Nel racconto di Rodrigues – che dà il nome a questo spettacolo – siamo a Lisbona, ma potremmo benissimo essere a Parigi, Londra, Roma o qualsiasi città in cui in un parcheggio troviamo il disoccupato, l’artista senza lavoro, il vecchio dimenticato dai figli, l’emarginato, l’impiegato che odia il suo lavoro.

Ogni personaggio ha fatto suoi gli schemi linguistici ed estetici di varie sottoculture del Novecento, dagli skinhead nati dalla periferia inglese al glam e punk rock dei primi Settanta, passando per i b-boys e le fly girls del Bronx che ballano la break dance su basi campionate, fino alla scena hip hop contemporanea in cui orologi d’oro e gioielli alle mani dovrebbero suggerire prestigio e benessere.

La fiaba della piccola Giraffa, che in vari momenti ci ricorda il percorso di Dorothy, si snoda tra il dinamismo dei corpi e la staticità delle posizioni dei personaggi ben stereotipati, indagando l’identità di una società fatta di singoli individualisti alla ricerca di riscatto.