Un bravo barman fa buoni cocktail, un ottimo barman riesce a crearsi un giro di clienti nella zona più usa e getta di Milano. Ora che pure mia nonna dice che fa la nonna “per passione”, sembra stupido dire così nel caso di Gabriele… Ma basta fare due chiacchiere per capire che nella cultura di bere ci sguazza (e a volte ci affoga pure, come tutti noi di #iononbevomolto del resto) per davvero. Ladies & gentleman, Gabriele Ongaro (Milano, 1984).
Come ti sei avvicinato al lavoro di barman?
Ho cominciato a 17 anni al Blender, secondo la legge non potevo neanche lavorare. Mi piace dire che Nuccio (il proprietario, ndr) mi “ha adottato”, insegnandomi un mestiere, ma anche una filosofia di vita. Di vita al bar soprattutto: più che un buon drink stai vendendo una situazione, un momento di fuga dalla realtà, un salotto dove sfogarsi e conoscere nuove persone. Dopo il Blender ho lavorato all’Hora Feliz, Tender, Nobile Bistrot, La Trifola con Valerio: poi mi ha chiamato Nuccio e mi ha detto “lo vuoi guidare un Ferrarino?” E così eccomi qui!
Chi è il tuo maestro?
Ovviamente Nuccio, mentre il mentore “Il Capitano”, leggendario barman vecchia maniera – qualcuno lo ricorda al Bolgia Umana di Jannacci, qualcun altro al festival Latinoamericando con l’immancabile panama in testa, ora – a ottantanni suonati – alla guida di una discoteca di Malindi. Non per niente su una delle pareti del Blenderino c’è scritto “quando il capitano comanda i marinai non danno ordini”.
Com’è la linea del Blenderino?
Be’ considera che visto anche il poco spazio a disposizione, l’idea iniziale era quella di fare un posto dove far bene da bere per l’asporto: le migliori bottiglie (per dire, spesso uso il Laphroaig per fare i cocktail col whisky), ottimi prodotti, drink fatti in base alle richieste del cliente, aperitivo accompagnato da un bel tagliere di salumi, cibo onesto e sostanzioso. Poi siamo riusciti a ritagliarci una clientela nostra, tra professionisti della zona, ragazzi che vanno in Corso Como ma prima passano da noi per un buon drink, chi passa per un hamburger fuori orario, tanti turisti anche stranieri, e siamo diventati pure il dopolavoro del GOA, il gruppo operativo antidroga della Finanza (questo non so se si poteva dire). La domenica invece passano molti colleghi barman, ed è una bella soddisfazione.
Qual è il drink che preferisci preparare?
Come ti dicevo cerco di capire in base a quello che mi chiede il cliente, ultimamente mi piace proporre un mio signature, l’Italian Invasion.
Tu cosa bevi?
Be’ io senza Campari non vivo, tiro a Campari, poi anche whisky di segale, Rob Roy, vini delle Langhe.
É un periodo parecchio favorevole per il mondo dei bar e dei barman a Milano: qual è il tuo punto di vista? Quali sono i locali che frequenti?
Be’, vedo che ultimamente si beve meglio e c’è più consapevolezza da parte dei clienti. Però considera che io sono libero il lunedì, per cui vado solo al Cavallante, La Buca di San Vincenzo, Mag, Luca e Andrea, Lacerba. Tra i ristoranti, invece, mi piace pranzare all’Albero Fiorito: a proposito, il Refosco del cugino del Gianni è fantastico, però non lo dà a nessuno.
Qual è il rimedio per riprendersi da una sbronza?
Moment e Coca-Cola.