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Fabio Spinelli

«Oggi ci sono dei locali validi con grandi professionisti, è vero, ma in pochi lavorano su volumi importanti. Sarebbe un bel banco di prova per tutti se si diffondesse una nuova e maggiore cultura del bere partendo proprio dai più giovani (che si eviterebbero ettolitri di porcheria durante la loro crescita) e avremmo più attenzione e considerazione economica anche dai grandi brand»

Scritto da Simone Muzza il 4 marzo 2016
Aggiornato il 19 giugno 2017

Foto di Meschina

Non si diventa bar manager di una realtà importante come Santeria Social Club per caso. E infatti Fabio (Milano, 16/05/1981) lo è diventato dopo una gavetta culminata con sei anni di Rita & Cocktails, ma soprattutto ci è arrivato perché ha un animo da party harder e voleva lavorare in una realtà che abbracciasse le sue passioni: i drink e la musica. Questo e altro ci racconta nell’intervista che abbiamo aggiornato in occasione della sua nuova esperienza in Santeria e della sua partecipazione a Zero Design Festival, dove sarà tra i protagonisti del talk sul bere bene di notte e della maratona di barman.

ZERO: Come e perché hai iniziato a lavorare al bancone?
Fabio Spinelli: Per arrotondare il mio stipendio di allora, il misero “mille euro al mese”.

Chi è stato il tuo maestro?
Lorenzo Barni, mio amico fraterno tuttora, ed Edoardo Nono, amico ed ex socio.

Qual è il primo drink che hai preparato? Com’era?
Boh, chi se lo ricorda? Forse un drink che avevamo in carta all’Antigua, il locale dove ho iniziato.

Puoi raccontarci la tua esperienza professionale, fino all’arrivo a Santeria Social Club?
Ho lavorato parecchi anni senza un vero scopo da questo lavoro se non pura economia e divertimento. Poi capisco che quella è la mia unica strada e che mi stava piacendo anche. Quindi mollo il mondo della sveglia alle 7 e mi metto dietro un bancone di un nuovo locale in apertura a Sesto San Giovanni. Tre anni lì e poi il salto in città, al Rita. Cambia tutto, cambio io, cambia la mia vita. Passano sei anni, molto belli e faticosi. Decido che voglio vedere altro, fare altro. Saluto i miei soci Edo e Gianlu e mi imbatto nel nuovo progetto di Santeria Social Club, uno spazio polivalente fighissimo che mi dà la possibilità di fare il mio lavoro giù dal banco, in un ruolo più direzionale che non operativo. E mi dà continuità nel percorso che avevo intrapreso anni fa sull’unione tra musica e cocktails.

Puoi parlarci della linea di SSC?
Semplicità. Facciamo drink con prodotti buoni ma senza troppi fronzoli, come sono solito fare io. Puntiamo molto alla singola bottiglia, valorizzandola al massimo con pochi altri ingredienti. E ci stiamo appassionando tanto ai prodotti italiani, come vini e liquori.

Il Rag Time, uno dei cocktail della Santeria Social Club a base di Amaro Ramazzotti e Aperol
Il Rag Time, uno dei cocktail della Santeria Social Club a base di Amaro Ramazzotti e Aperol
 
Che cocktail preparerai al bancone del Plastic per Zero Design Festival?
Quello che mi chiederà la gente, cercando di farglielo bene. Se mi chiederanno un drink mio magari farò loro assaggiare l’“Agreste”, una roba cazzuta a base di grappa.

L'Agreste, un drink a base di grappa
L’Agreste, un drink a base di grappa
 
Qual è l’oggetto a cui non rinunceresti mai mentre lavori, che hai scelto per la mostra “Bar Tools/Cose da bar” che stiamo allestendo alla galleria Plasma del Plastic? Puoi parlarci del rapporto tra il tuo lavoro e il design, inteso come oggetti/bar tools, ma anche come lifestyle/arredamento/abbigliamento?
Non ho molto attaccamento alle cose materiali, l’ho perso completamente negli anni. Posso affezionarmi a qualcosa ma smettere nel giro di poco, al punto di regalare cose che son state con me per anni. Di oggetti di culto non ne ho molti, ma sicuramente mi piace portar sempre con me quando lavoro uno shaker “Koriko”, pratico, leggero, dal design pulito e uno spoon a “goccia”, che non ti sfregia le braccia come quelli con il tridente.

Per Zero Design Festival ti abbiamo chiesto di partecipare alla chiacchierata sulla possibilità di bere bene di notte, nei club e nelle discoteche. Molti a Milano ­- anche voi alla Santeria per esempio, ma già l’anno scorso quand’eri al Rita avevi lavorato coi ragazzi dell’Osservatorio Astronomico -­ stanno lavorando in questa direzione, migliorando pulizia, bottigliere, ghiaccio e bicchieri. Altri ancora cercano di proporre drink molto difficili. Come la vedi? È un progetto fattibile?
Certo che è fattibile. Ci vuole solo un occhio di riguardo alla fruibilità dei cocktail e al tempo per realizzarli. Ma un professionista conosce i trucchi per velocizzare il lavoro, preparandosi per tempo gli ingredienti e accorciando notevolmente i tempi per realizzare il drink. Ci vuole un po’ di furbizia e tanto buon senso. Mai escamotage.

