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mar 07.08 2018

Rainbow Island

Dove

Monk
Via Giuseppe Mirri 35, 00159 Roma

Quando

martedì 07 agosto 2018
H 21:00

Quanto

free

Un’esperienza sinestetica. Prima che band di psichedelia interdimensionale e componente attiva del circolo schizoide-occulto di Roma Est cresciuto tra le mura del DalVerme e sotto l’ala protettiva di Thalassa, i Rainbow Island sono un trip multisensoriale. L’avevamo capito già qualche anno fa con RNBW, ma ora con il secondo album si sono superati. Crystal Smerluvio Riddims (non vi viene tantissima voglia di ascoltarlo solo dal titolo?) è un effluvio di psichedelia liquida e dilatata, che oscilla tra orizzonti futuristici e territori esotici e hypnagogici, elettronica, minimalismo e dub lisergici appartenenti a una dimensione parallela dove suono e visione si confondono, talvolta anche con sensazioni legate al gusto e al tatto. Il disco, però, è soprattutto un’avventura. Raccontarla con le parole di noi comuni mortali non basterebbe per rendere l’idea. Abbiamo quindi chiesto ai quattro (più uno) componenti della band romana di dilungarsi sulla creazione dei loro ritmi smerluviati e cristallini e quella che ne è uscita fuori è probabilmente la “oral history” più visionaria che abbiate mai letto: preparatevi a un viaggio lungo il quale vi imbatterete in aborigeni e gombo synth, per poi ritrovarvi disorientati nelle terre lontane della Mininesia a contatto con un aracnide impegnato in una danza mistica, ipnotizzati da una pesca roteante, rivitalizzati da un succo fruttato energizzante, spediti dentro un rally di un videogioco e infine cullati dolcemente dalla acque di un fiume ancestrale. Se tutto questo vi suona surreale, la cosa incredibile è che raccontato dalle parole dei protagonisti del viaggio tutto pare acquisire magicamente senso (merito anche delle originali smerluvio-gif di accompagnamento).
Crystal Smerluvio Riddims è uscito lo scorso anno grazie alla collaborazione sull’asse Roma/Milano tra due operose etichette indipendenti, Flying Kids e NO=FI Recordings e stasera la band di casa al Monk torna a farci sviaggiare perfettamente allineata con l’afa lisergica di agosto. Allacciate le cinture.

Protagonisti:
PikkioMania: synths/elettronica
DJ Kimchi: ordigni elettronici/chitarra
Lou Q. Damage: voce fratturata
Simne Donadni: batteria/digital-bonghi
Ucchio Parale: missatore/ingegnere del sogno.

FAT SAK

1 FAT SAK
DJ Kimchi: Sin dalle prime note Fat Sak mi ricorda le atmosfere brulle della pineta di Ostia e il nostro primo contatto con gli aborigeni locali, intenti a percuotere pignatte antiaderenti abbandonate e carcasse di makkine demolite, nell’autunno 2016.
PikkioMania: Sì, verissimo, fu un’esperienza cangiante l’incontrare il capotribù seduto sul loro mega-sacco totemico pieno di marijuana scadente ma poderosa – la sua espressione indomita ma saggia ha ispirato le scelte di missaggio fatte da Ucchio Parale per ottenere questo suono in bilico tra naturalismo e urbano, tra motorino e legno.
Lou Q. Damage: Le mie linee vocali, se ci fate attenzione, sono modellate sui canti aborigeni in un tentativo disperato di abbattere le barriere culturali e convincerli a farmi entrare nel loro sacco-totem per vapare in un contesto di sacralità.
Ucchio Parale: Il mini-reverse che ho escogitato al minuto 2:25 rappresenta il tuo successo e l’ingresso nel “Fat Sak”, la batteria che alza i ritmi mentre ti prepari al viaggio.
DJ Kimchi: Boh che figata che è stato registrare questo disco! Ancora rammento come Lou ci abbia avvolti in una nuvola di fumo vapato assurdamente densa, trasportandoci dritto per dritto verso la Mininesia. Ottimo uso dei synth che iniziano a smerluviarsi per rappresentare il nostro trans-ridimensionamento.
Lou: Io ero proprio in trance dentro il Fat Sak, sono contento che il pezzo riesca a esprimere questa idea miscellanea di pienezza e volubilità della vita a contratto.
DJ Kimchi: Stupendo… Rivivo quei momenti come fosse oggi: Simne che percuoteva con gli aborigeni in adulazione e Pikkiomania che domava il gombo synth per ancorarci all’arrivo in Mininesia.
Lou: Per me Fat Sak è il sentirsi sconsolato ma pur sempre sakka grossa. O meglio, quando uno ingrassa per la prima volta ever nella vita poi ridimagrisce e le sakke di lardo ormai vuote rimangono tipo mosce ma capienti per il prossimo carico di sogni. Tipo le smagliature, smagliature di realtà.

