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lun 02.11 2015

Salò o le 120 giornate di Sodoma

Dove

Cinema vari Piemonte
Torino, Torino

Quando

lunedì 02 novembre 2015

Quanto

ing. vari

Ci si chiede quale possa essere il senso del culto di Pasolini oggi. La sua figura domina tutta la cultura e la politica di questo paese come un brutto fantasma che infesta il castello. Cioè, di quel che ne resta. Facciamo degli esempi: il poeta Nichi Vendola, meglio conosciuto per il suo passato hobby come governatore della regione più trendy dello stivale, si iscrive di default – per natura letterario-sessuale – al club pasolinista. Ma forse è più pasoliniano il bibliofilo Dell’Utri che un lustro addietro – raccontò in tribunale ad Ingroia – fu avvicinato da un Mister X che voleva vendergli un capitolo inedito del romanzo di PPP Petrolio, laddove, si dice, si scriveva della morte di Enrico Mattei e del ruolo dell’onnipotente successore Cefis. Sono pasoliniani ampi spezzoni della destra pro-life, dimentichi del fatto che PPP definiva la famiglia «un piccolo patto criminale». Sono pasoliniani pure i ciellini, che spedirono un loro cane fiutatore a trovare inediti del poeta. Sempre desiderosi di legittimazione presso la cultura alta, gli scherani di Don Giussani obbedivano più che altro ad un’attrazione magnetica esercitata dal loro house-poet Giovanni Testori, assai omosessuale e amante di storie a base di ragazzi di vita, tossici da stazione centrale, etc. (Cfr. La pièce In Exitu). Sono pasoliniani tutti quanti, ogni singolo regista da Gay Film Festival a partire da quelli più mainstream come Gus Van Sant, che citava PPP più di venti anni fa in My own private Idaho (River Phoenix vivo e Keanu Reeves ancora ninfetto dell’alcova di David Geffen). È pasoliniano Bernardo Bertolucci, che omosessuale nonostante le chiacchiere non si è mai dichiarato, ama il suo Maestro (ne fu giovanissimo aiuto regista per poi dirigere un progetto abbandonato dal Pier Paolo, La Comare Secca) al punto da importarne l’attore feticcio. La scena del film pedo-incestuoso La Luna con il ragazzino che balla un lento con Citti è assai significativa. Indi per cui: il mondo stesso è divenuto pasoliniano. Cosa dobbiamo pensarne? Bisogna essere oggettivi, come mai lo fu nessuno. Pasolini era talvolta noiosissimo (I Racconti di Canterbury, con quel finale di immaginifica fantascienza anale che sgorgava dalla mente del cineasta), talvolta potente, perché viveva la patologia del mondo come viveva la sua. Nel suo Edipo Re faceva recitare la madre (!) in un quadro psicanalitico che freudiano è dire poco. I giovani missini ai red carpet gli tiravano i finocchi, lui si incazzava come una belva, andava per menarli, nascevano parapiglia. È così che arrivò alla sua summa profetica, un vero Trionfo della Morte moderno, uscito appunto postumo. Salò non è solo un film estremo. Salò, uscito nell’inverno 1975, era un film venuto dal futuro. In esso erano contenuti generi di film pornografico che sarebbero emersi solo con internet. Pulsioni sado-masochiste senza freno di sorta. Crudeltà. Il nazifascismo vissuto come fantasia sessuale. Culto gay emule di Wanda Osiris. Coprofagia («mangia, mangia!», la voce di Marco Bellocchio, doppiatore di uno dei quattro carnefici, campionato dai Coil nel loro album più riuscito).
Pasolini come Fellini conquistò il mondo con lo svolgimento su film dei suoi sogni e della sua rutilante immaginazione, tentò di liberare la sua psiche sofferente aprendosi ai suoi incubi e alle sue fantasie malate. Le stesse che lo portavano a «frequentare» ragazzini della stessa età di quelli che piacciono ai preti pedofili che si vogliono mandare al rogo. Efebofilo, dolente, masochista, apocalittico. Un vero autore maledetto. Un vero «cattivo maestro» che chissà perché piace a tutti quando invece dovrebbe essere preso per quello che è: un affare estremo e violento, che purtroppo, nella società anestetizzata da tutto, non riesce più nemmeno a scioccare o a far provare pena, o quantomeno, a far riflettere. Forse questo gli sarebbe bastato.

Scritto da Roberto Dal Bosco