A Milano sei stato uno dei primi a credere in questo progetto. Quando ti è venuta l’idea di fare un bar di qualità in un club?
Un po’ di anni fa, stanco dei prodotti scadenti dei club. Ero saturo in primis come consumatore e poi come addetto ai lavori. Così cercai di capire se si potevano fare drink buoni in discoteca. E tempo dopo, con i ragazzi del Dude, l’abbiamo anche dimostrato.

Il tuo rapporto coi club: che musica ti piace, che musica ascolti, dove vai a ballare?
Ho sempre amato la notte, i clubs son sempre stati parte di me e non mi sono ancora stancato di frequentarli. Ci vado meno, ora, ma ci vado. E prediligo quelli più underground, tipo Macao o Leo, oppure quelli in cui sono circondato dagli amici, tipo il Dude.

I tuoi tre dischi preferiti di sempre in discoteca e tre cocktail da abbinarci?
Mi è sempre difficile dare un giudizio “assoluto” su dei temi così ampi. Ti dico tre tracce che se le sentissi in un club mi troveresti aggrappato a qualche lampadario: Ancient Methods – Knights & Bishops; Lucretio – The Last Dungeon; Dj Harvey ­- Keep On Trying.

 
Negli ultimi anni a Milano la qualità dei bar, dei barman e dei cocktail è aumentata. Pensi che sia possibile succeda la stessa cosa nei club?
Certo che sì. Credo sarà il prossimo step. O per lo meno lo spero. Oggi ci sono dei locali validi con grandi professionisti, è vero, ma in pochi lavorano su volumi importanti. Sarebbe un bel banco di prova per tutti, si diffondesse una nuova e maggiore cultura del bere partendo proprio dai più giovani (che si eviterebbero ettolitri di porcheria durante la loro crescita) e avremmo più attenzione e considerazione economica anche dai grandi brand.

Conosci qualche club in Europa dove si beve bene?
Anni fa, mentre aspettavo che il Fabric aprisse, ricordo che passai un paio di ore all’M1, un disco club lì a fianco: bevvi benissimo e ballai un sacco. Forse fu lì che si innescò nella mia testa l’idea del bar nel club. Al Panorama bar a Berlino, invece, non fanno dei drink pazzeschi, ma ti servono tutto nel vetro e puoi scegliere tra diversi prodotti interessanti della bottigliera: già questo alzerebbe il livello medio dei nostri club. A ogni modo, non ho ancora trovato un club che abbia una proposta di cocktail interessante. Vuoi vedere che una volta tanto in Italia siamo stati i primi?

Qual è il drink che consiglieresti a inizio serata? Tu cosa bevi di notte?
Ti dirò, non ho delle regole fisse, ma seguo molto il mio stato d’animo, il tipo di festa in cui sono, la gente che ho intorno o quanta voglia di bere realmente io abbia. Spesso, tra le cose che bevo, ci sono Old fashioned e Tommy’s Margarita.

Qual è il drink da bere quando ti sale la serata?
Pisco sour. E vai da Dio!

Un drink per chi va all’after?
Gin tonic e tanta, tanta, tanta acqua.

É un periodo parecchio favorevole per il mondo dei bar e dei barman a Milano: aprono sempre più locali, alcuni anche di qualità. Qual è il tuo punto di vista? Li frequenti? Quali frequenti? Ti piacciono?
Meno male. Più si alza il livello medio, meglio si vive. La concorrenza può far male solo a chi non ha nulla da dare. Nei bar degli amici ci vado sempre meno, purtroppo, un po’ perché a fine serata son stanco, un po’ perché amo stare a casa mia, un po’ perché sono un curioso che ama scoprire cose nuovo ogni giorno.

Quali sono i ristoranti di Milano che frequenti?
Io ne ho girati di ristoranti eh, ma nessuno batterà mai l’Antica Osteria del Magenes, appena fuori Milano.

Che città consiglieresti per un weekend dedicato al bere bene? Perché?
Londra. C’è tutto ed è, a mio avviso, la città che incarna meglio di tutte la creatività d’Oltreoceano all’eleganza e allo stile europeo.

Bevi tutti i giorni? Cosa significa per te bere responsabilmente?
Più o meno si, mi piace davvero bere. Non mi scasso quasi mai, ma un drink o un vino lo bevo ogni giorno. E questo per me è bere responsabilmente.

E qualora avessi esagerato, qual è il rimedio per riprendersi da una sbronza?
Fregarsene e continuare a dormire!