Da bambini, d’estate, ci si butta in mare senza paura. Sott’acqua sembra di essere nello spazio: non c’è quasi gravità, non c’è aria e l’unico suono distinto che si può percepire, oltre a qualche tonfo ovattato, è il battito del cuore nelle proprie orecchie. Se poi si è abbastanza coraggiosi e se il sale non brucia troppo, si può provare ad aprire gli occhi. Il mondo che ci si presenta davanti è lunare, sfocato, liquido. Persino la luce sembra fluida e tutte le sagome delle cose o delle persone fuori, viste dalla prospettiva subacquea, sono distorte, come in una casa degli specchi. Il tempo in questa dimensione è dilatato, sembra lentissimo. Katherine Bradford ricrea questa precisa sensazione nella sua ultima serie di dipinti presentati alla galleria Monica de Cardenas in occasione della mostra Project Room. I quadri, realizzati con una tecnica che richiede un tempo allungato, proprio come quello subacqueo, sono composti da stratificazioni di acrilico che, sfumate tra loro, donano alle figure un’aria liquida. Le cromie e gli sfondi ricordano la notte, gli astri, rendendo ancor più stretto il binomio fra spazio e acqua.