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Speciale Champions – Non solo Milan e Inter

Certo, Milan e Inter... ma in città la passione per il calcio ha tanti altri indirizzi

Scritto da Marco Fanuli il 19 maggio 2016
Aggiornato il 25 maggio 2016

Milan e Inter la fanno da padrone, ma il capoluogo lombardo ha ben più di due squadre di calcio, molte con storie che meritano di essere raccontate. In molti casi sono ben lontane (in termini di chilometraggio) dai riflettori di San Siro e dai media nazionali. Ci sono società che anche senza aver mai partecipato a un campionato professionistico hanno ugualmente contribuito alla storia sportiva della città e la caratterizzano con racconti e personaggi da scovare.

Come il presidente-allenatore Mario Di Benedetto dell’Ausonia, o il genuino e appassionato “Nene” dell’A.S.D. Calvairate, ma anche la nascita della Scarioni, quella del Brera o la caparbietà della Macallesi.

Ho fatto un giro nelle realtà del calcio meneghino e tra una foto sbiadita e un foglio recuperato per caso da quel che rimane di un vecchio archivio societario, ho provato a raccontare qualcosa di speciale, un aneddoto, un ricordo di una parte della città quasi mai presa in considerazione, ma che continua a crescere all’ombra del Meazza.

S.S. Scarioni 1925: “la seconda squadra di Milano”

Scarioni

La storia narra che nel 1925, là dove oggi in corso di Porta Vittoria giganteggia il Palazzo di Giustizia, ci fosse una caserma di artiglieria militare e che lì accanto, proseguendo in via Luciano Manara, ci fosse un’osteria frequentata dal Meda, dal Paoloni e dal Daccò.

Per i tre ragazzocci milanesi dell’epoca (che sembrano usciti da un racconto di Testori) era un luogo dove scambiare 4 chiacchiere davanti un buon bicchiere di vino, raccontandosi storie di nuovi e vecchi amori, o di amori mai corrisposti. Figura paterna o quasi per questi 3 squattrinati era il “Ciurlina”, l’oste. Aveva a cuore le loro storie e in particolare il loro sogno legato a uno dei tanti amori narrati durante le lunghe diatribe tra amici. Fra quelli, forse l’amore più appassionato: il pallone.

Così, viste le difficoltà economiche dei suoi giovani clienti e con l’appoggio finanziario – pari a ben 2 Lire – di “Spallina” (un autista che spesso sostava nell’accogliente osteria del Ciurlina), una domenica mattina fece trovare ai “suoi” ragazzi un pallone nuovo di zecca, con tanto di pompa e valvolina in omaggio. Alla vista dell’amata sfera i tre si lanciarono in una pedalata a perdifiato in direzione via Taliedo, dove, dopo aver delimitato una porta con due sassi, poterono finalmente tirare due calci al pallone.

L’entusiasmo iniziale, alimentato sempre dalle casse – e non solo dal vino – del Ciurlina, aumentò di consistenza. Dopo l’ingresso nel gruppo di Giovanni Valtolina, il passo fu quello di acquistare delle maglie e di fondare, di fatto, una delle società sportive tra le più antiche e durature che la storia di Milano ricordi.

Il 1° Maggio del 1955, in via Tucidide 10 (fra parco Forlanini e il quartiere Ortica), non troppo lontano proprio da via Taliedo, venne inaugurato il Piccolo Stadio, oggi quartier generale della S.S. Scarioni.

La struttura venne affidata e supportata anche economicamente dal 1945 al ‘65 alla famiglia di Cesare Fumagalli, ma all’attività sportiva vera e propria partecipò in modo più attivo lo stesso Valtolina fino a metà degli anni 70. Da lì in poi, il Piccolo Stadio divenne punto di riferimento per molti ragazzini della zona, dall’Ortica a Città Studi, fino a Lambrate. Nel ‘68 arrivò addirittura l’invito dall’ex Unione Sovietica a partecipare a un torneo giovanile contro 5 squadre russe semi-professionistiche, che si prepararono alla manifestazione pensando di sfidare l’Inter o il Milan. Un’esperienza di prestigio che al di là dei risultati (una batosta in tutti gli incontri) fu un’occasione di crescita collettiva, oltre al ricordo di due settimane indimenticabili.

In quegli anni le partitelle in strada erano ancora molto frequenti, ciononostante si iniziava a respirare un’aria nuova e a intravedere qualcosa di vistosamente diverso: tra le maglie dai colori anonimi e quelle a strisce rossonere o nerazzurre iniziavano a farsi largo, sempre più frequentemente, quelle tinte di un arancione vivace, simili alle casacche di antichi cavalieri, che però in questo caso in corrispondenza del cuore avevano il disegno di una vecchia palla di cuoio di quelle cucite a mano, esattamente come quella prima palla regalata ai 3 giovani dal loro mecenate. Era la maglia della “vecchia” Scarioni.

