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mar 28.03 2017 – dom 04.06 2017

Santiago Sierra - "Mea culpa"

Dove

PAC - Padiglione d'Arte Contemporanea
Via Palestro 14, 20121 Milano

Quando

martedì 28 marzo 2017 – domenica 04 giugno 2017

Quanto

€ 8/6,50

È l’Aprile del 2009 quando su una spiaggia di Pontevedra, in Spagna, due nomadi vengono incaricati da Santiago Sierra di realizzare un progetto tanto inutile quanto impossibile: costruire quattro cubi di sabbia di un metro quadro ciascuno. Abbandonato il progetto a metà, i due vengono congedati con metà della paga a loro promessa e l’onta di esser stati beffati. Attempt to build four 100×100 cm sand cubes, è il titolo di una tra le meno controverse ma più riuscite opere dell’artista spagnolo. Sottile metafora d’un moderno Sisifo, non più costretto a trascinare una pietra ma a costruire, per una paga modesta, la propria montagna. Il mito greco, come metafora dell’insensatezza e della brutalità della logica del lavoro, ben si presta alla lettura di molte delle opere realizzate dall’artista spagnolo a partire dagli anni ’90, e dal 29 marzo in mostra presso Mea Culpa a cura di Lutz Henke e Diego Sileo, prima antologica italiana presso gli spazi del Pac di Milano. I sei rifugiati albanesi pagati per spostare a braccia metri cubi di cemento da una parte all’altra della galleria, le undici donne indiane pagate per imparare a memoria la frase «I am being paid to say something, the meaning of which I don’t know», i trenta lavoratori assunti per riempire cento pagine di un quaderno con la scritta «El trabajo es la dictatura», sono alcuni esempi di come, machiavellicamente, Santiago Sierra abbia cercato di portare avanti la propria forma di contestazione. Machiavellicamente, perché il fascino risiede nell’ambiguità con la quale l’artista rende evidenti le crudeltà del mondo del lavoro semplicemente esercitandole, e nella modalità con la quale porta avanti una critica a quelle stesse istituzioni e a quel sistema da cui più volte è stato cinto d’allori. Come quando, nel 2010, rivendeva a prezzo equivalente la propria lettera di rinunce al Premio Nazionale delle Arti Plastiche di Spagna. Sorge il dubbio che in fondo a rappresentare il mito di Sisifo sia l’artista stesso, impegnato da anni e con tutte le forze a combattere una lotta contro quel sistema economico che non può evitare di alimentare, parlando una lingua di cui le istituzioni museali oggi si nutrono per mettere in moto la macchina del facile scandalo che ne riempie le sale, quella d’un attivismo dissimulato di cinica e provocatoria ironia.

Scritto da Tommaso Gatti