Split. il ritorno al lato oscuro di M. Night Shyamalan

Ok, fermi. Che diavolo sta succedendo? Split parte come un bel thriller, c’è un rapimento, tre fanciulle vulnerabili e una tana sotterranea sigillata da un grosso portone di ferro. Subito dopo scatta la trappola, si rallenta, Kevin è un uomo che ha perso il controllo, perseguitato da un trauma infantile. Non ha idea di chi sia, condivide il portaspazzolino con altre ventitré distinte personalità, alcune più disordinate e sgradevoli delle altre. È un uomo in frantumi. Un enigma pronto a tramutarsi, a lasciarsi sopraffare. Sono i lampi di vulnerabilità e fragilità a convincere la psichiatra che qualcosa sta peggiorando nella sua testa, ma non abbastanza da impedire che le tracce di sangue si raggrumino nei sottili passaggi di questo labirinto. M. Night Shyamalan gioca sul filo come un funambolo, l’orrore si combina alla commedia. Con grazia e abilità attinge ad Alfred Hitchcock, impossibile non ripensare al finale di Psycho. Tornato alla ribalta dopo molto tempo e in forma più che mai, non si nega il piacere di un cameo.  È un dono questo ruolo per James McAvoy. Le espressioni facciali, il linguaggio del corpo, gli accenti, le variazioni tonali ne fanno una bestia camaleontica. Scivola senza alcuna difficoltà da un personaggio all’altro in pochi minuti. Non si può che essere vittime del suo incantesimo.

EMILIO COZZI