Oggi, in via Tucidide 10, l’arancione è predominante.
Sono ormai centinaia i ragazzini che ogni giorno frequentano i nuovissimi campi adiacenti allo storico Stadio (ancora in uso, ma solo in particolari occasioni). Una realtà calcistica importante soprattutto a livello giovanile (la prima squadra milita in Terza Categoria) con 16 allenatori su 19 altamente qualificati e con una sinergia da poco iniziata con l’Atalanta, che porta prestigio, ma soprattutto competenza all’intero ambiente. La struttura è stata rinnovata circa un anno e mezzo fa: nuovi campi con erbetta sintetica di ultima generazione, nuovi spogliatoi e un campo di 60 metri coperto da una struttura in legno, vero gioiello dell’intero impianto.

Tra i giovani lanciati in passato nelle file degli “scarioncelli” troviamo giocatori dal sapore antico, come quello di Umberto Pinardi, ex di Como, Juve, Lazio e Udinese negli anni 50, o di Lino Golin, giocatore tra gli anni 60 e 70 di Milan e Verona. Ma un nome che faremo molta fatica a dimenticare, specie se la nostra memoria ha tinte nettamente nerazzurre, è quello di Giuseppe Prisco.

Già, perché il ricordo più popolare di quello che la Scarioni ha rappresentato nei suoi ormai 91 anni di storia meneghina, ce lo ha lasciato proprio Peppino l’avvocato, anch’egli ex giocatore della società di arancione vestita, in una delle sue massime espressioni di “interismo” e, perché no, di “scarionità”: «Se lo scudetto non potesse andare all’Inter, farei certo il tifo per l’altra squadra di Milano: la Scarioni, nella quale ho giocato anch’io».

 

BRERA F.C.: “la terza squadra di Milano”

email ruzzo - foto -

Il “Derby della Madunina” non si gioca solamente sul manto erboso del Meazza, generalmente due volte all’anno. Si sa che il derby a Milano si gioca ovunque e per tutto l’anno: per strada, al parco, a scuola, al bar e al ristorante, in ufficio e durante il pranzo in famiglia, a ogni ora del giorno e della notte, ogni volta che una mente e cuore interista incrociano il loro corrispettivo rossonero. E per capire quale sia la scintilla che spesso infiamma gli animi delle due comunissime specie, non è imprescindibile la presenza di un calciofilo specializzato. La questione è semplice, la risposta una po’ meno: chi tra il Milan e l’Inter è la prima squadra di Milano?

Pensieri nerazzurro e rossonero hanno comprensibilmente opinioni opposte e non negoziabili. È evidente che ognuno ha le proprie ragioni per rivendicare il primato cittadino.

Ma c’è chi, sempre a Milano, è disinteressato alla questione e ha pensato bene di non entrare mai in polemica con nessuno, autoproclamandosi senza indugio o timore di sorta “la Terza squadra di Milano”. La divisa prevede anche in questo caso una maglia a strisce, ma con al posto del rosso o dell’azzurro il verde: è il Brera Football Club.

Nonostante sia nata solo nel 2000 dalle macerie dell’Atletico Milan, per via del suo eclettico e visionario presidente-fondatore, Alessandro Aleotti, mantiene una linea societaria ideologicamente molto vicina al pensiero dei padri fondatori dell’Inter (quindi aperta a qualsiasi forma di integrazione), tanto che al suo primo storico campionato di Serie D, affida la squadra all’idolo del tifo della Benemata negli anni 80-90: Walter Zenga.

A dare maggiore prestigio alla società, in verità più sul piano mediatico che su quello dei risultati, ha contribuito la riapertura della storica Arena Civica “Gianni Brera”, utilizzata come campo da gioco ufficiale in campionato. E se vogliamo, possiamo anche dire che in questo caso, sono stati proprio i neroverdi a primeggiare in città, potendo disporre dello stadio più antico di Milano.

