Cosa accadrebbe se Stockhausen si trovasse su un palco a suonare coi Deep Purple? Pare se lo sia chiesto, parecchi anni fa, Makoto Kawabata, leader sciamanico degli Acid Mothers Temple, trip made in Japan tra i più efficaci fin dal lontano 1995. Kawabata sostiene che siano stati il compositore tedesco e gli hard rocker britannici a ispirare il vortice psichedelico che aleggia attorno al Tempio, ma il connubio è fin troppo terreno per rendere l’idea. La dimensione degli Acid Mothers Temple è un mondo parallelo fermo in un momento imprecisato tra gli anni Sessanta e Settanta: sfere infuocate e acidissime sfrecciano attraverso un kosmo krauto e oscuro, scontrandosi con riffacci Zeppeliani e corpi celesti sintetici; il tempo è un nucleo informe soggetto a dilatazione, che scorre attraverso le tempeste metalliche del suo universo, sapientemente orchestrate dal guru indiscusso Kawabata e oggi, con l’uscita dell’ultimo album Wake To A New Dawn of Another Astro Era su Important Records, suonate da una formazione in parte rinnovata con due giovani musicisti alla sezione ritmica. L’aria, come sempre, sarà di quelle asfittiche, saturata da volumi ultraterreni e da cavalcate estenuanti contro i venti stellari. Un viaggio dentro al Tempio è un’esperienza fisica e cerebrale: indossate i tappi per le orecchie, chiudete gli occhi e (non) accettate caramelle dagli sconosciuti.