Perché produrre opere nuove quando la contemporaneità ne offre già tante? Che cos’è più originale l’orinatoio di Duchamp o il suo rifacimento a firma di Elaine Sturtevant? Ed è possibile che uno sia considerato arte mentre l’altro no? Domande che si ripropongono da secoli ma a cui si continua a non poter dare risposte definitive. L’artista americana (scomparsa nel 2014 a 3 anni dal Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2011) che aveva iniziato copiando il lavoro dei suoi contemporanei ha proseguito in quella direzione portando avanti una riflessione per nulla banale sul concetto di autorialità e non pensiate che i copiati se la siano presa, anzi gente come Warhol e Rauschenberg le ha volutamente chiesto di realizzare riproduzioni delle proprie opere. Un’instancabile signora che, dopo un periodo passato lontana dai riflettori e dalle esposizioni, ha continuato a lavorare ben oltre gli ottant’anni esplorando la storia dell’arte arrivando anche alle generazioni a lei più lontane (come McCarthy o Gonzalez-Torres). Al MoMA si è appena chiusa una retrospettiva sul suo lavoro e anche se è tardi per un volo intercontinentale si può sempre fare un salto al Madre.