PHASE SPIDER

2 PHASE SPIDER_piccola
PikkioMania: Ed eccoci di colpo tele-trasportati in Mininesia, disorientati e intimoriti da questo aracnide catarifrangente che ci guarda maestoso, con quella contentezza tipica del ragno saltatore che in realtà sembra pensare «Ma chi siete? Perepepè!».
DJ Kimchi: Io sinceramente ero inebriato dalle microfrequenze emesse dalle sue estremità vibranti mentre eseguiva una danza mistica per ipnotizzarci e capire se noi fossimo amici o nemici. Simne invece era proprio sciallo e aveva iniziato subito a tentare di domarlo con delle sincopature mendeliane.
PikkioMania: Se fate attenzione, c’è un punto fondamentale dove si capisce benissimo quando il “Phase Spider” riesce a sdoppiare la realtà pannando duro tra canale destro e sinistro: ogni colpo e swirlo di Simne fa girare la stereofonia come fosse un “UE BOOM” trottolante.
Lou: Manco a dirlo, io qui ero proprio perso-crumbled, la voce mi si smarriva risucchiata verso il centro del multiverso, mentre Pikkiomania phasava il suo synth con una supponenza e una prepotenza indicibili. Simne invece era lì, imperturbabile, a costruire barriere dimensionali: che attitudine working class.
Pikkiomania: Simne era presissimo a bucare la chronic illusion dualista, io contribuivo sbracando il synth oltre il tutto, provavo la via del drifting per contenere il multiphasing ragnesco. Se ci fate caso è proprio in questo frangente che imparammo come driftare sullo smerluvio.
DJ Kimchi: Tutto giusto, senti come abbozza il Phase Spider, ogni tanto lo si sente gemere tipo gollum mentre usiamo dinamiche centrifughe per disorientarlo. Poi scatta il momento di riflessione vittoriosa e ci buttiamo nel free impro, placido ma soddisfatto.
Pikkiomania: Ciao ragno, l’abbiamo proprio controfasato e ora lo teniamo in pugno, non a caso la ritmica di Simne qui diventa più marziale per incartarlo nella sua stessa tela di smerluvio fuso. Per fortuna ci tornò in mente Piero Angela che spiega come gli aracnidi siano sensibilissimi a certe frequenze, ecco spiegato il motivo per cui mi ero fissato a sintetizzare questi bassi bolliciosi per farlo camminare a tempo con dolcezza mentre noi andavamo ad aprire lo scrigno della Rotating Peach.

ROTATING PEACH

3 ROTATING PEACH_piccola
Lou: Stupenda questa transizione stop’n’go, si sente proprio il momento in cui ci trovammo di fronte al power-up rotante a forma di pesca: suona come l’inizio di una nuova vita che comincia con “UN SEKKO NO” tipo «Aridatemi il futuro discount!».
Pikkiomania: Eh, perché è anche il primo momento in cui ci raccapezziamo un po’ dopo l’essere passati dal brutalismo pineta all’arcipelago mininesiano tramite il fat sak: non è facile orientarsi in una caverna interdimensionale così di colpo.
DJ Kimchi: Comunque i suoni esprimono benissimo la confusione che ci era presa di fronte alla “Rotating Peach”, noi che seguiamo questo ticchettio poliritmico verso lo scrigno, il rallentamento che rappresenta l’inversione magnetica del power-up, i dubbi sul mordere/non mordere un frutto sacro dovuti alla nostra educazione cattolica, eccetera.
Pikkiomania: Ecco ecco al minuto 2:45 c’è un momento importante: qua Simne ed io architettiamo il counterspell contro la confusione della pesca psichedelica che gira, cioè cominciamo a girarci attorno al contrario però in sincronia, al che già lei parte a pulsare più allegra e gioiosa.
DJ Kimchi: Ah, quindi la vostra idea era di usare il reverse drifting contro la rotazione fruttacea per dargli spin negativo? Si percepiscono chiari e tondi questi synth sincronizzati con un orologio atomico per reversarli con precisione, bravi.
Lou: Sembrerà ovvio, ma lasciatemelo ripetere: le mie urla “I FEEL RIPPED OFF / TAKE THE CONTROL BACK” marcano il momento in cui riusciamo a sbloccare i segreti della pesca.
Pikkiomania: No ma fai benissimo, allo stesso modo i flautini che si aggiungono qui sul finale ci portano fuori dalla caverna con il nostro power up… Ed eccoci bagnati dalla luce del sole, persi in un bosco di percussioni al contrario. In ogni caso vi rivelo un piccolo segreto di mixaggio operato da Ucchio: sentite questo white noise che finisce sgrattino inspira-espira alla fine del pezzo? È un mio respiro!
DJ Kimchi: Che mossa power electronic, ci confermiamo proprio interdisciplinari alla fine del Lato A! Ora tocca flippare il disco e andare a conoscere i nativi della Mininesia.

