“C’è un tizio ricciolino in canotta che suona strumenti elettronici strani” mi disse al telefono un amico che mi aveva preceduto all’inaugurazione della nuova ala (l’area turbine della centrale elettrica rivista da Herzog e de Meuron) della Tate Modern. Era il 2016 e il sound artist libanese Tarek Atoui era stato incaricato, con altri, di provvedere alla colonna sonora del grande evento. La sua ricerca musicale consiste nell’utilizzo di strumenti/oggetti moderni, creati ad hoc con istruzioni specifiche, che possano suonare come strumenti/oggetti ancestrali. Al Museo del Novecento l’improvvisazione si avvale di altri due musicisti, Francesco Dillon (violoncello) e Daniele Roccato (contrabbasso), mentre Atoui – oltre a dialogare intorno a progetti al confine tra musica, arti visive e performative con Andrea Lissoni (Senior Curator, International Art (Film) at Tate) – si muoverà sul palco tra una miriade di oggetti curiosi, alcuni ideati da Atoui stesso (vasi, molle, piastre metalliche, vetri) che, alquanto inaspettatamente, produrranno una colonna sonora dal sapore elettronico avantgardista.