Non ne sono sicuro, ma credo che sia quasi un anno che non vado a ballare al Leo, cosa discretamente grave. Non tanto per la mia ormai nota apatia verso un clubbing troppo spesso techno-centrico e furbetto (che – nel bene o nel male – non ha mai contagiato il centro sociale), quanto per l’inspiegabile riduzione dell’offerta “obliqua” e trasversale che ha sempre differenziato lo Spazio dalla psicosi del network e della “tribù a tutti i costi” milanese. Promoter affidabili che pur di farti ascoltare il loro artista preferito ci smenavano dei soldi, questo è sempre stato per me il Leo. Feticisti del basso UK, della jungle e del grime di tempi non sospetti (come i vecchi ragazzi del neonato party Break Out) che finalmente tornano a portarti un Sam Binga (veterano delle basse frequenze in un viaggio tra la bass music più acida, i dubplate più introvabili e la Jungle più estrema) e un Was a be, non perché si appaino con le buste su cui hai pianificato il budget del weekend, ma perché solo qui puoi ascoltarli a Milano.
Scritto da Andrea Pagano