“Ossessione” è la parola che regola il mondo di Ruban Nielson. Per i suoni della sua chitarra, possibilmente vintage. Per le droghe, preferibilmente chimiche. Per Arthur Lee, colui che l’ha portato via dal punk e trascinato fra le braccia della psichedelia. Per twitter, il junk food, l’America (lui è di Auckland ma trapiantato nella roccaforte hip di Portland). E la solitudine. Senza tutte le sue contraddizioni, il leader degli UMO forse non avrebbe tirato fuori tre album così visionari e irresistibilmente pop da sedurre tanto il lato buono quanto quello più cattivo che è in noi. Una (leggera) dose di paranoie a cura dell’orchestra mortale è proprio quello che ci vuole per entrare nel vivo del freddo autunnale con lo spirito giusto.