Grazie a Facebook è stata avviata un’altra pratica di cui non si sentiva grande necessità: quella dell’anniversario dei dischi. Motivo per il quale l’anno scorso, per 24-48 ore, ci si è ritrovati la propria bacheca intasata da centinaia di copertine (What’s The Story) Morning Glory?, anno domini 1995. E nel 1995 accadeva che non si poteva accendere la radio o passare 10 minuti su MTV senza ascoltare un brano tratto da quell’album. Il mondo del (pop) rock urlò di nuovo eureka: chitarre, melodie molto orecchiabili, outfit da suburbia (inglese) perfettamente identificabile e replicabile e un dietro le quinte da “dannati” all’insegna del più classico sex, drugs (ma forse più alcol) and rock’n’roll. Un fenomeno mondiale, tant’è che a 20 anni di distanza si è qui a parlare di un documentario che ne ripercorre la carriera, con una distribuzione cinematografica tutta sua, al di là del classico elenco dei cinema d’essai. Il regista è Mat Whitecross, frequentatore delle vicende musicali inglese con diversi video dei Coldplay all’attivo, un film dedicato a un live degli Stone Roses, Spike Island, e, sopratutto, un altro dedicato a Ian Dury – celebratore seminale della triade peccaminosa di cui sopra. Un’occasione per rifare un tuffo nei 90s e benedire quella volta che avevate quasi deciso di proporre al barbiere un taglio di capelli alla Gallagher, ma poi avete desistito.

TONY DAVERO

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