ancora… All’estero il mio posto del cuore è il Cambell Apartment a New York, nel cuore di Central Station; e anche lo speakeasy Carry Nation a Marsiglia.

The Campbell a New York.
The Campbell a New York.

Cosa non deve mancare mai sul tuo bancone?
Sul mio bancone non mancano mai le storie da raccontare, abolite le cannucce e, lo ammetto, vado in totale paranoia se non ho enormi secchi per la differenziata a portata di mano sempre vuoti e puliti. In realtà sono piena di manie, più o meno assurde, ma diciamo che vorrei lasciare un bel ricordo! Colgo l’occasione per ringraziare ufficialmente tutti i miei back e colleghi per l’infinita pazienza. In effetti, se c’è qualcosa che non può davvero mai mancare dietro il mio bancone sono i miei colleghi, il mio staff. Nessun grande risultato per me è immaginabile se non condiviso.