Giancarlo Mazzanti è l’architetto simbolo di una grande stagione politica sudamericana e in particolare colombiana, aperta all’inizio del nuovo millennio. In un paese martoriato dalla violenza paramilitare e dalla diseguaglianza sociale ed economica, una serie di governi nazionali e locali, mosche bianche nell’intero globo, hanno deciso di affrontare questi problemi investendo in cultura, istruzione, infrastrutture e persino architettura di qualità invece che in repressione e sicurezza. Hanno pianificato scuole e biblioteche bellissime e attrezzatissime nelle favelas, invece che nel centro città, spazi pubblici curati a disposizione di tutti, e non solo dei ricchi, hanno combattuto – investendo soldi veri – la segregazione urbana invece di concentrarsi sul decoro urbano e sulla protezione militarizzata di ricchi e turisti nelle enclaves. Ecco, molti di quei progetti sono proprio di El Equipo Mazzanti, uno degli studi più fortunati del mondo ad avere trovato una committenza pubblica così intelligente. La mostra a FMG, costruita come un grande laboratorio, assume la forma di un grande esperimento mentale: come sarebbe se anche in Italia potessimo discutere dell’ultima megabiblioteca a Scampia, invece che uffici extralusso per Microsoft a Brera? Di scuole pazzesche invece che di microinterventi di ricucitura urbana a costo zero?