Pur non avendo ancora ricevuto il giusto riconoscimento che meriterebbe, Luciano De Vita è senza dubbio uno tra i maggiori incisori del Novecento, ultimo interprete di una tradizione secolare che a Bologna unisce i Carracci a Giorgio Morandi, passando per Giuseppe Maria Mitelli e Antonio Basoli.
Le acqueforti in mostra, provenienti dalla raccolta di un collezionista bolognese, vogliono restituire l’intero arco evolutivo della sua carriera e sono suddivise nelle tre sezioni che corrispondono ai tre periodi con cui la critica è ormai solita suddividere l’opera di De Vita: il periodo accademico dal 1951 al 1956, il periodo informale dal 1957 al 1959 e il periodo della maturità dal 1960 al 1982.
Artista a tutto tondo, De Vita si è misurato anche con la pittura, la scultura e, dagli anni ‘70 con il teatro, per il quale ha lavorato come scenografo e regista. È tuttavia nell’incisione che egli è riuscito a raggiungere esiti tra i più innovativi e personali, sia dal punto di vista della sperimentazione tecnica sia per quanto concerne la drammaticità espressiva.
Scritto da L.R.