É da anni che cerco di capire quanto effettivamente il footwork riesca a coinvolgermi emotivamente e fisicamente, prima ancora della dipartita del compianto Rashad e pure delle kermesse ipnotiche sul decennale Hyperdub (o dello storico Bang & Works di Planet Mu). Forse un limite fisiologico, forse la frustrazione di non poterlo ballare, mi hanno impedito di empatizzare a fondo col sincopato sound di Chicago, almeno fino a “Dark Energy” di Jlin. Il lavoro di quella che sembrava l’innocua mascotte femminile di una crew di mostri sacri, si rivela il più fulgido esempio di contaminazione e metabolizzazione di un genere a rischio di autoreferenzialità. Con lei il nostro cavallo di battaglia (o di Troia) industrial techno: il palermitano Shapednoise, nulla da invidiare a Kerridge.
Scritto da Andrea Pagano