Come di fronte al caos distopico dei film allucinati di Shinya Tsukamoto, ascoltando i Melt-Banana sembra di essere sull’orlo di un buco nero con l’Universo al collasso. Che si prenda in esame la follia dadaista in lo-fi degli esordi a metà dei Novanta (con lo zampino di Steve Albini in produzione), la techno-grind del side project Lite, il noisecore più “maturo” dell’ultima prova in studio Fetch (2013) o lo split del 2016 coi Napalm Death, l’effetto è sempre quello di una delirante danza post-tutto. Il basso di Rika ‘mm e la chitarra di Ichiro Agata disegnano geometrie impossibili dentro alle quali rimbalza la voce stridula di Yako Onuki. Prima immaginate di centrifugare Zeni Geva, Atari Teenage Riot e le migliori hit J-pop cantate al contrario. Poi prendete di corsa il biglietto per almeno una delle tre date italiane del trio di Tokyo: chissà se a Torino-Padova-Bologna faranno la loro inclassificabile cover di Tintarella di Luna …
Scritto da Lorenzo Giannetti