Avevo vent’anni tondi tondi, internet era ancora affare per pochi ricchi e illuminati, la nostra città di provincia era quello che era, e da uno degli amici più grandi che ci spingeva musica buona mi arrivò Keep It Like A Secret, secondo lavoro per major della band di Doug Martsch. Erano anni in cui ascoltavo gli stessi dischi, rigorosamente masterizzati, allo sfinimento, perché i soldi erano sempre troppo pochi e li investivo in divertimenti di altro genere. Posso suonare con la bocca tutto Punk In Drublic dei Nofx per tutte le volte che l’avrò messo su nel lettore cd portatile, per dire. Insomma, questi Built To Spill non si capiva cosa fossero, un po’ emo, un po’ hardcore, un po’ indie, ma allo stesso tempo nessuna delle tre cose, con quel modo di cantare stranissimo di Dough, fatto sta che sia io che i miei amici ci andammo subito sotto, mettendoci tempo zero a mitizzarli. Canzoni come Time Trap o You Were Right sono parte integrante del nostro romanzo di formazione privato collettivo, molto più di quelle di band più blasonate tipo Pixies o Sonic Youth. Ora con Untethered Moon siamo arrivati all’ottavo album e il talento cristallino è sempre quello del 1998. Non perdeteli per nulla al mondo.