In quel reperto archeologico di portafoglio che porto sempre con me (o almeno cerco di) custodisco ancora il biglietto dato a sorpresa, a chi campeggiava, il primo giorno del festival Terraforma. Il mini flyer ritrae con tratto finemente acquerellato, la fisionomia di un noto dj….

Il foglietto da appuntamento all’ultimo giorno del festival quando il soggetto dello schizzo, Marco Shuttle appunto, avrebbe preso i controlli del secret aftershow con un avvertimento: “nec plus ultra”. La locuzione latina rende alla perfezione il ricordo che il set di chiusura del dj trevigiano ha lasciato nella mia mente, indelebile come l’inchiostro sul roseo cartoncino. Nel buio del campeggio del festival, sulle sponde del lago illuminato dal bagliore di miriadi di luminarie (allestimento curato dai ragazzi di In Treatment), in una dispettosa brezza che muove la sua camicia esotica e le puntine, Marco lancia i presenti letteralmente in orbita con una techno intrisa di aspirazioni dub, tribalismi, architetture di groove ipnotiche e melodie profonde. Una “voce narrante” balsamica che la maggior parte dei presenti avrebbe desiderato ascoltare in eterno.

Preparatevi quindi a un set che è più di una semplice selezione musicale, una visione che proietta l’ascoltatore in una dimensione spazio-temporale, dove ogni momento è astrazione pura e il tempo sembra sospeso in un infinito susseguirsi di melodie e armonie stellari.
Praticamente magico.