Capace che hai visitato tutto il Sudamerica e l’estremo Oriente, ma poi se ti chiedono se conosci o sai dare qualche consiglio sull’hinterland milanese e le sue cascine, oppure le città della Lombardia o i nostri laghi, spesso la risposta è un grande boh. Lo stesso si può dire per i cibi e i vini: c’è chi sa tutto dello champagne o del sauternes, ma poi non ha mai assaggiato o peggio ancora mai sentito nominare il moscato di Scanzo. E pensare che Scanzorosciate si trova a poco più di 50 km dal Duomo di Milano e che il suo passito è l’unico nella bergamasca a vantare una Denominazione di origine controllata e garantita, tra l’altro la più piccola d’Italia. Ma soprattutto, al di là delle classificazioni, è buonissimo: ottenuto esclusivamente dalla vinificazione delle uve provenienti dall’omonimo vitigno autoctono, è “un tipico vino da meditazione, dal colore rosso rubino carico, estremamente profumato con predominanza di frutti di bosco, marasche, che con l’invecchiamento tende ad assumere, in predominanza, il gusto di composta di frutta; in retrogusto sapori di incenso e di pietra focaia”. Una buona occasione per scoprirlo è questa tre giorni che prevede tutti i grandi classici delle sagre popolari contemporanee: degustazioni e incontri coi produttori di vino e cibo del territorio, palio, laboratori, gara di pigiatura, concerti, camminate, show cooking e incontri con volti noti dello sport e dello spettacolo. Non dimenticatevi di visitare anche il Salotto del moscato: il prossimo che mi chiede lumi sul passito di Scanzo, giuro che lo meno.