Giampaolo Sangiorgi fa parte di quella categoria di uomini fortunati che sono riusciti a trasformare la propria passione in un’attività imprenditoriale. Il Birrificio Lambrate, come lui stesso ci ha spiegato in questa intervista, è un po’ la Mecca della birra artigianale, dove almeno una volta nella propria vita è necessario passare. Dai viaggi in America a quelli nei paesi nordici, Giampaolo ci spiega come è nato quello che oggi è considerato il birrificio pioniere del movimento artigianale in Italia.
Zero – Chi c’è dietro il Birrificio Lambrate?
Siamo cinque soci: tre soci fondatori, nati tutti assolutamente a Milano, tra cui io Gianpaolo Sangiorgi, mio fratello Davide e Fabio Brocca che è il birraio. Poi successivamente si sono aggiunti Paolo Maran e Alesssandra Brocca. Ci piace rimanere in famiglia.
Ti ricordi la prima birra che hai bevuto? Com’era?
La birra di cui ho memoria è una Pilsener del Birrificio Italiano, un birrificio che ha aperto pochi mesi prima di noi. Fu la prima birra che assaggiai in assoluto. Da quello che ricordo e per i tempi di allora una birra molto buona, poi come tutte le cose con il tempo sono migliorati di molto e con loro anche i prodotti. Erano dei veri pionieri come noi.
Come ti sei avvicinato alla birra artigianale? Ci puoi raccontare la tua storia professionale? Cosa ti ha spinto ad aprire uno tra i primi birrifici artigianale italiani?
Ci ha spinti la passione per il mondo della birra artigianale, passione in primis mia e poi degli altri due soci. A me piaceva molto viaggiare nei paesi nordici, come Inghilterra, Scozia, Olanda e Belgio, dove spesso incappavamo in queste realtà di birrifici artigianali con una filosofia di produzione e una birra che in Italia ancora non esisteva. Quindi da consumatori di birra abbiamo fatto il passaggio alla birra artigianale e abbiamo iniziato a pensare di fare qualcosa su questa linea in Italia, per portare questa cultura brassicola anche qui. Nel 1996 apriamo il Birrificio Lambrate e nello stesso anno siamo stati in tre a inaugurare: noi, Birrificio Italiano e Baladin. Quest’ultimo non lo conoscevamo, mentre per quanto riguarda il Birrificio Italiano conoscevo già il suo creatore Agostino Arioli, perché ex studente di mio padre alla facoltà di ingegneria agraria, e quindi siamo andati a trovarlo.
Che cos’è secondo te una birra artigianale?
È la mia passione e il mio lavoro, oltre a questo è una rievocazione di un modo di lavorare di un tempo, al di fuori dei parametri della grande distribuzione e della grande produzione. Un po’ come il discorso del pane e della pasta, il discorso enogastronomico in generale. Ma è innanzitutto passione e lavoro.
Puoi presentarci Birrificio Lambrate?
Non mi piace dire che è il migliore birrificio perché non è vero, sicuramente è il birrificio più all’avanguardia in Italia. Perché abbiamo una metodologia di lavoro basata sulla qualità, grazie a degli ottimi investimenti economici, una produzione che viene fatta in un certo modo e abbiamo potuto investire su questo.
Birrificio Lambrate è il nostro modo di essere e il nostro spirito, il primo impianto era nella vecchia produzione che per questione di spazi è stato spostato, in via Adelchi, la Mecca dei birrifici e dei pub in Italia. Almeno una volta nella vita bisogna passarci al Birrificio Lambrate. Poi abbiamo avuto un’evoluzione, da Aldelchi siamo partiti e ci siamo allargati visto che la nostra birra piaceva e avevamo degli ottimi riscontri. Sono passati però tanti anni da questo momento a quello in cui abbiamo deciso di aprire il secondo locale in via Golgi, nel 2012, dopo 15 anni. Golgi sta andando come un treno, fortissimo sul mezzogiorno e sulla sera grazie all’Università, ben gestito, dove trovare equilibrio tra qualità e prezzo. Si mangia bene e si beve molto bene ovviamente, si spende il giusto e questi sono tutti elementi che ti fanno avere un ottimo riscontro.
Puoi parlarci delle birre di Birrificio Lambrate?
