Uno pensa che il gioco dell’identità segreta sia ormai ad appannaggio solo di qualche musicista e di un numero più nutrito di dj, con l’obiettivo di indirizzare l’attenzione del pubblico verso il proprio lavoro. Sì, c’è il moloch Banksy – che a un certo punto si è pensato, per non so quale delirio internettiano, fosse Robert Del Naja dei Massive Attack, bah… – però, ecco, poca roba. Poi t’imbatti in uno che si fa chiamare come un profilo instagram da milioni di potenziali follower – chi non cliccherebbe su una gallery infinita di cuccioli per ingannare il tempo che lo separa dalla morte? – e si presenta in modalità performance, ora vestito da Shrek, ora da SpongeBob ora da Freddy Krueger. La cultura pop centra nel lavoro di Puppies Puppies, ma è quella marcia del web profondo: i meme, i montaggi grossolani, il gore, l’incredibile ma (forse) vero. Utilizza molti ready made, ma come li userebbe Duchamp se avesse passato mesi di internamento in una di quelle battle station con i mozziconi di sigaretta e gli avanzi di pizza tra i tasti del pc. Qualche mese fa si è guadagnato la copertina di Flash Art con due preservativi pieni di spaghetti al sugo, tanto per intenderci. Se questa breve introduzione non vi è bastata per incuriosirvi, fatevi un giro sul suo sito puppiespuppies.me. Sempre ce la facciate a resistere più di dieci secondi al cuore pulsante asportato che fa da sfondo animato.