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2016: un anno pazzesco per la cultura a Milano

Le mostre e gli eventi più belli, gli spazi che hanno aperto e quelli che hanno chiuso in questa città vivissima

Scritto da Lucia Tozzi il 31 dicembre 2016
Aggiornato il 31 gennaio 2017

Tutti a jastemmare (bestemmiare) il 2016 come anno della sfiga, ma a Milano è stato un folle turbinio di eventi culturali, molti bellissimi, e la cosa incredibile è che hanno aperto una marea di spazi nuovi, in centro e in periferia.
Ai Frigoriferi Milanesi FM Centro per l’arte contemporanea, che ha esordito con due mostre una più bella dell’altra, entrambe a cura di Marco Scotini, L’inarchiviabile sugli anni 70 e Non-Aligned Modernity, una finestra straordinaria sull’arte jugoslava ed esteuropea dal dopoguerra agli anni 80.

In zona San Siro ha finalmente aperto la prima delle due sedi di mare culturale urbano, la Cascina Torrette di Trenno, diventata subito un punto di riferimento per il quartiere e la città con il fittissimo programma di eventi della stagione estiva “dopo andiamo al mare?”, anche grazie al ristorante e alle birre artigianali.

Gli spazi monumentali dell’ex-Ansaldo in zona Tortona sono diventati BASE Milano, che ha inaugurato trionfalmente prima del Salone per poi acquisire a poco a poco la dimensione di officina creativa per i giovani e luogo di incontro per il mondo della grafica

Dentro la cerchia delle mura hanno aperto due spazi importantissimi: l’attesissima Fondazione Feltrinelli, nell’edificio-cattedrale di Porta Volta disegnato da Herzog & De Meuron, e, a sorpresa, gli ottocento metri affacciati sul tetto della Galleria Vittorio Emanuele di Osservatorio, lo spazio della Fondazione Prada dedicato alla fotografia, che un po’ ci ripaga moralmente della perdita del cinema Apollo e della Piazza Liberty a favore del megastore Apple, e diventa un gesto ancora più sorprendente se si pensa alle moltissime mostre che già la fondazione in Ripamonti offre alla città.

Altri luoghi meno istituzionali, ma fondamentali per il circuito artistico milanese, sono Mega e Futurdome: il primo, aperto dal trio Delfino Sisto Legnani, Giovanna Silva e Davide Giannella, è uno studio minuscolo con vetrina su Piazza Vetra che ha ospitato mostre di Diego Perrone / Andrea Sala e Nathalie du Pasquier tra gli altri, mentre Futurdome, che a quanto pare ospiterà in futuro la nuova sede di Le Dictateur, è un palazzo liberty privato che ha ospitato due mostre a cura di Ginevra Bria nel periodo del cantiere di restauro, prima cioè di ritornare a essere abitato dai nuovi proprietari. Paola Nicolin insieme a Giovanna Silva e Giulia Mainetti ha costruito la prima puntata di The Classroom, un progetto legato alla Bocconi con il proposito di incrociare le sfere dell’arte e della formazione. Adelita Husni-Bey (che poi vedremo all’opera nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2017) è stata la prima artista coinvolta, con in parallelo un corso alla Bocconi e una mostra (di nuovo un cantiere) ambientata nell’ex scuola Montessori di via Porpora, in procinto di diventare abitazione privata.

De Carlo ha aggiunto alla sede di via Ventura una galleria a Palazzo Belgiojoso, nell’omonima piazza. Una famosa galleria di street art romana, Wunderkammern, ha deciso di aprire qua a Milano. Barnaba Fornasetti ha aperto un monumentale negozio proprio di fronte alla desolata vetrina dell’ex De Padova, futura Armani casa. Edicola Radetzky ha concluso il suo periodo di cantieri per assestarsi come un faro di cultura in piena Darsena. E, sempre parlando di cantieri, nell’area ancora non finita di CityLife sono state installate le primissime opere di Artline – il parco di sculture o sito di public art, come si preferisce definirlo.

Veniamo alle chiusure: il mitico Peep Hole ha concluso in bellezza con una mostra di Paolo Gioli, ma Vincenzo de Bellis è stato nominato curatore al Walker Art Museum e Bruna Roccasalva sta riprogettando il Premio Furla. Invece l’Expo Gate di Alessandro Scandurra è stato abbattuto senza pietà, suscitando tristezza tra gli architetti e una sguaiata Schadenfreude nelle fila degli acerrimi avversari.

Infine passiamo agli eventi, grandi e piccoli: solo noi ne abbiamo segnalati più di 2000, il che vuol dire che ce ne sono stati almeno il decuplo. Non c’è stato mai riposo, neanche nei mesi che un tempo erano considerati fiacchi. (Molti sostengono che sia merito di Expo, io sarei più incline a pensare che sia merito della fine dell’Expo.)
Comunque: il più mediatico è stato il Floating Piers di Christo e Jeanne-Claude, che anche se non era a Milano era abbastanza vicino da attirare una percentuale spaventosa di milanesi.
Miart quest’anno ha surclassato – per la qualità degli eventi, se non per la quantità di persone – il Fuorisalone, che si è rivelato un po’ sciapo, mentre era bellissima la Fiera: una delle mostre più ambite è stata Sarah Lucas della Fondazione Trussardi (unico suo brevissimo evento per quest’anno) che ha consentito al pubblico di vedere l’ipogeo Albergo Diurno Venezia. La XXI Triennale, che ha inaugurato negli stessi giorni occupando poi per sei mesi, oltre alla sede del Palazzo dell’Arte, quasi tutti i maggiori musei e università della città, è stata invece percepita in maniera confusa e frammentaria, nonostante alcune sezioni fossero eccellenti. Le manifestazioni legate all’editoria e al cinema ci hanno tenuto in ballo tutto l’anno: le “indipendenti” (Bellissima, Bookpride, Sprint), la gigantesca Bookcity, l’estiva Milanesiana, e poi invece le arene estive, il programma strepitoso del Beltrade, i festival autunnali di cinema (Milano Film Festival, Fashion Film Festival, Design Film Festival e Filmaker), hanno attratto fuori di casa migliaia e migliaia di milanesi e non.

Tornando all’arte, tre momenti indimenticabili: il Sonido Classic di Simone Bertuzzi di Invernomuto e Plusdesign, la lunga performance di Alterazioni Video all’Oberdan, e FARA FARA all’HangarBicocca, organizzato dallo stesso Carsten Holler come progetto parallelo alla mostra Doubt.

Studi Festival, che ha fatto letteralmente impazzire la scena artistica milanese scompaginando per qualche giorno le distinzioni tra giovani e vecchi artisti, famosi e sconosciuti e aprendo decine e decine di studi e case in tutta la città, testimonia dell’altissima temperatura del sistema. È già stata lanciata la call per la prossima edizione a marzo 2017, da delirio. Un altro format che apre spazi privati o desueti alla città è quello di Open House, importato da Roma, che alla sua prima edizione ha già avuto un successo di folla incredibile.

Col PAC mi fermo, per ricordare oltre alla mostra estiva dedicata a Cuba a cura di Diego Sileo, quella di Armin Linke che finisce tra pochi giorni, a cura di Ilaria Bonacossa, la nuova direttrice di Artissima.