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gio 18.01 2018 – dom 13.05 2018

L'occhio magico di Carlo Mollino. Fotografie 1934 - 1973

Dove

Camera - Centro italiano per la fotografia
Via delle Rosine 18, Torino

Quando

giovedì 18 gennaio 2018 – domenica 13 maggio 2018
H 11:00 - 19:00

Quanto

€ 10

Carlo Mollino, il D’Annunzio sabaudo. La retrospettiva, curata da Francesco Zanot è, infatti, la testimonianza di un’esistenza eccezionale, eccessiva, goduta fino all’ultimo respiro, il che non è scontato tra le austere mura torinesi, sempre così respingenti verso gli slanci del piacere. Mollino è conosciuto in quanto progettista di alcuni dei vanti architettonici della città (l’Auditorium Rai, la Camera di Commercio, il Teatro Regio, il Lutrario), ma l’immagine che la mostra ci restituisce è quella di un viveur per il quale la professione non è lavoro, ma propagazione ideale del proprio ego. L’attività, ereditata dal padre ingegner Eugenio, resta lo scenario per la rappresentazione di una personalità ipertrofica ed eclettica. Mentre la Torino del secondo dopoguerra innesta profondamente nel Super Io del travet e dell’operaio la severità del tornello e la rigidità del cartellino, il nobile Mollino non sceglie un’unica attività, ma fa cose e vede gente, per lo più artisti (Umberto Mastroianni, ad esempio), con cui sperimenta il profumo degli ultimi scampoli di avanguardia che riecheggiano in Europa: surrealismo, dada, marinettismo, modernismo e li rivive attraverso il taglio acerbo ed ingenuo della sua macchina fotografica. Non vi è nulla di professionale in questi scatti, perché in Mollino l’idea di professione non sembra conciliabile con lo sconfinato vitalismo dell’esistenza e l’esagitato sperimentalismo della sua arte: ecco allora i tagli obliqui dei suoi interni specchiati, i corpi scomposti delle donne ritratte, la capricciosa meticolosità con cui con la macchina celebra le sue fissazioni: lo sci, l’automobilismo (in cui Lartigue è davvero vicinissimo), gli aerei, i cavalli. Ma sono scatti liberi, dal carattere spesso privato e dal tratto avventuroso, in cui si coglie quel desiderio di interrogare il nuovo mezzo che lo porterà a scriverne nel pionieristico saggio “Il messaggio dalla camera oscura” del ’49. Fin qui potremmo parlare di una mostra interessante, ma non ancora “bella”. Invece, l’ultima sala rivela il tesoro fotografico di Mollino. Tra gli anni ’50 e ’60 egli affitta Villa Zaira con lo scopo esclusivo di rendere reali cosce e potte che affollano le sue fantasie, ritratte tra pizzi, catafalchi, specchi e giarrettiere, in cui morbosità preraffaellita e vaudeville si fondono e confondono grazie alla magia della Polaroid. Si tratta di un corpus eccezionale ed imperdibile, l’autentico vittoriale estetico del Mollino fotografo: dopo anni di ricerca e sperimentazioni, anch’egli aveva trovato la sua origine del mondo.

Scritto da Angelo Manganello