8 YAP

4 8 YAP
Lou: Vai così, continuiamo diretti col lato B e il mio pezzo preferito del disco, dedicato al buonissimo succo di fuso 8 YAP che i mininesiani ci offrirono durante il nostro vernissage di benvenuto. Che bevanda rinfrescante!
Ucchio Parale: Altro piccolo segreto da ingegnere del missaggio: a parte basso, batteria e il synth Alesis di PikkioMania usato per fare il paddino-liquido-succoso che crea questo retrogusto piezoelettrico, tutto il resto è suonato da DJ Kimchi con il suo Lumia 920 color limone maturo. A guarnire il pezzo, la voce di Lou che swirla tipo uno che succhia il succo di fuso da una cannuccia troppo stretta, e vari sottofondi sgrattosi ottenuti da tre registrazioni dell’MFB iper distorte con diversi vecchi fuzz che non uso più – il tutto usato per creare le tonalità particolarissime di un vernissage esoterico nel tardo pomeriggio di Pohnpei.
DJ Kimchi: Grazie per la menzione, ma è comunque un lavoro di squadra come ogni produzione Rainbow. Però devo ammettere che questo assolo mi è stato comunicato in sogno da un’Alice Coltrane fruttariana in piena botta smorfinante di 8 YAP, credo di aver usato una modalità dorica al sapore di mangostano, aggiungendo dei tritoni elettrostatici. Teoricamente ascoltare questo pezzo dovrebbe scatenare una sinestesia gustativa simile a quando succhi le batterie.
Pikkiomania: Dopo la tua parte, infatti, c’è un mio mini assoletto che tenta, facendoti il controcanto, di parlare squittendo ai nativi per chiedergli direzioni nel bel mezzo di questo baccanale succomania.
Lou: Scusate la prolissità, ma vorrei condividere le poche stanze da me composte appositamente per le liriche di questo pezzo – è un endecasillabo giambico sghembo: “MILOSSE MILOSSE MILOSSE / EXPO EXPO EXPO / JUICE PLEXIGLASS JUICE PLEXIGLASS / SIDEWINDER SIDEWINDER / AMBUSH MOTOAMBUSH / FRENZY FRENZY FRENZY / MONGOHAWK MONGOHAWK”.
Pikkiomania: Ti meriti un’ovazione per questa immagine del plexiglass liquido, descrive perfettamente il tramonto Pohnpeiano, che nostalgia però! Ora che il pezzo si avvia verso il finale è palese come la fattanza si sciolga in un momento catartico di serietà in cui Gigi, il capo dei motoricchi, ci assolda per competere nel rally annuale dell’arcipelago. Ecco i motori che si riscaldano, e proprio sul finale spunta il nostro Rainbow Kart che romba di stramaledetto.
Simne: Zero distance e ciao!