Sono tantissime, in linea fissa nei due locali abbiamo 20 birre: dalle classiche tedesche, stout, e birre stagionali. Una produzione di 40 tipologie all’anno, che variano moltissimo di anno in anno: molte sono collaborazioni, molte sono one shot. Il fatto di collaborare con altri birrifici è molto importante e anche divertente per noi: di solito vengono fatte con birrifici italiani sia esteri e nasce una sorta di scambio culturale sui metodi di produzione e sulle caratteristiche delle rispettive birre. Poi è molto divertente perché spesso andiamo a trovare questi birrifici in loco e si rinnova sempre l’invito di venirci a trovare. Abbiamo un listino birre invidiabile, da la possibilità ai clienti di scegliere quello che vogliono.
Dove si comprano, quanto costano?
Le nostre birre hanno un prezzo che si allinea con quelle artigianali che si trovano in commercio oggi: 12 euro al litro, per una birra al pub, quindi la pinta da 0,56 litri costa 6 euro. Prezzo super onesto, per molti anni siamo rimasti a Milano con i prezzi più bassi in assoluto. Ovviamente le birre artigianali sono molto più care di quelle industriali, è una questione di costi che bisogna affrontare durante la produzione. Le materie prime che vengono utilizzate sono molto più care, perché di qualità superiore. Le nostre birre le potete trovare al Birrificio Lambrate e in tutta Italia e anche un po’ all’estero tipo Norvegia, Svezia, Germania, Inghilterra, Taiwan, Bangkok, Belgio, Spagna. Siamo abbastanza presenti ovunque, anche in piccole quantità il nostro marchio lo abbiamo piazzato un po’ dappertutto, anche se siamo più orientati al mercato italiano. Abbiamo un pacchetto che consta di quasi 1000 clienti.
Puoi raccontarci qualcosa sugli ingredienti delle vostre birre? Dove vengono coltivati, con che metodi, quanto influiscono sulla qualità.
Utilizziamo i migliori ingredienti in commercio e vengono ovviamente da tutte le parti del mondo. Per esempio abbiamo i malti che arrivano dalla Germania e dall’Inghilterra: due aziende che ci sono sembrate le migliori nell’arco degli anni, molto care ma di qualità ottima. Li prendiamo da un distributore italiano, qui ormai si trova tutto. I luppoli da ogni parte del mondo a seconda della tipologia di birra: luppoli tedeschi, inglesi, americani per le Ipa, islandesi, sloveni. In Italia ci sono delle coltivazioni di luppolo partite tre anni fa a Modena: una produzione molto piccola, pochi filari. Per il luppolo ci vogliono sei sette anni di coltivazione per avere un prodotto buono, quindi ancora non è utilizzabile, bisogna aspettare.
Il mondo della birra artigianale è, dati alla mano, in continua crescita. Eppure sembra molto lontano il giorno in cui sarà “normale” bere birre artigianali, a casa come nei locali. Qual è il tuo punto di vista? Pensi che sia un traguardo possibile?
Stiamo seguendo un’evoluzione che ricalca quella americana, loro sono i pioneri della birra artigianale, sono partiti 15 anni prima di noi con i primi birrifici artigianali, quindi noi siamo indietro di molto rispetto alla tabella di marcia. Da loro è normale bere birra artigianale, la bevono tutti e la trovi ovunque, essendo molto apprezzata. Da noi invece è un processo che avrà ancora almeno 10/15 anni di evoluzione affinché la birra artigianale sia presente sulle nostre tavole. È una questione culturale innanzitutto, l’Italia non è un paese birraio ma i dati sono positivi, i consumi sono sempre maggiori ma ci vuole ancora del tempo. I nostri giovani quando diventeranno vecchi berranno sempre birra artigianale.
A fronte di un prezzo nei locali praticamente uguale tra birre industriali e artigianali, la grande differenza è il prezzo delle bottiglie nei negozi, supermercati o anche su internet. Pensi che questa grande differenza di prezzo sia impossibile da abbattere? E pensi sia quello il motivo per cui la maggior parte delle persone continua a bere birre industriali?
Non c’è possibilità di abbattere il prezzo perché comunque con le materie prime che utilizziamo noi il divario con quella industriale è incolmabile. Ci sarà sempre gente che berrà industriale, questo è ovvio, come ci sarà chi avrà voglia di spendere qualcosa in più per bere bene. Come in tutto, pensate con il vino: siamo il paese del vino ma non tutti spendono per bere di qualità.