Ma l’attività del Brera F.C., fin dai suoi primi anni di vita, non si è limitata solo allo sport, o meglio, non esclusivamente a questo. Sempre sotto l’attenta guida del presidente Aleotti, ha partecipato a diverse iniziative culturali, come quando nel 2003 ha adottato lo slogan «Più arte, meno moda» a sostegno di un’iniziativa culturale nel quartiere di Brera, o come quella volta in cui appoggiò la FreeOpera Brera, una squadra formata interamente dai detenuti del carcere di Opera, iscritta regolarmente in Terza Categoria, che in quell’anno centrò incredibilmente la promozione. Addirittura più stravagante il progetto cui si accenna anche sul sito della società e a cui hanno preso parte gli stessi giocatori. Si tratta della realizzazione di un “sexy calendario”, definita un modo provocatorio per stemperare le tensioni esistenti anche all’interno delle competizioni dilettantistiche (cercare in rete non vi aiuterà a capire di più, purtroppo non si trova molto materiale in proposito).

Nel giugno del 2007 arriva anche il riconoscimento ufficiale “Milano produttiva”, conferito dalla Camera di Commercio all’ennesimo progetto sociale della società, un’iniziativa che coinvolgeva i Martinitt.

Ma uno sguardo alla crescita sportiva del Brera non può essere messo del tutto in disparte e così, nel 2011 arriva, sempre tramite un’azione culturale, la partecipazione al prestigioso Torneo di Viareggio in collaborazione con una rappresentanza di giovani calciatori provenienti dal Gabon in Africa.

La crescita del settore giovanile diviene fondamentale e nella stagione 2013/14 parte il progetto agonistico, con la collaborazione di Evaristo Beccalossi e dedica alla formazione della squadra Berretti del Brescia Calcio.

Oggi il Brera F.C. tiene ancora fede alla propria identità: porta avanti contemporaneamente una prima squadra (in Prima Categoria), i progetti culturali (la prossima partita amichevole tra Romani People vs Padania, cioè giocatori Rom contro giocatori Padani) e una Scuola Calcio “non competitiva”. Insomma, in quel di Brera ci si dà da fare e non solo in campo.

 

S.S.D. AUSONIA 1931 vs A.S.D. CALVAIRATE: il derby del “macello”

«Il Presidente dovrebbe fare il Presidente!». Questo mi ripetono al centro sportivo di via Bonfadini 18, quartier generale dell’Ausonia. Eh sì, perché il presidente, Mario Di Benedetto, ha il vizio di fare l’allenatore.

Il suo staff prova ogni anno a riportarlo dietro la scrivania, ma l’attrazione verso il campo è troppo forte per essere accantonata. La squadra che allena quest’anno è forte, la più forte fra quelle della società; non a caso è “la squadra del Presidente”. Ma quante volte abbiamo sentito proprietari di club dare indicazioni ai propri allenatori, o sbraitare nei loro confronti cercando, di fatto, di sostituirsi a loro? Berlusconi e Zamparini vi dicono qualcosa?

Be’, Di Benedetto la soluzione – rischiosa, ma insieme coraggiosa – l’ha trovata. Eppure chi lo ha preceduto non è mai stato uomo di campo. Forse perché il primo Presidente, nel lontano 1931, il sig. Colzani, era uomo d’affari impegnato nel mercato delle carni, sempre impeccabile nelle foto d’epoca, con giacca e cravatta d’ordinanza che diffondevano eleganza anche alle squadre schierate nei campi – tutt’altro che ricoperti da manti erbosi – per gli scatti di rito.

Tanti sono i risultati a livello regionale, ma pure nazionale, che il settore giovanile dell’Ausonia ha collezionato in 85 (forse 87) anni di storia: Campione nazionale nel ‘49 e nel ‘70; Campione lombardo per ben 8 volte con l’ultimo successo raggiunto nel 2008.

I campi da gioco sono attrezzati per la crescita dei suoi giovani atleti e in fondo alla struttura di allenamento sorge una piccola gabbia per un due contro due, dove affinare i riflessi, la tecnica e la velocità di gioco. È qui che si è formato anche Antonio Gentile, attaccante da 40-50 gol nel campionato di Terza Categoria: nella squadra maggiore dell’Ausonia, che oggi milita in Seconda.

«Lo abbiamo dato alla Calvairate – mi dicono – e adesso fa le fortune della loro squadra in Promozione». Dal tono un po’ infastidito non sembra esserci molta simpatia tra i due club, oggi distanti appena 700 metri. La cosa m’incuriosisce e vado a ficcanasare anche nel centro sportivo di via Vismara 3, sede della A.S.D. Calvairate, dove alla richiesta di parlare con qualcuno che possa raccontarmi un po’ di storia della società, mi viene subito indicato il “Nene”.

