“Voglio correre, voglio nascondermi, voglio abbattere i muri che mi tengono dentro, voglio toccare con mano la fiamma. Dove le strade non hanno un nome”. Era il 1987 quando questa canzone degli U2 risuonava nelle radio e per le vie dell’America. Anni prima anche una giovane donna andava in giro per strade senza nome, con in mano la sua Rolleiflex. Il gesto incessante di aprirla,mettere a fuoco e scattare, per poi ancora, girare la levetta,e ricominciare per un’altra istantanea. 12 foto, tutti i giorni, per 40 anni. Volti di donne, bambini e amanti. Catturava frettolosa la storia che le si snodava davanti, rendendola come una crisalide cristallizzata. Vivian Maier non era una fotografa professionista e lasciò per anni tutta la vita che aveva intrappolato nei suoi rullini, senza mai svilupparli. Solo per caso,pochissimo tempo fa, sono venute alla luce le sue fotografie. Fino a quel momento nessuno era a conoscenza del suo lavoro e lei è morta con questa convinzione. Oggi possiamo affermare che la Maier è considerata una delle più importanti street photographer del ventesimo secolo. E per la prima volta potremmo ammirare il suo lavoro esposto in una galleria in Italia.
Scritto da Giulia Berardi