La peggiore delle birre artigianali è migliore della migliore delle birre industriali? O solo è più sana? O nessuna delle due?
Nessuna delle due ipotesi. Non penso che sia migliore rispetto alle birre industriali, se una cosa è fatta male è fatta male e basta. Ho bevuto veramente delle birre pessime, fatte con i piedi, per questo vi posso dire che nel caso non è meglio di una industriale.
Credi che il futuro dell’artigianale sarà fatto di produttori che aprono un locale per far assaggiare direttamente al pubblico i propri prodotti, proprio come è stato, ad esempio, per voi e altri?
L’idea è che avere un locale con affianco la produzione è la cosa migliore che uno possa fare. Perché hai la possibilità di vendere le tue birre quotidianamente e questo fa sì che la sera hai soldi cash con cui fare investimenti per il birrificio. Il problema è che avere il locale significa avere un impegno di 24 ore al giorno e quindi non molti fanno questo tipo di discorso, perché non hanno tempo magari. Ma questo comporta una fatica maggiore perché devi vendere la tua birra attraverso canali diversi. È un po’ più difficile, a noi ci ha aiutato moltissimo il locale, un lavoro non indifferente che però ci ha dato notorietà e fama maggiore.
La birra che bevi tutti i giorni?
La nostra! Per un discorso di aziendalismo sempre. Quando vado in giro negli altri locali bevo le mie birre, mi piace assaggiare anche le altre ovviamente ma in generale bevo le mie. Quella che mi piace di più? L’American Magut, il muratore in milanese. Tutte le nostre birre hanno nomi in milanese e siamo stati i promotori di questa cosa che ora si usa tantissimo. Molti in passato usavano nomi in tedesco, in lingua belga, mentre noi siamo partiti con nomi che ricordavano la nostra città e le nostre origini: Montestella, Sant’Ambroeus, Lambrate.
Quella più buona mai bevuta?
Eh ce ne sono di buone in giro, veramente tantissime. Comunque secondo me non esiste la birra migliore, esiste solo quella che ti piace, italiane e non. Tra le straniere direi le birre del birrifico inglese Thornbridge Brewery a Derbyshire, Regno Unito.
A parte birra artigianale, tu cosa bevi?
Bevo vino italiano e molte bollicine, intendo bollicine francesi, perché su questo fronte mi dispiace non c’è storia. Cocktail non ne bevo perché mi fanno cagare, scusate la volgarità, ne bevo uno ogni morte di Papa. Nel caso gin & tonic come Dio comanda.
Quali sono i tuoi birrifici italiani preferiti?
Un paio sicuramente: il Birrificio Hammer, a Villa d’Adda in provincia di Bergamo e il Birrificio Rurale a Desio. Tutti e due brianzoli.
Quali sono i tuoi locali preferiti dove bere birra artigianale a Milano, a parte Lambrate?
A parte il mio direi il LambicZoon e La Belle Alliance.
Un luogo che consiglieresti, anche al di fuori dell’Italia, per appassionarsi definitivamente all’artigianale? E qual è la distanza – se ci fosse – tra il nostro paese e i produttori storici di birra? Si sta livellando?
Consiglierei l’America, hanno circa 4000 micro birrifici che poi tanto micro non sono più. Sono stato in California e a New York dove ne ho visitati un po’. Per quanto riguarda la distanza tra noi e gli altri vi devo dire che sono loro che inseguono noi e non il contrario. Le birre italiane sono le più quotate al mondo dopo le americane. A livello qualitativo abbiamo dato paga a tutti, avvicinandoci a quelle americane. La nostra fortuna è quella di essere il paese della cultura del cibo e del bere, dobbiamo mettere sempre il nostro in tutto e ce la stiamo facendo meglio degli altri. Dobbiamo solo aspettare che si diffonda tra tutti la cultura brassicola, lavorando bene e insieme soprattutto in Italia, sul territorio e sui giovani.
Cosa significa per te bere responsabilmente?
Bella domanda perché state parlando con il re degli irresponsabili. Direi non eccedere perché fa male.
E qualora avessi esagerato, qual è il rimedio per una sbronza?
Sono collaudato perché ne prendo sempre di sbronze, un giorno sì e l’altro pure. O Cibalgina o Coca Cola che ti rimettono in sesto a tempi zero. Ma non insieme!