Di biennali ne vediamo apparire ormai ovunque, proliferano in qualsiasi angolo del pianeta. In anni recenti è cresciuto anche un dibattito considerevole sulla loro utilità oggi e sulla necessità di ripensarle, di liberarsi dalle biennali-vetrina, con poca ricerca e contenuti alle spalle. L’accesso, per un artista, è spesso blindato da lobby e circuiti chiusi che riguardano sempre più anche il mondo della produzione culturale e artistica. Che senso ha oggi pensare ancora un format di questo tipo? Forse possiamo trovare delle risposte a Mediterranea 17, la Biennale dei Giovani Artisti realizzata anche attraverso una grande open call. Il curatore Andrea Bruciati (ARTVERONA Fair), con 300 under 35, fa dialogare le arti visive, applicate e performative di 22 paesi dell’area Euromediterranea, concentrandosi sulle problematiche alimentari, attorno alla prima e più grande infrastruttura della storia, il Mediterraneo, ancora oggi, e più che mai, piattaforma fisica per il movimento di corpi, culture e saperi. È molto rassicurante ritrovare tra i partecipanti artisti quasi sconosciuti, alcuni bravissimi. Sicuramente da non perdere il programma Off- Out of Fabbrica, che viola gli spazi asettici caratteristici dell’arte e apre con le performance Una serie finita di Ciao Come stai del collettivo ATZ-Agreement to Zinedine e La Conflagration di Elsa Mingot. La Fabbrica del Vapore è un contenitore che ha già dimostrato più volte di essere un luogo pronto ad ospitare qualsiasi tipo di stimolo, con una fitta programmazione che mescola arte, cinema, musica e design proveniente da Europa, Nord Africa e Medio Oriente. Speriamo di cambiare idea sulla necessità delle Biennali.