Al piano interrato, vicino al magazzino, mi viene incontro: è un sorridente e disponibile signore sull’ottantina, con forza e determinazione da vendere. «Purtroppo non abbiamo mai avuto un archivio e molte cose sono andate perse in seguito a un allagamento… Comunque tutto è nato da un’associazione di pollivendoli qui nella zona 4 di Milano. Pensate che all’epoca portavano i polli vivi e li uccidevano lì, al momento. Oggi il commercio è cambiato, arrivano già morti e pronti per essere mangiati» si dilunga il Nene. Poi riprende con la storia della società: «La prima sede è stata alla Trattoria Porta, un posto che adesso non c’è più. All’inizio ci trovavamo lì». Mi indica una piccola foto dell’epoca: «Questi sono i padri fondatori – e con un sorriso un po’ malinconico aggiunge – sono tutti morti. All’epoca ero un calciatore. Per 3 anni ho giocato anche all’Ausonia con Bagnoli, l’ex allenatore del Verona», ma nelle sue parole non traspare nessuna rivalità con i vicini. «Durante la guerra, nel ‘45, una bomba cadde nel campo e fece una grossa voragine, che poi abbiamo riempito con di ropp (delle cose, ndr). E nel 1946 organizzammo una partita inaugurale contro l’Atalanta».

Mi ripete con aria dispiaciuta di non ricordare tanto dell’epoca, ma mi racconta di aver aperto la scuola calcio una volta tornato in squadra e dopo aver militato anche nella Gallaratese e nell’Avellino, quindi mi regala qualche perla che certo non avrei trovato altrove: «Organizzavamo sempre feste e ricordo che Giorgino (Tinazzi?, ndr), un’ala sinistra, venne preso ed esordì nell’Inter».

Quando provo a spostare il discorso sull’attualità mi racconta che: «Oggi abbiamo una squadra in Promozione, mentre le scuole calcio hanno istruttori formati nell’Inter. Sono bravi e hanno tanta pazienza soprattutto con i più piccoli». Va bene, ci credo.

Alla fine della rivalità con l’Ausonia non se n’è minimamente parlato, certo è che se nel primo caso i fondatori erano imprenditori nel mercato delle carni nel secondo a far nascere la società furono dei pollivendoli e vien facile pensare che un po’ di rivalità, anche solo in ambito affaristico/concorrenziale, ci possa essere stata.

In ogni caso aver passato mezz’ora con Eugenio Mauri è stato tempo speso più che bene: “Grazie Nene”, che però ci tiene a precisare: «Nene è un nome confidenziale che uso qui, quando gioco a biliardo mi chiamano Eugenio».

 

A.C. MACALLESI 1927: nati per volare

Macallesi_Zenga

Là dove c’era il primo campo di volo cittadino ora c’è la Macallesi, in via Quintiliano 46. Dopo essere stata fondata nella Casa dei lavoratori, in zona Stazione Centrale, nel 1927, su iniziativa della famiglia Radaelli, si è spostata in diverse sedi fino a raggiungere zona Cascina Taliedo, dove fino agli anni Cinquanta c’erano le Officine Aeronautiche Caproni e non lontano da quelle che oggi sono le Officine del Volo.

Su questi campi, più o meno vent’anni dopo, si è formato, in maglia azzurra con banda diagonale giallo-blu, un giovanissimo Walter Zenga (lo abbiamo già incontrato nella storia del Brera FC e pare proprio lui e Milano siano inscindibili). Infatti quando sul sito della Macallesi si visita la pagina dedicata alla sua storia, una delle prime cose che saltano all’occhio è la foto del suo tesserino datato 1970/’71.

Voci narrano che in tutta la carriera dell’ex portiere della Nazionale, tra i gol subiti, ce ne sia solo uno che non ha mai digerito davvero: quello preso su rigore nel derby contro lo Sporting, calciato dal suo migliore amico dell’epoca, vicino di casa e compagno di scuola.

Non a caso la società, spinta anche dai successi in carriera dall’Uomo Ragno, attualmente punta molto sulla formazione dei giovani portieri.

Inoltre gli investimenti fatti nell’ultimo periodo, volti a migliorare le strutture di allenamento e i nuovi campi da gioco in sintetico di ultima generazione (aperti al pubblico), suggeriscono quanto la Macallesi aspiri a diventare un punto di riferimento dello sport nel quartiere e sia convinta di poter crescere ancora in modo autonomo.

Tra le iniziative programmate in campo c’è la sesta edizione del “Torneo Maurizio Mosca” (competizione giovanile dedicata a un altro dei vecchi frequentatori del luogo) mentre fuori dal rettangolo di gioco si trova La Baita, un luogo di aggregazione e convivialità aperto a piccoli e grandi habitué (e non solo) del centro sportivo.