Non ho intenzione di fare il cultore di Lopatin, perché non lo sono. E credo pure di avere imparato a fare il corretto spelling di OPN scrivendo questo articolo. Se però sono arrivato ad ascoltare (e amare) così tanto i deliri distopico-accelerazionisti di Garden of Delete lo devo sostanzialmente al criptico consiglio di un altro musicista (Furtherset: messaggio promozionale) che mi esortò ad ascoltarlo illegalmente con un «Andre, è tipo metal». Un dedalo di segmenti sonori e impulsi rivelatosi poi davvero “metal” – a volte anche in senso letterale – specie perché non risolto nell’onanismo sonoro di alcuni precedenti lavori, ma capace di ricordare in modo vaghissimo e lisergico la forma canzone. Che poi le fittissime tessiture del lavoro siano davvero orchestrabili dal vivo è un dubbio solo parzialmente dissolto dall’anteprima torinese al Club To Club: mi riservo il bis per valutare. Assieme a Daniel un altro fuoriclasse della pretenziosità, Actress, che negli anni oltre a scavalcare i vertici di Werk Discs ha persino imparato a suonare rispettando il suo pubblico.
Andrea Pagano
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Scritto da La Redazione