GIGI RALLY

5 GIGI RALLY
Ucchio Parale: Trivia per i maniaci del suono: questo pezzo è stato registrato in ritiro tecno-spirituale in un garage benedetto da sgommate freschissime, ecco perché i drift del synth di DJ Kimchi risultano così concreti e convincenti.
DJ Kimchi: Era fondamentale registrare questo pezzo in diretta su un multitraccia per preservare la compattezza di una banda musicale in pieno rally isolano. C’è poco da fare: gli incastri ritmici di Gigi Rally portano subito alla mente l’immagine di noi quattro che cambiamo marce, tiriamo power-up a destra e a manca e manovriamo il Rainbow Kart per evitare le chiazze di smerluvio lanciatoci dal Team Aggro.
Lou: Comunque il synth in questo pezzo sembra veramente l’M2O di Ponhpei.
Pikkiomania: Il trick è stato usare all’unisono Operator e MFB, cercando di riprodurre un organetto Fela Kuti ottenendo invece un suono Sega Rally che va benissimo uguale. Anzi meglio.
DJ Kimchi: Se dovessi definire Gigi Rally, infatti, la classificherei come megadrive footwork.
Pikkiomania: Il break che sta esattamente a metà pezzo è la macchina che alza proprio le sgommate de cristo tipo Parigi Dakar, il concetto di “CUNETTA SWAG vs. ammortizzatore sonoro”: avete presente quelle pubblicità anni ’90 della Parigi Dakar senza circuito solo SWOOOOOOOOSH sabbioso? Infatti qui ormai siamo fuori dal villaggio e in mezzo al deserto, per arrivare all’oasi finale.
Lou: Il suono è 100% Dune/Fiat Duna, un survival open world Camel Trofiel, infatti si interrompe pure l’organetto ora e resta questo synth riverberato come le bombe di smerluvio che minacciano la nostra seconda posizione. Pannatissimo in stereo per dare l’idea di un’incertezza stradale.
Pikkiomania: Ed ecco la sirena, bellissimo come Simne qui SGASA DI STRAMALEDETTO e rilancia il mio synth arabeggiante.
DJ Kimchi: Geniale l’accelerazione del Simne per ricordare la caratteristica principale del Gigi Rally: i kart locali si accelerano con il doppio pedale.
Pikkiomania: Finale catartico quando finalmente riusciamo a far uscire di pista il Team Aggro, schivando all’ultimo momento una pozza del loro stesso smerluvio oil nascosta tra le dune.
DJ Kimchi: Esatto, finale che di colpo si slabbra in slow-motion mentre noi driftiamo l’ultima curva prima del traguardo, accolti dalle trombette del pubblico, da musiche tribali Pohnpeiane e dalla gioia di Gigi sorridente per la nostra vittoria, PEPEPEPEEEE! Che sballo.

JIĀNG

6 JIANG
Lou: Vabbè Jiāng pezzo definitivo, hands off in territori Brian Eno.
Pikkiomania: Jiāng è esattamente “il fiume”, inizia con le tue urla di stupore in lontananza – “WAAAAA” – quando Gigi ti mostrò la sorgente sotterranea per la prima volta. E Simne che si syncha subito, prima coi bonghi automatizzati e poi con delle percussioni portatili ad alta definizione. La prima parte è deep forest sotterranea, poi si sbuca verso le rapide.
DJ Kimchi: Il concetto è che dovevamo propiziarci la discesa lungo il fiume con delle melodie petafoniche per appagare gli spiriti del Jiāng, ecco il motivo dietro questi arpeggi di arpa sintetica e questi bassi ondinei tipo rapide morbide. Che feeling relaxo, ecco che sale l’arpeggio definitivo, una volta trovate le note giuste riusciamo a doppiare i bassi delle rapide con un ondeggiamento propizio.
Pikkiomania: Si esatto, è pure un po’ summa del disco, questo è puro “crystal smerluvio synth” col riddim sotto che si scioglie per seguire bene la corrente, un botta e risposta placido con gli spiriti Jiāng.
Lou: George Dabliu Kush. Serenate / Serenase. Burst into crystals. Mangrovian mix.
Pikkiomania: E poi l’arpeggio chitarra cristallina (courtesy of kimchi) e sintesi liquefatta, siamo sulla cresta spumosa delle rapid. Mi ricordo benissimo il Jiāng che si allarga come quei fiumi enormi dell’Amazzonia che paiono oceani, ma sono fiumi invece, e noi ci addentriamo in un affluente per poi ricongiungerci con il delta fangoso. Si capisce benissimo al minuto 5:06 secco.
DJ Kimchi: Sento delle campane modello Ravedeath 1972 che quasi mi commuovono, siamo arrivati alla confluenza dove le acque melmose del delta si miscelano con le acque cangianti dell’LCD Ocean?
Pikkiomania: Sì, qui ormai galleggiavamo alla deriva sui cristalli liquidi per poi addormentarci sotto un cielo stellato 3D e risvegliarci dall’altro lato di un display HD.
DJ Kimchi: Fine.
Pikkiomania: Ma verso dove? Ci ho pensato a lungo e secondo me l’Ocean LCD si trovava ad Ovest della Mininesia, quindi tutto il nostro viaggio dal Fat Sak fino a qui è stata un’avventura lungo l’arco solare. Forse la nostra prossima sfida sarà il musicare questa esperienza di un Occidente estruso oltre i suoi stessi confini.

Scritto da Alberto Asquini